A.A.A. cyber-evangelisti cercasi: anche il web ha un’anima

“Osa sempre, esci dagli schemi, ama più che puoi”. E’ uno dei tanti slogan che abbiamo sentito al Social Media Marketing day a Milano, nell’auditorium del Sole 24 ore: una giornata in cui oltre mille professionisti della rete, dei settori più svariati, si sono riuniti per fare il punto sulle tendenze più importanti della comunicazione (e del business) che viaggia attraverso i social. Abbiamo voluto esserci per capire, per imparare a conoscere nuovi strumenti, per aprire gli orizzonti su un continente che è ancora, per molti versi, inesplorato, come giustamente ha detto padre Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti sociali, al convegno del Santalessandro “#La Chiesa, internet e i social network” che si è svolto nei giorni scorsi in Sala Piatti.
Perché partire da lì? Perché in quello slogan ci sono le caratteristiche fondamentali richieste a chiunque voglia “abitare” la rete con successo, ma diciamo meglio, con qualche speranza di essere ascoltato: servono coraggio, creatività, emozione. Serve la fatica di “metterci la faccia”. Che cosa ha a che vedere tutto questo con noi e con la Chiesa? Moltissimo. Già ritroviamo infatti in questo “stile” di presenza molto di quello che appartiene alle comunità cristiane reali: il coraggio di essere fedeli a Cristo e al Vangelo, la creatività per esprimere questa fede e questi valori nel modo migliore possibile, l’amore che è il motore di qualunque azione si voglia intraprendere. E poi la fatica di essere testimoni esponendosi in prima persona, con la vita. Se quindi da un lato internet e i social network spaventano le comunità, le parrocchie, i preti, i religiosi, molte persone, perché sembrano un’enorme perdita di tempo, o un confuso coacervo di opinioni più o meno sgradevoli, o un posto dove è più facile sentir gridare, insultare o giudicare che parlare, ecco la sorpresa: no, questo posto sembra fatto apposta per “evangelizzare”, cioè per portare il vangelo fino ai confini del mondo. Rinunciare è un peccato, l’ha detto anche Papa Francesco, che è diventato un modello con i suoi selfie, così capace di “accorciare le distanze” e di amplificare sul web il suo stile evangelico. Ma anche esserci in modo sventato, senza prepararsi, senza conoscere, senza usare i mezzi come si deve è un peccato.
I termini possono sembrare ostici: bisogna imparare a conoscere linguaggi, strumenti, motori di ricerca, ed essere consapevoli per esempio che anche i social hanno luci e ombre, e che pongono dei limiti alla “democrazia” nella circolazione dei contenuti, anche solo per logiche di profitto, come ha spiegato l’organizzatore del Smmdayit Andrea Albanese, comunicatore esperto, blogger,  giornalista, social media manager.
Eppure ci colpisce positivamente l’idea che ognuno, su internet, possa raccontare le proprie storie, che diventi insomma, in qualche modo, testimone, e che per essere credibile debba avere una solida reputazione, e far circolare contenuti di qualità: in questa tendenza ci ritroviamo, sentiamo che, come cristiani, possiamo essere in sintonia e raccogliere la sfida, anzi, assecondarla, influenzarla perfino, se troviamo abbastanza audacia, se creando un “network”, una cerchia, una rete, comunque vogliamo chiamarla, insieme, diventiamo forti. Anche questo è un aspetto che ci stupisce e ci interessa: anche in internet è importante essere una comunità, basata su legami veri, non solo fatui, virtuali, anche se il linguaggio dev’essere appropriato, e come dice il primo teorema del blogger Rudy Bandiera, “Su cinque cose che dici, fai che almeno quattro siano divertenti” perché allora sì avrai abbastanza attenzione per essere ascoltato quando dirai qualcosa di serio. Anzi, qualcosa di serio, di profondo e di complesso puoi dirlo anche usando un registro leggero. A questa necessaria attenzione al linguaggio ha dedicato spazio l’intervento di don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, al nostro convegno.
Mentre gli esperti si sforzano di trovare strumenti che misurino elementi come la reputazione e la qualità, mentre i motori di ricerca affinano criteri di selezione che valorizzano le persone rispetto ai marchi (perché in rete più che mai la comunicazione avviene tra persone) noi siamo rimasti colpiti da un’immagine: un violino deve avere un’anima, un piccolo cilindro di legno che a un primo sguardo nessuno nota nello strumento. Senz’anima il violino non suona. E così i social senz’anima non funzionano: la comunicazione in rete è intessuta di emozioni, di esperienze, di idee, di pensieri. Il futuro lega strettamente reale e virtuale, che non esistono uno senza l’altro. Le second life hanno fatto il loro tempo, è venuto il momento degli uomini veri, capaci di confrontarsi e possibilmente di costruire qualcosa. E qui sì che uno sguardo cristiano può (e deve) incidere: con rispetto, gentilezza, costanza, ma con fermezza. Questo dossier raccoglie l’esperienza del nostro convegno e mette nuova carne al fuoco per alimentare il dibattito. Se ogni click è un sì, allora diteci di sì, ma fatevi sentire, perché anche in rete, come nella vita, nessuno è cristiano da solo, come ha detto ieri Papa Francesco all’udienza generale, e la squadra, la comunità, resta la dimensione più importante. Anche se è “cyber”.