Diario aperto dalla prigione: nel carcere di Bergamo nasce una rivista

C’è una “O” particolare in quel titolo. E’ una O aperta. Perché è formata da due parentesi (), che non si toccano del tutto, c’è dell’aria, dello spazio. E proprio “SPAZI(). Diario aperto dalla prigione», è il nome della rivista quadrimestrale nata nella casa circondariale di Bergamo. «È un diario delle attività svolte, delle riflessioni, dei pensieri – spiega Paola Suardi, dell’agenzia Alterego-Informa, che si è occupata del concept grafico – E la “o” aperta fa pensare a tante cose, innanzitutto che ci si vuole aprire e magari fa immaginare anche alle sbarre delle celle che si allargano». «La “o” aperta è una provocazione non verso il carcere, ma verso la società esterna – spiega Antonio Porcino, direttore della casa circondariale della città – La “o” aperta è ingresso e uscita. La società non può pensare di “liberarsi” del problema rinchiudendolo, ma “se ne libera” attraverso la realizzazione di processi di risocializzazione e rieducazione, che vuol dire restituire una persona diversa alla fine della pena».
Ed ecco che Spazio si inserisce in questo percorso. La sfida della rivista è migliorare e ridare fiducia alla vita attarverso il valore trasformativo delle parole. La redazione della rivista è formata da detenuti e detenute che seguono con continuità il laboratorio di scrittura di esperienze che Adriana Lorenzi conduce da 12 anni nella casa circondariale.
«La rivista dà voce alle persone detenute, uomini e donne, che scrivono articoli per farsi ascoltare dal mondo esterno, da un pubblico lettore che da casa prova a prefigurarsi la realtà carceraria e dare un volto ai detenuti per evitare che siano solo ‘reati che camminano’» spiega Lorenzi, che si occupa anche della direzione editoriale della rivista. Il valore del laboratorio e della redazione si manifesta anche attraverso gesti e parole che Lorenzi condivide con noi: «Chi fa parte della redazione si presenta come “redattore” e la soddisfazione si trasmette anche nell’inviare a casa copia della rivista – racconta -. Scrivere nella redazione è diventata l’occasione per i detenuti di non essere solo persone carcerate, ma soggetti impegnati in un progetto culturale che implica lettura di libri, scrittura di articoli e riflessioni attorno a diversi temi». Tutto è nato a partire dalla lettura di un libro: «Vuol dire che ha funzionato – prosegue – ci sono anche degli ex detenuti che hanno partecipato al laboratorio e una volta fuori hanno continuato a chiedere temi sui quali scrivere». Con il laboratorio «molti hanno scoperto la bellezza della lettura, dicendomi con gioia che sono riusciti a finire un libro, e l’interesse per lo studio, soprattutto coloro che prima facevano di tutto per non studiare».
Il laboratorio propone anche gli incontri con scrittori e personalità della cultura: «Una volta uno mi disse che era contento perché era stato considerato alla pari dall’ospite ed era emozionato perché aveva risposto alla sua domanda». La rivista si inserisce nelle esperienze significative nel carcere: da un lato ci sono quelle di inserimento lavorativo, dall’altro, come questo caso, quelle di riscatto culturale «per aiutare a passare dall’irresponsabilità alla responsabilità delle loro azioni, da relazioni degradanti a rapporti costruttivi con i compagni, colleghi e gli agenti di sicurezza, dall’espiazione della colpa all’impegno per una seconda possibilità di vita. Il cambiamento in positivo di molti detenuti costituisce il più naturale ed efficace antidoto per contrastare l’illegalità possibile una colta scontata la pena».
Il carcere può anche, continua Lorenzi: «Aiutare la società a considerare il male e a non nasconderlo, a curarlo, spingendolo verso il bene, e può farlo perché in carcere qualcuno è riuscito davvero a spezzare la catena di quel male, assumendosi responsabilmente la sua parte di colpa e investendo su una nuova possibilità di vita».
L’impronta di “Spazi()” è letteraria e diaristica, «non è uno strumento rivendicativo sulle condizioni di vita carceraria», precisa Lorenzi. Sfogliando il numero 1, quello di novembre, successivo al numero 0 di luglio, si possono trovare pensieri e riflessioni su diversi temi come la gratitudine, storie personali, ricordi, recensioni, risonanze dopo l’incontro con un autore. Ad esempio quello con Marcello Fois: «Un uomo di notevole cultura – scrive Andrea – che non ha assunto alcuna posizione di superiorità cosa che avrebbe potuto fare visto che io sono prigioniero in un carcere e macchiato sotto il profilo giudiziario e, diciamolo fino in fondo, con scarse possibilità di farmi tenere in considerazione». «È stato uno dei pochi incontri – sono le parole di Antonio – che mi ha lasciato dentro tanta voglia di ricominciare e non arrendermi mai!». «Spero di avere altri incontri come questo e sarebbe meglio che fossero fuori da qui. Anzi, cercherò di frequentarli fuori più assiduamente. Mi sono accorto che ora fuori mi piacerebbe fare quello che prima evitavo per un arricchimento culturale personale», ha commentato Fhamti. E in questo numero compaiono tra le firme anche un lettore esterno, volontari e studenti che partecipano ad alcune arrività organizzate dall’amministrazione penitenziaria, anche una vice ispettrice e Valentina Lanfranchi, presidente del Comitato Carcere e territorio. Il successo dell’iniziativa sta anche nello scambio tra carcere e città. A sostenere e credere nella rivista c’è il Comune di Bergamo, l’Amministrazione penitenziaria, Comitato Carcere e territorio e la Fondazione Credito Bergamasco. Quest’ultima ha deciso che la 19a edizione di «Dai Credito alla Solidarietà» sarà dedicata alla rivista. Lunedì 21 alle 21 al Teatro Donizetti è in programma il tradizionale concerto gospel, in occasione del Natale. Ad esibirsi  saranno «The Harlem Voices featuring Dr. Eric Turner» e la finalità della serata sarà sostenere il progetto (i biglietti da 20, 15 e 10 euro sono in vendita alla biglietteria del Teatro Donizetti e sul sito www.vivaticket.it). Chi vorrà, già in quella occasione, potrà prendere copia della rivista. Altre modalità per poter leggerla in formato cartaceo sono: contattare Adriana Lorenzi scrivendo a lorenziadriana@gmail.com, recarsi al Credito Bergamasco o al Comitato Carcere e Territorio. Per sostenere il progetto è possibile fare una donazione ad offerta libera anche tramite Iban IT98S0542852480000000072323.