Santo di famiglia

L’immagine che la gente conserva nel cuore di Papa Giovanni XXIII è quella di un padre, quello che, nel celebre discorso della Luna, chiedeva di “fare una carezza ai vostri bambini”. Come una persona di casa. Oggi, nel giorno in cui diventa santo, lo ricordiamo con un’intervista a don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII.

Lo abbiamo incontrato nella sede della Fondazione, in via Arena, a due passi dal Seminario, in una giornata tersa di primavera, seduti davanti a una vetrata che domina città bassa e si affaccia su un orto curatissimo. Tutt’intorno libri e documenti: archivi, diari autografi, lettere, fotografie. Un patrimonio ricchissimo, in gran parte ancora da indagare. “Giovanni XXIII – spiega – ha avuto la capacità di trasmettere la paternità e la semplicità del Vangelo, di unire le persone”.

Perché Papa Giovanni diventa santo e perché proprio ora?
“Con la proclamazione di un santo la Chiesa indica un modello da seguire che sia praticabile e auspicabile anche oggi. Tra gli aspetti più attuali del pontificato di Giovanni XXIII ci sono l’attualità del dialogo ecumenico, la pace, il Concilio. E’ particolarmente significativo che la Chiesa proprio ora voglia fare santo il Papa che ha iniziato il Vaticano II. Poi ci sono naturalmente elementi che ineriscono alla santità che fanno parte del suo essere cristiano. In questo senso Papa Giovanni è santo perché ha messo in evidenza in modo immediato alcuni tratti del Vangelo. Quella di Roncalli è una santità popolare nel senso forte del termine. Non individualistica ma capace di mostrare chiaramente che diventare santi è intimamente connesso con l’impegno di dare la vita agli altri”.

In che cosa consiste la santità familiare di Papa Giovanni?
“Non è, come si potrebbe pensare, soltanto legata alla famiglia, all’ambiente contadino, al suo paese, ma soprattutto al suo modo di fare: ha mantenuto sempre, anche da Papa, un tratto di semplicità e di immediatezza che l’ha reso vicino alla gente come una persona di casa. In questo ha segnato una forte discontinuità con i suoi predecessori. Un altro aspetto che colpisce di lui è la sua laboriosità. Quando si esaminano gli archivi, tutti i testi che ha scritto, le lettere, si rimane impressionati dalla mole del suo lavoro”.

E’ stato un papa vicino ai poveri.
“Angelo Roncalli è di origine povera ma dignitosa. Forse anche per questo si sente vicino a chi ha bisogno, si sintonizza facilmente con le persone più bisognose. Il tema della vicinanza ai poveri attraversa tutta la vita di Roncalli. In un inverno molto freddo a Venezia disse di aprire le chiese per accogliere i poveri. La sua attenzione agli umili e ai più poveri è una scelta evangelica, che dà la misura del suo equilibrio e della sua semplicità. Sapeva arrivare a tutti. Ma la semplicità non deve essere confusa con la faciloneria, Papa Giovanni era una persona molto colta e intelligente, un intellettuale, uno studioso”.

Quali sono gli aspetti più attuali della figura di Papa Giovanni?
“Sono passati oltre 50 anni dalla sua morte e la sua testimonianza è tuttora valida e attuale perché si fonda sull’importanza delle relazioni, che tutti possiamo sperimentare. Dava più importanza alle persone che ai dispacci diplomatici. Oggi il dialogo interreligioso è fra l’altro una questione ancora più urgente che ai tempi di Roncalli. Resta prezioso e attuale anche il suo messaggio di pace, lanciato con la “Pacem in terris”. Tenendo conto delle differenze, perché il mondo si è trasformato, le istanze prioritarie espresse da Giovanni XXIII possono essere una provocazione anche per gli uomini di oggi.

