Papa Francesco: “L’atteggiamento più pericoloso per un cristiano è l’orgoglio”

Papa Francesco all’udienza generale di oggi: “Nessuno di noi brilla di luce propria”. “Proviamo ad ascoltare la storia di qualche persona che ha sbagliato. Possiamo amare, ma con la grazia di Dio”. Con queste parole ha spiegato che “siamo debitori”, come recitiamo nella seconda parte del Padre Nostro. “Siamo debitori perché, anche se riusciamo ad amare, nessuno di noi è capace di farlo con le sue sole forze”, ha osservato Francesco: “C’è quello che i teologi antichi chiamavano un ‘mysterium lunae’ non solo nell’identità della Chiesa, ma anche nella storia di ciascuno di noi”. “Cosa significa?”, ha proseguito a braccio il Papa rivolgendosi ai 14mila fedeli presenti oggi in piazza, nonostante la pioggia: “Come la luna, che non ha luce propria, riflette la luce del sole, anche noi non abbiamo una luce propria”, ha commentato ancora fuori testo Francesco: “La luce che abbiamo è un riflesso della grazia di Dio, della luce di Dio”. “Se ami è perché qualcuno, all’esterno di te, ti ha sorriso quando eri un bambino, insegnandoti a rispondere con un sorriso”, ha raccontato il Papa: “Se ami è perché qualcuno accanto a te ti ha risvegliato all’amore, facendoti comprendere come in esso risiede il senso dell’esistenza”. “Proviamo ad ascoltare la storia di qualche persona che ha sbagliato: un carcerato, un condannato, un drogato”, il suggerimento di Francesco: “Conosciamo tanta gente che sbaglia nella vita. Fatta salva la responsabilità, che è sempre personale, ti domandi qualche volta chi debba essere incolpato dei suoi sbagli, se solo la sua coscienza, o la storia di odio e di abbandono che qualcuno si porta dietro”. “Questo è il mistero della luna”, ha spiegato il Papa: “Amiamo anzitutto perché siamo stati amati, perdoniamo perché siamo stati perdonati. E se qualcuno non è stato illuminato dalla luce del sole, diventa gelido come il terreno d’inverno”. “Come non riconoscere, nella catena d’amore che ci precede, anche la presenza provvidente dell’amore di Dio?”, ha concluso Francesco: “Nessuno di noi ama Dio quanto Lui ha amato noi. Basta mettersi davanti a un crocifisso per cogliere la sproporzione: Egli ci ha amato e sempre ci ama per primo. Preghiamo dunque: Signore, anche il più santo in mezzo a noi non cessa di essere tuo debitore. O Padre, abbi pietà di tutti noi!”. L’atteggiamento più pericoloso di ogni vita cristiana è l’orgoglio”. Ne è sicuro il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi si è soffermato sulla seconda invocazione della seconda parte del Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti”. “La giornata non è tanto bella, ma buongiorno lo stesso!”, ha esordito Francesco a braccio riferendosi alla giornata di pioggia sulla Capitale. “La gente che si sente perfetta, la gente che critica gli altri è gente orgogliosa”, ha detto ancora sempre fuori testo Francesco: “Nessuno di noi è perfetto, nessuno”. “Come abbiamo bisogno del pane, così abbiamo bisogno del perdono”, ha spiegato: “E questo ogni giorno”. “Il cristiano che prega chiede anzitutto a Dio che vengano rimessi i suoi debiti, cioè i suoi peccati, le cose brutte che fa”, le parole riferite alla parte del Padre Nostro commentata oggi, davanti a 14mila fedeli: “Questa è la prima verità di ogni preghiera: fossimo anche persone perfette, fossimo anche dei santi cristallini che non deflettono mai da una vita di bene, restiamo sempre dei figli che al Padre devono tutto”. L’orgoglio, invece, ha fatto notare il Papa, “è l’atteggiamento di chi si pone davanti a Dio pensando di avere sempre i conti in ordine con Lui: l’orgoglioso crede che ha tutto al suo posto. Come quel fariseo della parabola, che nel tempio pensa di pregare ma in realtà loda sé stesso davanti a Dio: ‘Ti ringrazio, Signore, perché io non sono come gli altri’”. “Al contrario il pubblicano, un peccatore disprezzato da tutti, si ferma sulla soglia del tempio, non si sente degno di entrare, e si affida alla misericordia di Dio”, ha osservato Francesco: “E Gesù commenta: ‘Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato’, cioè perdonato, salvato. Perché? Perché non era orgoglioso, riconosceva i suoi limiti”.
“Ci sono peccati che si vedono e peccati che non si vedono, peccati nascosti. Ci sono peccati eclatanti che fanno rumore, ma ci sono anche peccati subdoli, che si annidano nel cuore senza che nemmeno ce ne accorgiamo”. A farlo notare è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla seconda invocazione della seconda parte del Padre Nostro – “Rimetti a noi i nostri debiti” – ha affermato che “il peggiore di questi è la superbia, che può contagiare anche le persone che vivono una vita religiosa intensa”.
“Una volta c’era un convento di suore, famoso nel 1600 e nel 1700, al tempo del giansenismo, che era perfettissimo e si diceva di loro che erano purissime come gli angeli ma superbe come i demoni”, l’aneddoto raccontato a braccio da Francesco: “È una cosa brutta”. La superbia, ha spiegato il Papa, “è il peccato che divide la fraternità, che ci fa presumere di essere migliori degli altri, che ci fa credere di essere simili a Dio”. “E invece davanti a Dio siamo tutti peccatori e abbiamo motivo di batterci il petto, tutti, come quel pubblicano al tempio”, il monito di Francesco, che ha citato la prima lettera di san Giovanni: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi”. “Se tu vuoi ingannare te stesso, dì che non hai peccato”, il commento a braccio del Papa: “Ti stai ingannando”. “Siamo debitori anzitutto perché in questa vita abbiamo ricevuto tanto”, ha proseguito Francesco: “L’esistenza, un padre e una madre, l’amicizia, le meraviglie del creato… Anche se a tutti capita di attraversare giorni difficili, dobbiamo sempre ricordarci che la vita è una grazia, è il miracolo che Dio ha estratto dal nulla”.