La sindrome di Noè. Nella mia parrocchia c’è di tutto, come nell’arca

Ho già parlato di quel mio amico che, per quanto amico, ogni tanto prova gusto a provocarmi. Giorni fa mi blocca e:

“Di’ un po’: come ti senti da parroco con questi chiari di luna?”.

“Mi sento come Noè nell’arca” gli rispondo secco con malcelato sarcasmo.

“E cioè?” mi chiede lui non capendo.

“Sarebbe a dire – gli spiego – che mi sento esattamente come il capitano dell’arca che, durante il diluvio, doveva dar retta a tutte le bestie imbarcate sul suo natante, tener conto dei bisogni e della psicologia di ciascuna e governarle in modo che non si sbranassero a vicenda”.

“Mica male come paragone, ma spiegati meglio”.

“Mio caro, nelle conversazioni a quattr’occhi e perfino in confessionale, i nostri fedeli (parlo di quelli, non di altri) mi fanno spesso pensare ad un campionario di posizioni degno proprio dell’arca”.

“Parla, parla!” insistette l’ispido amico con goduriosa curiosità.

NELL’ARCA C’È TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO

“Ecco! Prendiamo la faccenda del Califfato. C’è per cominciare chi ritiene il Califfo un nemico dell’umanità e chiede che nelle preghiere per la pace si intoni contro di lui il salmo 109”.

“Che c’è di speciale anti-Califfo in quel salmo?” vuol sapere il curiosone.

“Si dice, tra l’altro, al Signore di fare in modo che la moglie dell’empio resti vedova e i suoi figli orfani; che nessuno gli usi misericordia e nessuno abbia pietà dei suoi orfani”.

“Perbacco! Mica ci vanno leggeri i tuoi clienti”.

“Eh, sì. Ma poi c’è anche chi invece vede lo stesso Califfo come il leader della riscossa del terzo mondo nei confronti dell’occidente opulento, materialista, sfruttatore e baro. Stando a questi, per il novello Robin Hood dovrei intonare il salmo 144”.

“Che dice…?”.

“Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia… Suonerò per te sul decacordo; a te, Signore, che dai la vittoria al tuo consacrato”.

“Non riuscirei mai a pregare così per quel figuro. E per Obama niente?”

“No, no. Anche per lui c’è varietà di posizioni. C’è chi lo vede come la reincarnazione, sotto altra bandiera e con mutamento di sesso, della Pulzella di Orleans, l’eroica Giovanna d’Arco, che si batteva virilmente per cacciare dalla Francia gli Inglesi invasori. Per altri ancora è il nuovo Carlo Martello, che ferma con le armi il dilagare devastatore dell’Islam. Per questi, l’intrepido Matamoros va sostenuto con il Rosario, perché si sa che, da Lepanto in poi, questa è l’arma per sconfiggere la Mezzaluna. Per altri invece Obama è uno sporco guerrafondaio, per il quale non c’è preghiera più adatta di quella che parte dalla meditazione della pagina biblica di Caino”.

“Niente male davvero come varietà di campionario” osserva il picaresco interlocutore.

IL PARROCO CON CHI STA?

“Non è ancora finita! – continuo io -. C’è chi vorrebbe che mi schierassi apertamente e profeticamente per il disarmo totale, anche unilaterale se occorre, e chi invece mi domanda di sostenere nella preghiera dei fedeli i nostri ragazzi sotto le armi nelle cosiddette missioni di pace, poveri figlioli.  A tutti questi vanno aggiunti coloro che mi rimproverano di non parlare abbastanza con i giovani dell’obbiezione di coscienza. Ma poi c’è anche chi mi trova molle nell’inculcare il senso del dovere verso la patria che chiama alla solidarietà e alla lealtà internazionale contro gli ingiusti aggressori. Ma, se do retta a questi, insorgono quelli che vorrebbero che denunciassi l’ipocrisia delle forze dell’Onu che impongono con le armi il rispetto delle sue risoluzioni a riguardo dell’Irak o dell’Iran e non muovono un dito per le risoluzioni sulla questione palestinese”.

E IL PAPA?

“E scommetto che non è ancora tutto”, insinua sornione il provocatore.

“Infatti. C’è chi si scandalizza perché il Papa si ingerisce, secondo alcuni di qua, secondo altri di là, sempre comunque a torto, secondo loro. Qualcun altro invece si stupisce perché, mentre il mondo va a catafascio, lui, il Santo Padre, la butta sulla misericordia e… chiede per favore di pregare per lui”.

“Quindi, se capisco bene, le bestie della tua arca non si dividono solo in rapporto ai problemi politici, ma anche per i loro rapporti all’interno della Chiesa”.

“Mi duole darti ragione, ma è così, ed è la cosa più triste”.

“E tu, novello Noè, che fai?.

“Che vuoi che faccia? Anche a mio riguardo le bestie dell’arca sono divise: c’è chi, ritenendomi aperto, mi vede come il miglior parroco del Regno di Dio e c’è chi invece per il mio conservatorismo, mi butterebbe a mare come fecero con il profeta Giona per punirlo della sua ottusità. Ad un certo punto, anche a me non resta altro che imitare il Papa che non si stanca di dire: ‘Per favore, pregate per me'”.