San Nicola, Sant’Ambrogio e il calendario dell’avvento. Alle radici delle tradizioni natalizie

Se fino a qualche tempo fa si avvertiva un po’ di confusione sul Natale, tra albero e presepe, tra la nascita di Gesù e l’arrivo notturno del panciuto Babbo in calzamaglia rossa; negli ultimi giorni pare che ci sia un latente senso di smarrimento. Sembra che il Natale sia diventato un generico numero venticinque colorato di rosso sul calendario e, di conseguenza, il periodo di Avvento sia solo un anticipo delle ferie invernali con la ‘settimana bianca’ alle porte. Un’involuzione che ha colpito anche i canti della tradizione cristiana, sostituiti da qualche melodia pop ben distante da ciò che possa ricordare il sacro. Eppure, le tradizioni fanno parte della storia dell’umanità, costituiscono il legame tra l’uomo e le proprie radici.

Proprio in questi giorni il calendario ricorda due santi legati, in qualche modo, al periodo natalizio: San Nicola di Bari e sant’Ambrogio. San Nicola, manco a dirlo, è il santa Claus della generazione americana; quel simpatico omone sorridente che la notte di Natale distribuisce i doni. In realtà l’iconografia tradizionale è ben lontana dalla figura in sovrappeso con la giubba rossa, ci mostra invece l’immagine di un vescovo un po’ ieratico ma dal volto paterno con una folta barba e che impugna con fermezza un pastorale e porta tre sfere d’oro in una mano. Originario di Myra in Asia minore, visse nel IV sec. d.C., viene ricordato e venerato soprattutto per i miracoli verso i bambini poveri e, benché legato alla città di Bari, il culto ebbe enorme diffusione quasi in tutta Europa, attirando anche l’attenzione degli artisti. Di particolare bellezza sono i quattro pannelli custoditi nella Galleria degli Uffizi a Firenze, realizzati intorno al 1334 dal senese Ambrogio Lorenzetti. I comparti, che si caratterizzano per la loro scioltezza narrativa, riproducono gli avvenimenti della “Resurrezione di un bambino”, del “Salvataggio di Myra dalla carestia con l’essiccazione e la moltiplicazione dei sacchi di farina caduti in mare”, del “Regalo della dote alle tre vergini” e la “Consacrazione di san Nicola come vescovo”. Il più noto episodio è quello della dote delle tre vergini, da cui è nata la tradizione dei doni natalizi: la storia parla di tre fanciulle poverissime che il padre aveva deciso di vendere come schiave o avviarle alla prostituzione, salvate grazie all’intervento di Nicola e del suo prezioso regalo. Ambrogio Lorenzetti, artista tanto geniale quanto anarchico, nel rappresentare l’episodio sovverte il sistema di costruzione prospettica giottesca e si sofferma sulla minuziosa descrizione dei dettagli e sulla caratterizzazione espressiva dei volti: definisce una stanza che si apre attraverso un porticato verso lo spettatore, povera ed essenziale nell’arredamento; all’interno le tre donne dal volto tristissimo che attendono la loro sorte. Di fianco, lungo il muro che taglia in obliquo la scena, è raffigurato san Nicola mentre poggia, sostenendosi sulle punte dei piedi, su una piccola finestra che si apre tra le mensole dei balconi, tre sacchetti di lana con le sfere d’oro.

Ma andiamo dal Sud al Nord dove Sant’Ambrogio, Dottore della Chiesa è intimamente legato alla chiesa milanese. Vissuto anch’egli nel IV sec. d.C. e avviato alla carriera diplomatica, divenne vescovo per acclamazione del popolo. La più antica immagine è situata lungo una parte del sacello della chiesa di San Vittore a Milano. Il mosaico, che probabilmente recupera un ritratto coevo di Ambrogio governatore della Liguria, attraverso la fitta trama di tessere blu e marroni, definisce con precisione fotografica la figura del santo che indossa abiti civili e ci appare come un uomo raffinato e dotato di spiccata sensibilità. L’agiografia ricorda soprattutto l’episodio penitenziale che impose la notte di Natale all’imperatore Teodosio I, reo di un massacro verso la popolazione di Tessalonica. Ma Ambrogio fu autore anche di uno dei più importanti e antichi canti natalizi “Intende, qui regis Israel”, dalla grande portata dottrinale e teologica dove, in otto strofe, viene ricordata la nascita e la duplice natura del Cristo. Recuperato il filo della nostra storia pare forse che la confusione possa lasciar spazio alla tradizione, perché le tradizioni non sono leggende con un fondo di verità, ma verità storiche sostenute dalla Fede.