Storia, arte e fede: quando le pietre accendono una luce nel cuore

Ormai da alcuni anni accompagno giovani e adulti alla scoperta del Museo e Tesoro della Cattedrale. Molto spesso sono giovani e adulti delle parrocchie della diocesi, che uniscono alla visita alla chiesa cattedrale una tappa in museo. Con gruppi di questo genere capita spesso di ascoltare più di spiegare, di raccogliere ricordi più che di elencare cronologie. Nel tempo mi sono convinto che accompagnare significa anche far sorgere curiosità e interrogativi, proporre inediti spunti di riflessione, e, ogni tanto – e quando accade è una grande soddisfazione- suscitare il confronto con le vicende di una Chiesa che ha testimoniato il Vangelo nella storia.  Condurre un gruppo di adulti di una parrocchia nel Museo e Tesoro della Cattedrale di Bergamo è primariamente compiere insieme a loro un itinerario lungo più o meno 45 metri- così misurava l’antica basilica di San Vincenzo-  che in realtà è la biografia della porzione di Chiesa che ha vissuto e vive a Bergamo. Accompagnare qualcuno in Museo, è inoltre, avere la fortuna di vedere negli occhi dei visitatori lo stupore della scoperta di un luogo intimamente legato al vissuto ecclesiale, che documenta visibilmente il percorso fatto lungo i secoli dalla Chiesa nel culto, nella catechesi, nella cultura e nella carità. E quanti confronti nascono con chi si sente inserito e impegnato in questo percorso, che in Museo trova narrati i suoi inizi e che il  visitatore sente tutt’ora in divenire.

LA SFIDA DEI PIU’ GIOVANI

Non poche comunità parrocchiali inseriscono la visita alla Cattedrale e al suo Museo nell’itinerario di catechesi dei bambini e dei ragazzi. Per chi accetta di accompagnare i più giovani in questo itinerario, il compito non è semplice. Il rischio di sconfinare in ambito scolastico e di intrattenere i pazienti bambini con una lezioncina di storia è sempre in agguato. Forse non saranno coscienti dei secoli di storia che hanno davanti agli occhi, ma non sarà certo una visita di poco più di un’ora a salvarli. La posta in gioco con loro non è far sì che ricordino tutte le fasi esecutive della decorazione dell’iconostasi. Quando si accompagna un ragazzo che si sta preparando a ricevere la cresima la posta in gioco è molto più alta. Si tratta di far nascere in lui un sentimento quasi di affetto nei confronti dei resti dell’antica cattedrale, che raccontano storie di uomini che nei secoli hanno contribuito all’edificazione del Regno di Dio tra le case degli uomini. Di rendere concreta questa intuizione: come le pietre continuamente riutilizzate nei secoli per costruire la cattedrale così i cristiani da sempre sono chiamati a costruirsi nel tempo come casa di Dio tra gli uomini. La sfida da accettare è quella di rendere i ragazzi protagonisti di un viaggio nel tempo che li porta a rendersi conto di un annuncio che oltrepassa i secoli e che vive fino ad oggi. Ricordo un ragazzo di 12 anni, che ha visitato con il suo gruppo di catechesi il Museo della Cattedrale la vigilia della sua Cresima e che al termine della visita mi ha detto: “Ora tocca a noi andare avanti, così tra 1000 anni troveranno ancora qualcosa”. E non credo si riferisse solo a pilastri, architravi e mosaici.

LE INSIDIE DEI PIU’ GRANDI

Durante la visita al Museo e Tesoro della Cattedrale non di rado ho avvertito il sorgere di un dubbio, più o meno espresso, che suona più o meno così: “Chissà se anche noi oggi saremmo capaci di costruire tutto questo, così bene e così bello …” È una reazione umanamente comprensibile: il sentirsi  quasi sopraffatti da una storia gloriosa, spesso deformata dalle lenti della nostalgia nei confronti dei tempi andati. Ma la visita ad un Museo e in particolare ad un Museo ospitato negli scavi della prima cattedrale della città, non può risolversi nella contemplazione del passato, deve, anzi, infondere nuove energie per scrutare il futuro. Proprio per questo concludo quasi sempre la visita in museo leggendo poche righe tratte da Opus Florentinum, una delle ultime creazione poetiche di Mario Luzi, dedicata alla costruzione della Cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore. Con queste parole il vescovo introduce il rito della posa della prima pietra della nuova cattedrale: “Noi da oggi tutti quanti fabbrichiamo con le mani e con la preghiera una casa grande, in quella sarà il laboratorio delle anime nostre e l’opificio preparato per la prova delle generazioni nuove che dopo questa si succederanno. Allietiamoci, esultiamo. Seminare, edificare è la più grande offerta dell’ uomo all’uomo, del tempo al suo domani e insieme la più umile testimonianza del divino che in lui uomo cova ed è. Edificare! Edificare!”. Mi piace salutare coloro che ho accompagnato con queste parole che suggeriscono che un edificio lo si costruisce per il domani, per le generazioni future. Così anche la Chiesa. Agli adulti di oggi il compito di abitare la Chiesa e di continuare a renderla accogliente, come lo è stata per gli ultimi XV secoli.