Dove vorresti trovare i cristiani? La politica che parla alla pancia e i migranti

Foto: scontro con la polizia al confine tra Macedonia e Grecia

Un’ amica mi manda un biglietto con un frase di don Angelo Casati, prete ambrosiano di rara finezze e passione evangelica: “Dove vorresti trovare i credenti? Tra quelli che alzano muri, o tra quelli che gettano ponti? Difficilmente resistiamo al fascino di un ponte: è il superamento della voragine della distanza, congiunge ciò che sembrava incongiungibile, permette esplorazioni di altre terre. Le sue arcate sono sfida nel cielo, splendono come la vera sfida dell’umanità. Beati i costruttori di ponti. Ad ogni livello. Congiungono senza confondere: i ponti non mischiano le terre, mettono in comunicazione le ricchezze.”

CONTRO UNA POLITICA CHE PARLA ALLA PANCIA, LA NECESSITÀ DI UN’ALTRA NARRATIVA

È innegabile che quanto sta accadendo, sia nel mondo lontano da noi che in quello più vicino, sta creando una paura collettiva che rischia di rendere ciechi di fronte alle situazioni reali. Si confondono, spesso in modo intenzionale, vicende, si indicano migranti e profughi come minaccia alla sicurezza perché identificati tout court con i terroristi. Parlare alla pancia della gente porta voti, non soluzioni e accresce il clima di generale confusione e preoccupazione. A farne le spese sono, come sempre, i più poveri. Per questo ho trovato illuminante un recente articolo di Leonardo Becchetti pubblicato da Avvenire. “La differenza tra realtà e pregiudizio sul tema delle migrazioni, come anche qui si continua a documentare, è sostanziale. Il tema delle migrazioni è ostaggio delle chiacchiere del bar dello Sport e di una narrativa ansiogena che certa politica, e purtroppo anche certi media, hanno interesse ad alimentare. Questa narrativa è lo specchio delle paure e delle ansie della popolazione nei confronti della globalizzazione, alimenta le opinioni di settori importanti dell’elettorato e riduce lo spazio per le politiche d’integrazione. Nessun governo può pensare di approvare leggi lungimiranti in materia, conservando il consenso dell’opinione pubblica in presenza di questa congiuntura comunicativa e culturale avversa. Se le statistiche non bastano a contrastare la narrazione distorta (e qualcuno del bar dello Sport arriverà a pensare che la statistica fa parte del ‘complotto’) c’è bisogno di contronarrazioni e di iniziative che possano contrastare il fenomeno.”

Se questo è vero, allora alcune cifre possono aiutarci a comprendere.
I migranti stanno invadendo i Paesi ricchi? Rapporto rifugiati per 1.000 abitanti: Libano 232, Giordania 87, Malta 23, Svezia 9, Italia 2 (media Ue 2).
I musulmani ci invadono? Meno di un terzo tra gli immigrati che arrivano in Italia sono musulmani.
Gli immigrati ci tolgono ricchezza? Con i 5 miliardi di differenza tra contributi versati e percepiti dagli immigrati l’Inps paga le pensioni di 600mila italiani.
Saremo travolti da milioni di poverissimi? Sono prevalentemente quelli dei ceti medi che riescono ad arrivare nei nostri Paesi perché i soli con le risorse economiche necessarie per fare il viaggio.
Rischiamo una catastrofe demografica? Il Paese si sta spopolando, con la perdita di 180mila italiani nel 2015, rimpiazzati da meno di 40mila stranieri immigrati.
L’arrivo degli immigrati ridurrà le nostre possibilità di sviluppo? Recentemente gli Stati Uniti hanno calcolato che l’invecchiamento della popolazione toglierà 0,8% punti di Pil all’anno per i prossimi otto anni: figuriamoci da noi dove la popolazione invecchia ancor più e non vogliamo forza lavoro giovane immigrata. Il Pil è la somma di beni e servizi prodotti e venduti e, a parità di competitività, con più anziani e meno forza lavoro (e forza lavoro più anziana) si produce meno e a tassi di produttività inferiori. Semplice. E drammatico.

UN MIGRATION DAY?

Dunque non è un paradosso quanto chiede Becchetti: “Oltre al Family day, per valorizzare la troppo sottovalutata bellezza e la forza della famiglia, sta forse arrivando il giorno di un Migration day, per valorizzare la complessità buona e la ricchezza del fenomeno migratorio nel nostro Paese. Per chiedere, anche qui, una legalità salda e accogliente. E per cambiare la percezione della globalizzazione.”

In tutto questo, dentro questo tempo confuso, resta la domanda da dove siamo partiti: “Dove vorresti trovare i cristiani?”