Bergamo: il cognome più diffuso è Hu. La città ha cambiato volto, il 10 per cento degli imprenditori è straniero

Bergamo sta cambiando culturalmente e socialmente: è quanto emerso dal “Rapporto immigrazione 2016”redatto dall’Agenzia per l’integrazione, di cui fanno parte anche il Comune e la Provincia di Bergamo, oltre a numerose associazioni come Caritas, Rotary e Comunità Ruah. Come ha evidenziato il Rapporto, la nostra è diventata nel tempo non solo una società multilinguistica, ma anche multireligiosa e multiculturale, se si pensa alle diverse pratiche o anche solo al sistema educativo o all’alimentazione delle diverse etnie che compongono i nostri quartieri. Anche i cognomi sono cambiati, se pensiamo che quello maggiormente diffuso nel 2015/2016 è Hu, un cognome cinese che poco ha a che fare con quelli bergamaschi che siamo soliti associare a una città come Bergamo. Come ha sottolineato Eugenio Torrese, direttore dell’Agenzia per l’integrazione, durante il convegno di presentazione: “Nuovi cittadini. Bergamo è cambiata”, anche il mondo delle imprese bergamasche si sta trasformando: “A differenza di quanto potremmo superficialmente pensare, sono sorti, accanto agli imprenditori bergamaschi, anche un certo numero di piccoli imprenditori di altre nazionalità, che sono emigrati nel nostro paese e che hanno alle loro dipendenze loro connazionali ma anche italiani. Essi rappresentano circa il 10 % delle imprese totali presenti sul territorio”. Un segnale positivo, quest’ultimo, anche se non mancano problematiche legate alla propria identità culturale e religiosa, dramma che affligge soprattutto i figli di coppie miste, come ha spiegato Orsola De Francesco, docente dell’istituto Pesenti di Bergamo: “Spesso questi ragazzi non si sentono accettati e hanno difficoltà ad integrarsi nella società italiana”. Tentativi di integrazione sono invece quelli promossi da diverse realtà presenti sul territorio, come i centri di aggregazione sociali quali Edoné a Redona o il Gate al parco della Malpensata, come descritto da Renato Magni, responsabile delle politiche giovanili del comune di Bergamo. “Fondamentale è anche guardare al cambiamento delle nostre città e agire di conseguenza con politiche appropriate” sono le parole del giornalista Andrea Valesini. Immigrati di prima e seconda generazione come una risorsa, è quanto emerso dal progetto: “Oltrevisioni, my place, my text” presentato da Giovanna Brambilla, responsabile dei servizi educativi della Gamec, dove ragazzi migranti di seconda generazione hanno reinterpretato le opere del museo con grande originalità.“Una città aperta al dialogo interculturale è l’obiettivo che ci prefiggiamo”, ha sottolineato Maria Carolina Marchesi, assessore alle politiche giovanili del comune, mentre altri punti focali che sono stati toccati riguardano il barometro dell’integrazione, ovvero i sistemi utilizzati per sondare il livello di integrazione e infine la Carta di Bergamo, un documento atto a mostrare come le culture possano dividere ma anche unire e che la convivenza tra nazionalità diverse può realmente avvenire.

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