Vangelo, libro bifrontale. Ricordo di Angelo Gelmi, vescovo degli ultimi

Foto: Cochabamba, missione del Patronato s. Vincenzo

Il 20 Giugno, insieme al parroco di Belsito, ho partecipato ai funerali del Vescovo missionario Mons. Angelo Gelmi, Ausiliare emerito di Cochabamba in Bolivia. Eravamo amici del defunto, affascinati dalla sua forte personalità religiosa caratterizzata da una totale dedizione al servizio sia spirituale che materiale dei poveri. Lui stesso di famiglia poverssima, allevato come orfano e accompagnato prima al lavoro e poi al sacerdozio dal don Bosco di Bergamo, don Bepo Vavassori.

IL LIBRO DEL VANGELO SULLA BARA

Pur essendo commossi tutti e due, ad un certo punto del rito l’amico mi distrasse facendomi notare il libro del Vangelo aperto, come è ormai abitudine, sopra la bara. Mi sussurrò all’orecchio: “Secondo me, il Vangelo non dovrebbe essere aperto in quel modo, ma alla rovescia. Bisognerebbe mettere il libro girato con le pagine aperte verso il defunto e la copertina verso i fedeli”. Alla mia meraviglia egli insistette: “Ma sì. Quando viene ordinato un Vescovo, prima dell’unzione della testa con il crisma, viene aperto il libro del vangelo sopra le spalle dell’eletto per indicare il compito che gli viene affidato di portare la Parola come un basto là dove darà mandato a svolgere il suo ministero… Messo così come all’ordinazione, il libro del Vangelo al funerale starebbe a significare che tutto il servizio episcopale di “don Angelo” è stato svolto sotto il fardello e la copertura del Vangelo”.

IL QUINTO VANGELO

Lì per lì non dissi nulla, anche perché non sta bene che dei concelebranti chiacchierino durante il rito. Ma poi, all’uscita, ripresi il discorso: “Per me la tua idea: ha un suo bel significato che si addice benissimo all’attitvità missionaria di don Angelo e di ogni Vescovo degno di questo nome. Ma alla fine, al funerale, il libro spalancato sopra la bara, con le pagine aperte verso i fedeli, sta ad indicare che la vita di don Angelo è stata un libro aperto, nel quale non si leggevano parole e gesti suoi, ma si leggeva in filigrana il Vangelo vissuto tutto, concretamente, dalla prima pagina all’ultima: un vero e proprio “quinto Vangelo”, per usare la felice espressione di Mario Pomilio”.

“Vero anche questo. Però io continuo a pensare che il Libro, messo sulla bara come dico io, farebbe pensare alla fedele, indefettibile sottomissione di don Angelo al Vangelo e alle sue “pazzesche” fatiche per portarlo con le parole e con le opere fin sulle Ande, tra i poverissimi quechua (i disprezzati discendeni degli Incas) di cui per decenni ha condiviso la vita fino ad essere consiederato uno di loro.P ensa che aveva perfino imparato perfettamente la loro lingua e la loro mentalità)”.

Dico la verità: mi son commosso nell’ascoltare questo ritratto di don Angelo. Mi veniva in mente S.Paolo che diceva: “Mi son fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22). Ma sono convinto che è proprio per le sue enormi fatiche apostoliche che egli è diventato un Vangelo aperto per la sua gente. Erano quasi tutti analfabeti, ma, guardando a lui, hanno imparato il Vangelo dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo, hanno intravvisto che cos’è la speranza cristiana, hanno sperimentato che cos’è la misericordia.

IL CARO PREZZO DELL’EVANGELIZZAZIONE

“Secondo te , don angelo non si sarà mai scoraggiato nel suo lungo ministero in un ambiente così difficile?”. L’amico di Belsito è più giovane di me e di don Angelo. Io invece ero suo coetaneo e amico, ma non ho saputo rispondere con cognizione di causa a questa domanda. Immagino però che, se grandi profeti come Elia e c Geremia sono stati tentati di… dimettersi dall’incarico (cfr. 1Re 19, 4; Ger 20, 8s), è pensabile che anche un eroico missionario come don Angelo abbia avuto tentazioni del genere, ma, visto come sono andate le cose, evidentemente anche lui deve averle superate come Geremia: “Mi dicevo: ‘Non penserò più a Dio, non parlerò più in suo nome!’. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”.

Io e l’amico di Belsito alla fine ci siamo trovati d’accordo nella convinzione che nella vita del Vescovo Angelo il Vangelo è stato un libro un po’ come il volume visto da Ezechiele (2, 1-8) scritto su tutti e due i versanti della pergamena, uno verso l’interno per la conversione di ciascuno di noi e l’altro destinato a mostrare agli altri la misericordia di Dio per la loro speranza. Grazie don Angelo!