Caritas Bergamo, grande festa per l’inaugurazione delle nuove docce al Centro Zabulon per i senza dimora in via Conventino: “Luogo di cura e dignità”
La cura di sé è un modo per riaffermare la propria identità, per guardarsi allo specchio e dirsi “Sono un uomo, sono una donna”, recuperando uno sguardo più sereno sul mondo. Da sempre è questo l’intento del Centro Zabulon di Caritas diocesana Bergamasca in via Conventino 8 dedicato alla marginalità grave. Un posto dove si può andare per lavarsi e indossare biancheria intima pulita.
Uno spazio “di frontiera”, occasione d’incontro e di relazione attraverso gesti semplici e concreti che manifestano vicinanza e attenzione.
Una doccia ha il valore simbolico di recuperare pulizia, purezza, rispetto di sé, “una cosa sacra, come la Santa Messa”, come ha detto il vescovo parafrasando una canzone di Giorgio Gaber “Lo shampoo”, uscita all’inizio degli anni Settanta, ma che conserva freschezza, ironia, l’accento sulla centralità della persona a partire dalla sua integrità fisica.
Il vescovo: “Una persona è più grande dei suoi bisogni”
Monsignor Beschi ha introdotto così la festa di inaugurazione degli spazi rinnovati: sette docce e due magazzini per gli abiti. La ristrutturazione ha portato molte migliorie: box doccia singoli, spaziosi, con maggiore privacy di prima. La possibilità di accogliere più persone. Un’organizzazione più funzionale degli spazi, compresi i salottini dove ci si può sedere e parlare con un educatore della propria situazione.
Le persone che si rivolgono a Zabulon spesso vivono per strada e hanno perso il senso della “casa”. Nel centro ritrovano uno spazio fondamentale di cura, riscoprono gesti dimenticati, lasciati da parte.
“Una persona è più grande dei suoi bisogni” ha ricordato il vescovo, sottolineando il desiderio di considerazione e di fraternità che è importante quanto le esigenze più concrete, e che aiuta a riconquistare uno spazio sviluppando un’attitudine autonoma, non dipendente da chi eroga aiuto.
“Un’opera che è frutto di una generosità bella”
“Quest’opera è frutto di una generosità bella” ha detto don Roberto Trussardi, direttore di Caritas diocesana bergamasca, manifestando il ringraziamento per tutti coloro che hanno reso possibile il rinnovamento delle strutture: enti, istituzioni, in primis l’amministrazione comunale, ma anche persone comuni che hanno contributo con donazioni.
L’assessore ai servizi sociali del Comune di Bergamo Marcella Messina ha sottolineato l’importanza di fare rete e di contribuire insieme a un lavoro di cura e sostegno delle fragilità: “Bisogna rimodulare continuamente i servizi perché i cambiamenti sono rapidi e non esistono risposte uguali per tutti”. Ma a dare un contributo autentico e significativo alla festa di inaugurazione c’erano anche persone che hanno sperimentato in prima persona il servizio come Giuseppe Arena e Giuseppe Vella, che hanno tagliato il nastro insieme al Vescovo.
Dalle nuove docce una possibilità di riscatto e rinascita
Dopo aver vissuto un periodo di difficoltà e smarrimento, dopo aver vissuto in strada, queste persone hanno riconquistato l’indipendenza e la fiducia nel futuro. Un grande stimolo per i numerosi volontari e operatori che contribuiscono a portare avanti quotidianamente l’opera della Caritas, in collaborazione con altre realtà, dal Patronato San Vincenzo all’opera Bonomelli, fino alla mensa gestita dai frati cappuccini.
Il vescovo Francesco ha sottolineato che “Caritas è un brand riconosciuto in tutto il mondo, capace di aprire qualsiasi porta, perché ha l’autorevolezza della sua credibilità, stile, efficienza, tempestività”. Non si tratta però di un’organizzazione qualunque, perché si regge sui pilastri dei valori evangelici, e incarna lo spirito di una comunità, fatta di azioni materiali, ma anche di relazioni, sentimenti, valori, ponendo i semi di un futuro migliore.
Hanno contribuito alla realizzazione del progetto tantissime persone, e tra esse i vertici organizzativi di Caritas: l’attuale presidente don Michelangelo Finazzi, vicario episcopale per i laici e la pastorale, il past president monsignor Vittorio Nozza, il direttore don Roberto Trussardi, il presidente della Fondazione Diakonia Giuseppe Giovanelli, delegato vescovile alla prossimità e cura.
Alimentare nuove sinergie sul territorio
I 250mila euro necessari a realizzare i nuovi box sono arrivati dalla donazione di Fondazione Azimut (50mila euro), da un lascito (35mila euro) e da una raccolta social (arrivata a 70mila euro), oltre alla quota di Diakonia.
Questo servizio è un tassello di un progetto più ampio di Caritas in collaborazione con altri enti per rispondere alle esigenze degli ultimi, in rete con istituzioni pubbliche, sociali, private.
L’aumento delle richieste di accesso a questi servizi è indice di un disagio crescente, di una povertà “complessa” che si aggrava e si diffonde, in una società in cui prevale l’individualismo e la “rete di comunità” ha maglie troppo larghe per sostenere tutti.
Si accentua quindi la necessità di alimentare sinergie sempre più forti tra tutti i soggetti che si occupano di fragilità, come ribadisce il vescovo, sottolineando l’importanza di «promuovere una cultura della giustizia sociale (che anche la nostra Costituzione garantisce a riconoscimento della dignità di ogni persona) e della pace». Il taglio del nastro e la benedizione del vescovo sono accompagnati dalla pagina evangelica della lavanda dei piedi, “un comandamento – sottolinea monsignor Beschi – che invita ad amare gli altri come Gesù ci ha amato”.