La povertà dimessa e autentica della vedova

Immagine: L’obolo della vedova (icona moderna)

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa” (Vangelo di Marco 12, 38-44. Per leggere i testi liturgici di domenica 9 novembre, trentaduesima domenica dell’anno, clicca qui)

La gente segue con interesse Gesù. Ma i maggiorenti iniziano ad essere esasperati per le parole che egli pronuncia e per il successo che sta ottenendo. Per cui pensano di arrivare alla soluzione estrema della condanna a morte. È in questo contesto che va letto il brano di oggi.

LA CRITICA ALLA FEDE ESIBIZIONISTA DEGLI SCRIBI

Gesù non mette da parte la sua audacia e attacca gli scribi. La società attorno a Gesù è varia. Alcuni gruppi sono più osservanti, altri più liberi; alcuni hanno cultura, altri sono poveracci… Gli scribi sono uomini che oggi definiremmo “istruiti”. Studiano la bibbia e amano discutere con gli altri. Si distinguono anche nel loro modo di vestire. Durante le feste religiose indossano lunghe vesti che li mettono in vista davanti a tutti.  Gesù ha molto di ridire su questo atteggiamento: è la ricerca del prestigio ed è l’errore di credersi accetti a Dio solo perché considerati dagli uomini. Gesù fa notare, anzi, che queste persone così istruite, in realtà commettono ingiustizie e vessazioni verso le vedove, che erano la categoria sociale più povera. Gesù riprende i rimproveri dei profeti contro le ingiustizie sociali.

I DUE SPICCIOLI 

Gesù è nel tempio, con tutta probabilità, in quella parte del tempio, accanto al muro del cosiddetto cortile delle donne, dove erano poste tredici ceste metalliche a forma di imbuto in cui i fedeli gettavano le loro offerte. Molta gente arriva e butta dentro le sue monete di metallo che tintinnano rumorosamente nei grandi imbuti, soprattutto quando le monete sono numerose. Si avvicina alle casse del tempio una vedova. La vedova, donna senza l’uomo che la protegga e che è il suo unico sostegno economico, era considerata come la povera per eccellenza, come l’orfano. Lei getta nelle casse del tempio solo due spiccioli, due lepta in greco, che hanno il valore di “un soldo”, precisa Marco. Tecnicamente il soldo si chiama “quadrante”. Quattro quadranti fanno un asse, quattro assi fanno un sesterzio, quattro sesterzi fanno un denaro che è la paga di una giornata di lavoro. Dunque per capire quanto dà la vedova si deve prendere la paga di una giornata, dividerla due volte per quattro. Si prende una di queste ulteriori quattro parti, la si divide per due e si ottiene un lepton. La vedova dà due lepton.

LA PICCOLA GRANDE GENEROSITÀ DELLA VEDOVA

Quale contrasto fra la rumorosa carità dei ricchi e quella, sommessa, quasi vergognosa della vedova. Vergognosa ma, per lei, totale: la donna avrebbe potuto tenerne uno dei due spiccioli per sé. Invece li dà tutti e due, dona davvero tutta la sua ricchezza senza riservare nulla per sé.

Quando in Marco Gesù vuole dare insegnamenti importanti si dice che “chiama a sé i discepoli”. Anche qui è lo stesso: sta finendo il ministero pubblico e d’ora in poi egli si troverà soltanto con il ristretto cerchio degli amici. È a loro che si rivolge.

La vedova ha dato ciò che corrisponde esattamente alla sua vita. Il testo greco dice “tutta la sua vita”. Il molto dei ricchi contrasta fortemente con il “tutto” della vedova, il gesto inautentico dei ricchi con quello profondamente autentico della vedova.

Così la vedova, nel punto in cui ci si prepara al lungo racconto della passione, diventa l’esempio di come “dare” la vita, come Gesù farà di lì a poco.

LA NOSTRA CULTURA DELL’APPARIRE

La nostra cultura come cultura dell’apparire. E, spesso, cultura che, di conseguenza, riduce anche la fede a pura esteriorità, a pura prestazione. Abbiamo reso mercantile anche il nostro rapporto con il Signore. Anche il Signore può essere “comperato”. Di conseguenza anche tutto il nostro vivere la fede è diventato esteriore. Il tratto più moderno del vivere la fede è quello farisaico, cioè quello della prestazione umana, non della fiducia totalitaria nel Dio che ci si fa incontro.  L’alternativa a questo è la “scuola” della vedova. La vedova non dà qualcosa: dà tutta se stessa. Si mette in gioco. La nostra fede nel Signore diventa autentica quando invece di dare qualcosa di noi, diamo noi stessi, o qualcosa che ci costa o un servizio, nel quale la nostra vita è direttamente implicata.

Si dona veramente non ciò che si ha ma ciò che non si ha. Quando io creo rapporti, do il regalo più alto, perché in quel momento io dono non ciò che ho, ma ciò che sono.