Giacomo Poretti al santuario della Cornabusa: «Maria è una madre e ascolta tutte le nostre richieste…»

«”Maria è importante perché è importante chi ha un cuore grande” mi diceva la suora all’asilo, però a me non era molto chiaro il concetto perché al mio paese non funzionava davvero così, eh!». È con l’ironia che lo contraddistingue che Giacomo Poretti, noto attore del trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo”, ha intrattenuto il pubblico che ieri gremiva il santuario della Cornabüsa, a Cepino, allo spettacolo “Dove abita la Madonna”. A conclusione del festival DeSidera 2015, diretto da Gabriele Allevi e Luca Doninelli, l’attore milanese ha tenuto un monologo sulla madre di Gesù partendo dai ricordi d’infanzia. «La prima volta che ho incontrato la figura di Maria è stato a quattro anni, quando il 5 dicembre stavo realizzando il presepe con i miei genitori – ha detto Poretti durante lo spettacolo -. Le ultime cinque statuine da scartare dai fogli di giornale, che mia mamma aveva accuratamente ricoperto, erano le più importanti: l’asino e il bue che mi facevano sempre sorridere, Giuseppe con una faccia triste e avrei voluto che qualcuno nel presepe lo potesse abbracciare, Maria con uno sguardo giovane e sereno e poi Gesù che per venti giorni giaceva nel cassetto delle calze “perché nasce il 25 e non prima” mi ricordava la mamma mentre io con insistenza e per logica volevo metterlo vicino ai suoi genitori».

Per l’attore niente è casuale, nemmeno la sua permanenza estiva, da bambino, alla Colonia Resegone, proprio lì in Valle Imagna. Una vacanza «per bambini linfatici… sì, così diceva il medico alle mamme scoraggiate perché i figli erano gracilini, mangiavano poco e non crescevano, come me». Un soggiorno, durato un mese per due anni consecutivi, che per Giacomo era ricolmo di malinconia dei suoi genitori, ma del quale porta con sé anche il ricordo di una piccola grotta con la statua della Madonna, lì nella colonia. «Forse per richiamare questo santuario, ma sicuramente per ascoltare qualsiasi richiesta noi le facessimo, perché Maria è una madre e ascolta tutte le nostre richieste…» ha detto l’attore.

Nel monologo, condito di battute sull’Inter, squadra della quale è tifosissimo, non è mancato il riferimento alla Madonnina sul duomo di Milano. «È alta quattro metri ma tutti la chiamiamo Madunina, perché guardandola da sotto ci ricorda quella piccola del presepe, piccola e umile come era lei – ha detto -. Fino a decenni fa c’era il divieto di costruire edifici che la superassero, poi, una volta tolto, è stata superata dal Pirellone e successivamente il nuovo palazzo della Regione. Ci vien da dire che è la solita politica, ma per lei, la Madonna, è stata sicuramente una liberazione perché mai, e i vangeli ce lo insegnano, ha voluto essere sopra di tutti».

Giacomo ha coinvolto il numeroso pubblico per quaranta minuti, tra battute e ricordi, sostenendo che «la Madonna vive soprattutto nel cuore delle persone e la sua presenza cresce con il nostro ricordo e la cura che ogni persona ha per lei». Lo spettacolo si è concluso con una domanda, rivolta a Dio, ma la cui risposta è destinata soprattutto ai fedeli: «Come hai fatto, tu Maria, a far innamorare Dio di te?».

Giacomo si è soffermato  a lungo con i fans per le foto e gli autografi di rito. Uno spazio, prima dello spettacolo, è stato riservato anche a noi del Santalessandro.org e di seguito ecco che cosa ci ha detto.

Il grande pubblico la conosce soprattutto per “Aldo Giovanni e Giacomo”, però negli ultimi anni ha dimostrato grande impegno sul fronte individuale. Quale è stato il processo che l’ha portata a salire sul palco a parlare di Gesù e di Maria?
«Non è semplice rispondere sinteticamente alla domanda. Certe cose una volta che vengono seminate dentro rimangano lì e negli ultimi anni si sono create condizioni particolari perché potessero venire fuori, soprattutto a Milano dove ho partecipato ad alcuni eventi importanti che hanno dato modo di esprimere certe posizioni e di approfondirle anche col mio stile semi-ironico».

Questo è legato a un processo di fede?
«Certamente, certe cose si possono dire e affrontare solamente se vi è un’adesione alla fede, altrimenti si rischia di fare una comicità un po’ svincolata».

Com’è nata la sua collaborazione con DeSidera?
«Conosco molto bene con Luca Doninelli, poi ho conosciuto Gabriele Allevi. Sono due persone che stimo e quando mi hanno proposto questo progetto non ho esitato ad accettare».

Può raccontarci in sintesi dello spettacolo di questa sera “Dove abita la Madonna”?
«Non è un vero e proprio spettacolo, sono riflessioni, ricordi personali, riprese di alcuni interventi che ho già fatto a Milano e ho messo insieme queste cose e taluni ricordi personali che ho della Valle Imagna, in particolare la Colonia Resegone. Appena ho saputo che potevo esibirmi da queste parti non potevo dire di no».

Quanto c’è nello spettacolo di Giacomo-credente e quanto di Giacomo-attore?
Le due cose non si scindono, sono una cosa unica altrimenti sarei schizofrenico.

Lei è cresciuto in oratorio e poi ha ripreso da adulto il percorso di fede tramite i Padri Gesuiti, ha qualcosa di dire ai giovani? Anche in quanto papà?
«È imbarazzante ergersi come qualcuno che ha da dire qualcosa a qualcun altro. È un momento particolare per i ragazzi e avendo un figlio piccolo percepisco la difficoltà di essere papà e di essere guida. L’ascolto reciproco è fondamentale».

Qualche aspetto che l’ha colpita di questo santuario?
«Adesso lo sto vedendo in ambito teatrale, ma tornerò un’altra volta, non come attore, per respirare e percepire il silenzio particolare di quel luogo».