Papa Giovanni oggi viene canonizzato con Papa Wojtyla. Ci sono elementi che accomunano queste due figure?
“E’ difficile fare un confronto: certamente hanno delle sensibilità comuni. L’elemento più importante è sicuramente la fiducia nel Concilio Vaticano secondo. Certamente ci sono differenze profonde nel temperamento, nell’educazione, nel tipo di sfide da affrontare. Pensiamo al crollo del comunismo, che ha scombinato tutti gli equilibri. Ci sono comunque punti di contatto importanti tra i due pontificati, uno molto breve e l’altro il più lungo della storia. Papa Giovanni non è stato, come molti credevano, un papa di transizione ma il papa della transizione. Ha lasciato da parte le condanne e le scomuniche e ha cercato di capire le aspirazioni del mondo contemporaneo. Giovanni XXIII ha fatto salpare la nave del Concilio, Wojtyla ha dovuto invece impegnarsi per riportarla in porto.

Quali sono stati gli elementi più innovativi dell’azione pastorale di Angelo Roncalli?
“Ha avuto una grande attenzione al ruolo della donna nella chiesa e nella società e si è impegnato per consentire la piena partecipazione delle donne alla vita ecclesiale. Ha insistito molto sulla partecipazione dei laici alla liturgia, già agli inizi del Novecento sperimentava forme nuove di coinvolgimento. Fu vicino agli operai che scioperavano per chiedere una rappresentanza sindacale e un orario di lavoro più sopportabile. Sono tutti aspetti che spiegano poi le scelte fatte da Papa”.

Nella santità di Giovanni XXIII c’è anche un aspetto di devozione che forse oggi ci sembra un po’ un retaggio del passato, che ne pensa?
“La devozione non è una forma scadente di fede, anzi, rappresenta una modalità molto coinvolgente per esprimerla sul piano degli affetti. E’ insomma una forma che fa sintesi di varie dimensioni. Per esempio Giovanni XXIII era molto devoto al Sacro Cuore, attraverso il quale si raggiunge la misericordia. La forma può cambiare, ma il fondo è genuinamente evangelico. C’è bisogno anche di questa dimensione nella fede, che non è una forma di intimismo sentimentalista, ma un impegno che nasce dall’aver aderito ad essa con il cuore e con la coscienza. Nella vita di papa Giovanni la devozione si accompagna ad aspetti maturi come l’impegno sociale e la lettura della Bibbia. La sua familiarità con la Scrittura è ciò che gli permette di compiere una sintesi personale di queste diverse dimensioni della fede e della vita cristiana e impedisce di vederle staccate l’una dall’altra”.

Qual è il ruolo della famiglia nella formazione di Roncalli? Qual è l’impronta che ne deriva?
“Papa Giovanni porta in sé come frutto delle sue relazioni familiari il tratto domestico e semplice della fede. La capacità di accoglienza, di condivisione, l’immediatezza e la semplicità. Nella sua azione pastorale non ha mai contrapposto lo stile istituzionale e familiare, ma ne ha fatto sintesi. Non è da tutti riuscire a vivere con una così grande naturalezza un ruolo istituzionale. In Papa Giovanni questo deriva anche da una forte ascesi e da un costante lavoro su di sé”.

La canonizzazione è anche un’occasione per conoscere meglio la figura di Papa Giovanni.
“E’ sicuramente un’occasione per andare al di là dei cliché. Spero che questo desiderio di approfondirne la conoscenza resti anche una volta passata questa giornata. Riuscire a scoprire anche gli aspetti meno noti ma comunque molto importanti della vita e delle opere di Papa Giovanni rende più difficile che venga strumentalizzato in contrapposizione ad altri Papi, come è accaduto in passato. Privilegiare un solo elemento è fuorviante, bisogna leggere la storia della Chiesa osservandone l’evoluzione, non accentuando i contrasti. Molti per esempio non sanno di lui che promosse a Bergamo lo sviluppo di Azione cattolica e di associazioni femminili come quella delle maestre, e ancora di numerose associazioni giovanili. E’ importante fare in modo che le opere di Papa Giovanni diventino patrimonio comune e questo è un obiettivo importante per la Fondazione. Ci auguriamo poi che la canonizzazione possa essere non solo un evento mediatico ma uno stimolo a rimettere al centro il tema della santità come modello di vita per ogni cristiano”.