Papa Francesco si recherà dal 30 al 31 marzo in Marocco visitando la città di Rabat, dove dal 1976 ha sede la nunziatura apostolica. Una visita simbolica, nata su invito del re Mohammed VI e dei vescovi, all’insegna del dialogo interreligioso, durante la quale Papa Francesco incontrerà il capo dei musulmani del Marocco 800 anni dopo l’incontro di San Francesco d’Assisi con il sultano al-Malik al-Kāmil. Simbolico anche il logo del viaggio apostolico che ritrae una croce e una mezzaluna, simboli della croce cristiana e la mezzaluna musulmana per sottolineare il carattere interreligioso. È la seconda volta che un Pontefice compie un viaggio apostolico in Marocco, infatti, nell’agosto del 1985 San Giovanni Paolo II si recò in questo Paese dell’Africa settentrionale, al confine tra l’Oceano Atlantico e il Mar Mediterraneo, su invito dell’allora re Hassan II.
Abbiamo intervistato Enzo Romeo, giornalista “storico” vaticanista del Tg2, il quale dal 2013 segue Papa Francesco in tutti i suoi viaggi in Italia e all’estero, e anche questa volta seguirà da testimone privilegiato i momenti salienti e più emozionanti della missione marocchina del papa argentino.
Quali saranno le tappe principali del breve viaggio di Papa Francesco in Marocco?
«In realtà, la visita di papa Francesco sarà tutta concentrata nella capitale Rabat. Ci sarà innanzi tutto la visita di cortesia al re Mohammed VI, che unisce in sé sia il potere civile sia quello religioso. Seguirà l’incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico presso la moschea Hassan II. Il papa visiterà l’Istituto degli imam e dei predicatori musulmani e poi, alla sede della Caritas, ci sarà l’atteso incontro con i migranti. Domenica 31 marzo Francesco farà una visita privata in un centro rurale, quindi incontrerà sacerdoti e religiosi, con il consiglio ecumenico delle Chiese. L’incontro avverrà nella cattedrale cattolica, dove ci sarà anche la recita dell’Angelus. Infine, nel pomeriggio la celebrazione della messa nel complesso sportivo di Rabat».
“Servitore di speranza” è il motto della visita pastorale di Santo Padre. “Servitori della speranza” era anche il titolo della Lettera Pastorale della Conferenza Episcopale del Nord Africa (CERNA), che riunisce i vescovi di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Sahara Occidentale. Vi è un collegamento?
«Il logo è stato scelto tra una cinquantina arrivati per risposta a un concorso indetto appositamente. Sottolinea la dimensione dell’incontro interreligioso tra cristiani e musulmani e in particolare tra il papa e il “comandante dei credenti”, come viene definito in Marocco il sovrano regnante. Il titolo “Servitore di speranza” è riferito certamente al pontefice, ma anche alla Lettera richiamata, che fu consegnata a Francesco in occasione della visita ad limina compiuta dai vescovi della regione nel 2015».
Quanti sono i cattolici che vivono in Marocco?
«Circa trentamila, quasi tutti stranieri, a fronte di una popolazione complessiva di trentacinque milioni di persone».
Re Mohammed VI, sovrano stimato a livello globale dai leader musulmani e delle altre religioni per le sue posizioni aperte al dialogo, in diverse occasioni ha espresso pubblicamente la sua stima per Bergoglio. Ce ne vuole parlare?
«Re Mohammed sta cercando di rilanciare l’immagine di una nazione moderna, capace di rilanciare il dialogo interreligioso. Il re, sintetizzando nella sua persona il potere politico-religioso, può muoversi agilmente. Di qui il suo invito a papa Francesco. La monarchia marocchina appare come una garanzia di stabilità dell’area del Maghreb, specie se messa a confronto con l’Algeria, scossa dalle contestazioni al vecchio presidente Bouteflika, che si è fatto eleggere per la quinta volta. Vorrà dire qualcosa se il papa va in Marocco dopo aver rinunciato, lo scorso dicembre, a un viaggio ad Algeri in occasione della beatificazione dei martiri cristiani uccisi nel periodo della guerra civile».
La visita di Francesco avverrà quasi 34 anni dopo di quella di Giovanni Paolo II, il quale il 19 agosto 1985 presso lo stadio di Casablanca fu il primo papa della storia a fare un discorso a dei giovani musulmani. “Cristiani e musulmani si sono generalmente mal compresi, e anche qualche volta, in passato, ci siamo opposti e anche persi in polemiche e guerre, ma abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia”. Un segnale di dialogo importante quello del pontefice polacco che in quell’occasione parlò anche dei diritti umani. La visita lampo di Bergoglio in Marocco avverrà sul solco di quella di Wojtyla?
«Sicuramente. Ma Francesco sta usando una modalità propria di dialogo col mondo islamico. Mai un papa aveva avuto rapporti così stretti col mondo musulmano. Ricordiamo la sua visita all’Università cairota di al-Azhar, punto di riferimento dell’islam sunnita, e quella recentissima ad Abu Dhabi, la prima di un pontefice nella Penisola Arabica. Anche negli Emirati Francesco ha richiamato l’esempio del Poverello d’Assisi di cui ha preso in prestito il nome, che si presentò davanti al sultano armato solo di umiltà e amore. Questo linguaggio, declinato da Bergoglio nel terzo millennio, è stato in grado finora di garantire una linea di dialogo nonostante i venti del fondamentalismo, che hanno portato in questi anni agli orrori del terrorismo internazionale di matrice jihadista e dell’Isis».
(Foto Agenzia Sir)