Don Matteo Cortinovis pronto a partire per l’Albania: “Un luogo dove i cristiani sono una minoranza”
Così vicina, così lontana: ci vuole solo un’ora e mezza di aereo per raggiungere l’Albania, spiega don Matteo Cortinovis, in partenza da Bergamo per la nuova missione diocesana nella “terra delle aquile”, eppure si respira un’aria diversa.
Non è un’esperienza nuova per lui: “Sono stato per sei anni in Bolivia e per altri sette a Cuba, questa è la mia terza esperienza missionaria. Penso sia un’opportunità intensa e ricca, per questo ho rinnovato la mia disponibilità a partire”.
All’inizio delle state ha compiuto un primo, breve sopralluogo nei luoghi della sua prossima destinazione: “Mi recherò nella zona di Burrel, frazione del comune di Mat, una zona povera, di forte emigrazione, dove i cattolici sono una minoranza. La maggioranza della popolazione è infatti musulmana. I cristiani sono divisi in piccole comunità, in cui la fede viene vissuta in modo personale e un po’ nascosto rispetto alla nostra realtà”.
Fino agli anni Novanta c’è stata una persecuzione feroce nei confronti dei cristiani, il Papa ha recentemente riconosciuto una quarantina di martiri albanesi, uccisi durante il regime di Enver Hoxha. “In collaborazione con la diocesi di Brescia porteremo quindi avanti la missione, un compito urgente in luoghi dove il cristianesimo ha vissuto momenti così difficili”.
Coltivazione dei vigneti e produzione di vino
Fra le attività intraprese dalla missione cattolica c’è quella di dare impulso all’occupazione con iniziative mirate: è nata una ong che si occupa di coltivazione dei vigneti e di produzione del vino. “Molti in questa zona decidono di andarsene perché non trovano lavoro e non hanno mezzi per sostenersi, perciò questo tipo di progetti è importante e ha ricadute positive”.
Oggi ci sono dodici nuclei familiari che lavorano nella coltivazione dell’uva e nella produzione del vino, partita per la prima volta nell’aprile scorso. Il prossimo passo sarà l’apertura di una cantina sociale. “A fare da coordinatore a questo progetto – continua don Matteo – un giovane papà che è stato formato e preparato sul posto per questo compito, in un’ottica di promozione umana. Ho notato che è una cultura in cui ancora il ruolo della donna è poco riconosciuto, c’è molto da lavorare per raggiungere un comportamento paritario”.
“I laici hanno un ruolo fondamentale nelle comunità”
Don Matteo partirà il primo novembre: “Mi sono preparato con un corso a Verona, e studio la lingua con una professoressa albanese. Non è facile perché non somiglia a nessun’altra lingua europea. Faccio un po’ fatica, ma presto imparerò”. Nella zona di Burrel c’è un carcere: “Non esistono i cappellani, per entrare bisogna farsi assumere come educatori” spiega don Matteo. C’è già chi ha tracciato questa strada imbastendo un semplice servizio pastorale per i detenuti.
In Albania per i sacerdoti la collaborazione con i laici è vitale: “Ci sono due famiglie che aiutano a mandare avanti le attività della comunità. È importante perché in tutta la diocesi ci sono al massimo sette o otto preti”. Nonostante il contesto non facile, don Matteo non ha perso slancio ed entusiasmo: “Sono sereno e contento di iniziare questa nuova missione mettendomi a servizio della chiesa locale”.