Uomini coraggiosi

«Uomini coraggiosi pieni dello Spirito Santo che hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia. Sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria». È stata breve ma incisiva l’omelia di Papa Francesco durante la Santa Messa di canonizzazione celebrata stamattina sul sagrato di San Pietro, che ha elevato alla gloria degli altari Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Tutto il mondo guardava a Roma. Presente una folla immensa, 800mila persone stando alle stime della Sala Stampa Vaticana (mezzo milione nella Piazza e 300mila di fronte ai maxischermi sparsi per la città), presenti 120 delegazioni straniere. «Non si era mai visto nella storia della Chiesa un evento del genere: due papi canonizzati contemporaneamente. Vuol dire che la Chiesa è ancora capace di proporre modelli forti, condivisi che coinvolgono persone provenienti da ogni parte del pianeta come abbiamo visto nella giornata di oggi. Un messaggio sicuramente positivo per la Chiesa e di speranza in generale per un mondo che è assetato di modelli e soprattutto di testimoni» ha dichiarato Enzo Romeo, vaticanista del Tg2. Abbiamo raccolto diverse testimonianze di una giornata particolare, che i media di tutto il mondo hanno ribattezzato «la domenica dei 4 papi».

I BERGAMASCHI: CI SIAMO SVEGLIATI ALLE 4

«Ci siamo alzati presto, la sveglia ha suonato alle 4. Ci siamo preparati all’evento attraverso convegni, conferenze, oratori musicali. Abbiamo rivisto Monsignor Marco Frisina, direttore del Coro della diocesi di Roma che ha partecipato alla Santa Messa per la canonizzazione. Abbiamo visitato la tomba di Papa Roncalli all’interno di San Pietro». Valter Dadda, segretario della Fondazione Papa Giovanni XXIII è a Roma per la santificazione dei 2 Papi dallo scorso 25 aprile. Insieme a un gruppo di 20 bergamaschi tra i quali Alessandro Invernici, addetto stampa della Fondazione e perfetto cronista dell’evento, Valter si trovava in Piazza San Pietro alle prime luci dell’alba. «Indimenticabile l’abbraccio di questa folla enorme, silenziosa e composta che arrivava fino in fondo alla Via della Conciliazione. Papa Francesco era visibilmente commosso quando ha raccolto dalle mie mani il reliquiario, l’ha baciato e me l’ha restituito perché lo potessi portare all’altare. Una giornata da ricordare per sempre. Il cuore della cristianità pulsa attraverso i miliardi di fedeli che hanno assistito dal televisore alla celebrazione». Suggestive le parole di don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII che ha consegnato al Santo Padre un reliquiario contenente un frammento di pelle di Papa Roncalli. «Il cuore della cristianità pulsa attraverso i miliardi di fedeli che hanno assistito dal televisore alla celebrazione» ricorda. Tra i tanti fedeli davanti allo schermo anche Mario Dotto, professore d’Inglese in pensione del prestigioso Istituto Massimo di Roma: «Ho appena assistito a un evento universale, grandioso, l’umanità che accorre sotto il segno di una fede e di una tradizione. Ho ripensato ai miei primi anni di vita vissuti sotto il Cupolone. Negli anni Trenta c’era sempre un dirigibile sopra il cielo di Roma che forse serviva per i rilievi atmosferici dell’epoca, chissà. Una visione religiosa ma nello stesso tempo una visione civica di gente che viene da tutto il mondo a popolare questa piazza che possiamo definire veramente mondiale. Il momento più emozionante della Messa è l’elevazione ma questa volta il momento clou è stato quando Papa Roncalli e Papa Wojtyla sono stati proclamati Santi. Proprio per assistere a questo istante tanti pellegrini sono venuti anche in bicicletta e anche a piedi, in un mese percorrendo 70 km al giorno. Quindi sì, posso dire di aver assistito a momenti bellissimi di edificazione e di contatto popolare e internazionale. Ho fatto mia la frase di Andrea Riccardi intervistato su Rai 1 durante la cerimonia di canonizzazione “Da questa giornata traggo un grande messaggio di speranza: la Chiesa è popolo».

