Gilania, un progetto culturale per alimentare la parità fra i generi: “Non è un’utopia”

È opinione comune che le parole volino via, che sbiadiscano nel vento del tempo se non ne facciamo uso. Quello che più mi ha colpito della performance teatrale proposta il 15 maggio, in ultima replica, all’Auditorium Modernissimo di Nembro è che adesso ho una nuova parola che non riesco a togliermi dalla testa, come se fosse stata lì da sempre. Gilania.

Gilania non è stata soltanto un’organizzazione sociale basata sull’equità e poi, già in età preistorica, soppiantata dal patriarcato. Gilania è – o deve diventare – uno stato fisso del nostro essere, deve assurgere a costituzione morale. In breve, deve rendersi la nostra normalità. 

Questo è quello che ha cercato di portare il progetto curato da Molte fedi sotto lo stesso cielo, Aililò – Futuro Anteriore, e dall’Università di Bergamo, nelle figure del professor Ulderico Daniele e della professoressa Cristiana Ottaviano.

Focus sul tema delle relazioni

Una delle idee di fondo della proposta è quindi anche fare public engagement tra l’università e le realtà della provincia. L’ateneo ha ingaggiato un dialogo con il territorio, un dialogo che ha profonde radici sociologiche e che ha un focus particolare sul tema delle relazioni. 

La performance, che ha visto Paola Cannizzaro esibirsi sul palco nei panni di una, diverse, tutte le donne per raccontare le loro storie, ha mostrato come il quotidiano sia la prima linea del patriarcato, e anche quella più difficile da sfondare. I compiti, la routine, il ripetersi inarrestabile e schematico di una ricorrenza precostituita creano il più grande divario tra i generi: è nel quotidiano che si solidificano gli stereotipi, è nel quotidiano che si alimentano i preconcetti.

Spezzre il circolo vizioso dei pregiudizi

Ma lo scopo della rappresentazione non era soltanto questo. Al termine delle varie storie, ricavate da un sottofondo biblico – Marta e Maria, la donna samaritana al pozzo, la malata che tocca la veste – si collocava un incontro con un personaggio “gilanico”, sempre lo stesso.

Un elemento in grado di rompere la routine, di spezzare il circolo vizioso, di entrare in un nuovo modo di intendere le relazioni nella società secondo un modello paritario, di divisione equivalente di diritti e doveri. Questo è il vero messaggio della serata: gilania non è un’utopia – come ha dimostrato anche l’ultima parte di recitazione – ma, parafrasando le parole della stessa professoressa Ottaviano nel dibattito, un ευτοπος, un luogo bello per tutti. 

Una rappresentazione intervallata da diversi momenti di video e di danza e resa ancora più efficiente dal lavoro di Chiara Abastanotti come visual artist, con il compito di creare e descrivere, attraverso il disegno, luoghi, simboli, concetti, e grazie alle musiche di Alessandro Sipolo.

La speranza di sensibilizzare i giovani

Nel dibattito si sono poi susseguite diverse domande. Un punto centrale è stato toccato quando si è parlato di giovani, e di come si possa ragionare sulla speranza che le nuove generazioni aggiungono al dibattito pubblico. Lo spettacolo è stato già proposto infatti in due licei, il liceo scientifico Leonardo di Brescia e il liceo scientifico Mascheroni di Bergamo. 

Gilania è una possibilità concreta, ed è anche parzialmente già in pratica nel nostro mondo e nel nostro tempo. È una lente per rileggere il rapporto tra generi. Sta a noi continuare su questa strada di cambiamento e di parità, rompendo gli schemi in nome di un amore che possa essere “inclinato”, “assoluto”, proprio come quello descritto dalla rappresentazione. 

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