Verso l’alt(r)o, meditazione della settimana: vestire il cuore di luce

«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»

Giovanni 8, 12

Ho appena passato gran parte della settimana in teatro. E, a questo giro, per diversi motivi, mi sono ritrovato ad avere a che fare più volte con le luci posizionate per illuminare il palco.

Sul palco la luce è fondamentale. Dove c’è luce c’è presenza, c’è azione, c’è energia, c’è qualcosa che sta accadendo o che sta per accadere a breve. A volte capita persino il contrario: le luci costituiscono quasi metà dello spettacolo e bisogna ricordarsi esattamente in che momento e in che “punto luce”, appunto, si deve essere sul palco in un dato momento prestabilito. Un po’ come se la luce guidasse l’artista e lo seguisse in qualche modo!

Penso invece alla luce che si trova sotto il palco e la prima cosa che mi viene in mente è la luce degli accendini, delle torce dei cellulari della gente. L’abbiamo in mente tutti questa immagine bellissima! E se ci facciamo caso, questi si accendono solo durante canzoni di amore o di speranza. Momenti in cui fondamentalmente la luce circola e viene condivisa in maniera più forte tra chi sta sul palco e tra tutte quelle persone che stanno partecipando a quell’evento.

Dietro le quinte, invece, c’è la cosiddetta “luce di emergenza”, e il nome dice già tutto: è quella luce che ci salva quando gli schemi saltano. E quando tutto crolla e vediamo solo il buio, ecco che diventa uno spiraglio di vita e di speranza.

Così è anche la luce di una candela: la candela si accende per vedere in un ambiente buio o per riscaldarci in un ambiente freddo. Si accende una candela quando qualcuno muore o qualcuno nasce. La si accende nel tentativo di intrappolare un raggio di sole in una stanza oppure quando la strada ci ha portato lontani da casa e dalle persone che amiamo. La si accende quando siamo innamorati o quando si crea qualcosa, affinché ci aiuti a trattenere l’ispirazione. Si accende una candela quando si ha bisogno di tenere a mente la bellezza e la brevità della nostra esistenza. Perché prima o poi, stoppino e cera finiranno. 

E non per ultimo, la si accende anche per sentirsi più vicini a Dio. Lui dalla luce ha creato la vita e non c’è luce più potente e forte della sua.

Diogene, antico filosofo che girovagava in pieno giorno con una lanterna, dichiara a chi lo interrogava di essere alla ricerca dell’uomo.

Quanto piccola può essere la luce di una stella vedendola da lontano, ma quanto grande può essere in realtà? Un puntino di luce nel bel mezzo del buio della notte, se ci pensiamo, eppure è molto più grande di quanto possa sembrare ai nostri occhi. Quella luce c’è sempre, anche quando è nuvoloso e le stelle non riusciamo a vederle con i nostri occhi. Ecco, è così anche per l’uomo: ogni persona possiede una sua propria luce, che è unica. E che a volte facciamo fatica a far emergere, perchè questa luce spesso è scomoda, perchè ci fa scontrare con noi stessi e con il mondo esterno, con le convenzioni sociali della massa e a volte ci manca il coraggio di farla trasparire in quello che facciamo. Ce la teniamo bene stretta dentro di noi e ce la accarezziamo. Ma questa luce non è fatta solo per stare lì. È fatta di pensieri e di parole ma anche di gesti concreti e di dimostrazioni. Di piccole, ma grandi attenzioni: un sorriso, un abbraccio, una canzone o una pacca sulla spalla nel momento opportuno sarebbero abbastanza. E quanta luce delle persone che incontro siamo veramente disposti a portare dentro di noi?

È questa luce che non ci fa abbattere e che ci fa reagire, che non ci fa giocare al ribasso ma che ci fa sognare in grande. Una luce che non è mai ferma, che ha sempre da insegnarci e che ci dà continuamente forza. È proprio grazie a lei che riusciamo a vedere il mondo con uno sguardo differente, che non ci fa smettere di cercare le risposte alle nostre grandi domande della vita, anche se ci fanno paura, che non ci fa abbattere nemmeno davanti alle più grandi sofferenze. Una luce che ci fa tirare fuori la nostra parte più bella e che ci fa essere diversi, pazzi forse per qualcuno…

Allora impariamo a vestire il nostro cuore di cose semplici, togliamoci gli abiti della menzogna, della cattiveria, dell’invidia, della gelosia: sono tutti quegli atteggiamenti che non ci permettono di vedere al di là del nostro naso. Vestiamoci il cuore e il volto di luce.

Lui c’è, in tutte queste luci. Ne sono certo.

Matteo Carminati

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