IL CRITICO TELEVISIVO

Davanti allo schermo c’era anche il critico televisivo Mariano Sabatini, perché «non si poteva non seguire la cerimonia, volendo rimanere ancorati allo svolgersi di eventi che cambiano la percezione del tempo, che modificano il comune sentire e inducono riflessioni profonde. Anche irrituali per molti. L’evento in sé avrebbe significato poco se non fosse stato supportato dalla gran messe di simboli, messaggi, emozioni… io l’ho seguito per dovere professionale ma, confesso, anche per l’afflato di simpatia e ammirazione nei confronti di papa Francesco. Lo dico da uomo di cultura cattolica, non praticante e molto critico con certe posizioni della curia romana».

Tutti ricordano la grande capacità comunicativa di Papa Wojtyla ma anche Papa Roncalli con il famoso discorso alla Luna dell’11 ottobre 1963 si fece ricordare per sempre come un Pontefice comunicatore. Che cosa ne pensa?

«Credo che non possa esistere un pontefice privo di certe capacità. Ed è anche vero che la figura è talmente carismatica da riuscire a imporre nuovi modelli e stilemi comunicativi. Papa Ratzinger, tanto per dire, non aveva gli slanci empatici di Francesco eppure è stato ed è molto amato. La gente ha imparato ad apprezzare in lui il rigore dello studioso delle sacre scritture. Ci sono momenti, tuttavia, in cui anche un papa può essere particolarmente ispirato. Il celeberrimo discorso della luna cui lei faceva riferimento mi dà i brividi ogni volta che lo ascolto, come pure il “convertitévi” di Wojtyla ai mafiosi».

Papa Francesco, con la sua personalità e il suo stile semplice e diretto ha rivoluzionato la Chiesa. Che cosa ha pensato quando Bergoglio si presentò la sera del 13 marzo 2013 ai fedeli e al mondo dicendo: “Buonasera”?

«Che si è rivelato per quello che vuole essere: un parroco, un padre, un pastore di anime… un uomo di commovente semplicità. Per questo tanto più incisivo e potente nell’imporre la propria visione».

Secondo il suo parere, quali sono i punti forti e deboli dei media cattolici?

«I punti di forza sono chiari a tutti, il principale è il carattere tematico che può contare su un target solidissimo, diciamo così, inscalfibile. Il successo di ascolti di Tv2000 o la diffusione di un settimanale come Famiglia cristiana, tanto per fare degli esempi, ne sono la riprova. Il vulnus dei medesimi media è, del resto, una certa autoreferenzialità e una certa propensione a evitare il libero confronto, anche con delle clamorose contraddizioni. Se posso dare una testimonianza personale, per il mio ultimo libro, È la tv, bellezza!, che conteneva un capitolo sulla trasmissione di Ratzinger a confronto con i fedeli in A sua immagine, RadioInblu non ha voluto intervistarmi, mentre ho avuto interviste di Fausta Speranza su Radio Vaticana e poi un invito a Nel cuore dei giorni su Tv2000. La mia era una riflessione pacata come lo è questa, eppure, a differenza di altre volte, per altri miei libri, hanno posto il veto sul mio nome. Tutto ciò in scarsa consonanza con la parresìa citata oggi da Papa Bergoglio».

IL VATICANISTA

Enzo Romeo stamattina non si trovava in Piazza San Pietro ma negli studi del Tg2 a Saxa Rubra: «non ho partecipato alla Messa, perché sono rimasto in Rai a coordinare il tutto. I colleghi mi hanno riferito che l’atmosfera era tranquilla. Solo questa mattina prima dell’alba ci sono stati dei momenti difficili. Era stato deciso di aprire le transenne alle 5 per far entrare la gente in piazza ma c’era già talmente tanta gente a quell’ora che si era creata ressa. La folla spingeva sulle barriere quindi chi si trovava lì vicino rischiava di rimanere schiacciato. Da qui la decisione di aprire prima i passaggi. Il clima era tranquillo, ieri sera la gente pregava, diceva il rosario, c’era anche una preghiera proposta dallo speaker dagli altoparlanti».

Desidera commentare la frase di Papa Francesco che ha definito i due Papi Santi come “uomini coraggiosi, non si sono fatti sopraffare dalle tragedie”? 

«Sono due uomini che hanno attraversato il Novecento, il secolo più tremendo della storia dell’umanità: il cosiddetto “secolo breve”, il secolo delle due guerre mondiali ma anche del progresso scientifico, della grande velocità tecnologica, dell’accelerazione della storia. Angelo Roncalli e Karol Wojtyla hanno segnato e sono stati segnati da questo secolo. Credo che la frase di Bergoglio andasse in quella direzione. In un secolo così drammatico due figure di riferimento come queste hanno dato un contributo di pace, di profondità umana e religiosa».

Possiamo dire che la santificazione di Giovanni Paolo II chiude un processo iniziato il giorno dei funerali di Papa Wojtyla l’8 aprile 2005, quando il mondo intero chiedeva che il Pontefice appena scomparso fosse fatto “Santo subito”, come c’era anche scritto sui festoni e cartelli in Piazza San Pietro? 

«Sì, sono trascorsi nove anni, il processo è stato velocissimo. Allora ci fu questa richiesta popolare, abbastanza organizzata, bisogna riconoscerlo, non fu del tutto spontanea, del cosiddetto “Santo subito”. È anche vero che la popolarità di Wojtyla con il suo lungo pontificato durato circa 27 anni, con i suoi viaggi e con la sua empatia, effettivamente lasciava un ampio margine a una strada così veloce. Papa Francesco però, ha voluto mettere a fianco a questa figura quella di Giovanni XXIII che è appartenuta a un’epoca precedente, ma che è stata un’epoca fondamentale per la Chiesa. Sto parlando del Concilio Vaticano II, il cambiamento, l’apertura, che ancora va effettivamente applicata. Di tutto questo Papa Francesco si rende conto, per questo ha voluto mettere questo modello, il modello di Roncalli, accanto a quello di Wojtyla. Colui che ha aperto la Chiesa al cambiamento, Roncalli, e colui che ha cercato di rendere questa Chiesa missionaria, Giovanni Paolo II».

Giovanni XXIII non solo Papa colto e simpatico, ma anche raffinato politico e fine diplomatico. Ce ne vuole parlare? 

«A volte noi dimentichiamo, fissi come siamo sullo stereotipo del “Papa Buono” che Roncalli è stato un Papa che ha lavorato a lungo per la diplomazia del Vaticano. Naturalmente ha lavorato a suo modo, con il suo stile che era uno stile di umiltà e di attenzione agli altri, agli ultimi, così ha fatto in Bulgaria costruendo tutta una rete di fiducia, di rapporti positivi con la Chiesa Ortodossa e allora le distanze erano ancora enormi. Lo stesso fece in Turchia aprendosi al mondo islamico. Non dimentichiamo anche tutto quello che Roncalli fece per salvare gli ebrei durante la II Guerra Mondiale. È stato un grande diplomatico, a un certo punto Pio XII chiamò Roncalli, appena terminata la II Guerra Mondiale, al ruolo di nunzio in Francia che allora era la nazione di riferimento per la Chiesa. La Francia usciva divisa dal conflitto, c’era un clima da pacificare, sembrava una missione impossibile, invece Roncalli con i suoi modi bonari, con il suo atteggiamento evangelico riuscì a mettere d’accordo De Gaulle e quella parte di Francia che era scesa a compromessi con i nazisti affidandosi al Maresciallo Petain. Erano coinvolti anche tanti vescovi, lì si rivelò la bravura di Roncalli che era stato scelto da Pio XII come un ripiego, all’ultimo momento. Invece in quel frangente il futuro Giovanni XXIII dimostrò tutta la sua capacità di lavoro e di cuore».