I media cattolici ai tempi di Papa Francesco: più audaci, più vicini alle persone. Al meeting nazionale un premio al Santalessandro

«Papa Francesco? È perfino troppo audace per noi giornalisti. Facciamo fatica a confrontarci con chi parla chiaro». Enzo Romeo, vaticanista Rai del Tg2, offre così una chiave di lettura del cambiamento che negli ultimi anni ha investito anche i mezzi di comunicazione del mondo cattolico, imprimendogli una cifra diversa, proprio grazie allo stile del Pontefice. È uno degli spunti suggestivi offerti dal meeting nazionale dei giornalisti cattolici “Pellegrini nel cyberspazio”, giunto alla terza edizione, che si è svolto nei giorni scorsi a Grottammare. Un meeting dal quale la redazione del Santalessandro ha riportato, idee, stimoli e dulcis in fundo anche un premio: quello dato alla nostra Sabrina Penteriani come «social reporter» della manifestazione.
Quanto a social network, Papa Francesco dà sicuramente l’esempio: con il suo account twitter @Pontifex può vantare un seguito di 9,46 milioni di follower. Anche questa presenza, discreta e insieme diretta, pervasiva, empatica offre la misura di un grande cambiamento. Un panorama nel quale anche i settimanali cattolici si ritagliano un ruolo, come “una foresta che cresce” in nuove direzioni, prima tra tutte la frontiera dell’informazione digitale, nonostante la crisi dell’editoria.

Dal meeting è arrivato l’invito a dare voce a chi non ne ha, e a offrire un volto umano dell’informazione, capace di offrire non solo cronaca ma senso, valore, coraggio. Capace, in un certo modo, di guardare i lettori negli occhi. “Dobbiamo essere voce di chi non appare – ha osservato Francesco Zanotti, presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) – . Su questo il Papa ci ha dato un aiuto incredibile. Bergoglio è un Papa che testimonia per primo con i gesti e le parole. Ci mette all’angolo tutti. Questa è una rivoluzione nel nostro mestiere, è la rivoluzione del Vangelo che è entrata nelle nostre case e nelle nostre redazioni. Tutti ci interroghiamo nelle redazioni su cosa vogliono i lettori. La gente vuole il Papa, perché lo sente vicino. Questo ci costringe a metterci in ascolto”. Un dato su cui riflettere. Tra i molti interventi al meeting anche quelli di Fabio Zavattaro, vaticanista Tg1, Vincenzo Morgante, direttore TGR Rai, e padre Gianni Epifani, curatore della trasmissione “A sua immagine”, Paolo Ruffini, direttore di Tv2000, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Circa l’attuale situazione di crisi è emersa la necessità di non rinunciare al presidio culturale rappresentato dai mezzi di comunicazione cattolici, che hanno un ruolo fondamentale: se sparissero verrebbe meno la voce di milioni di persone che, in tutta la penisola, proprio attraverso gli strumenti diocesani si esprimono, attingono le notizie di approfondimento, le opinioni, le voci delle comunità in cui si trovano a vivere e operare. La sfida è trovare il giusto equilibrio fra i diversi mezzi nazionali e locali, senza sovrapposizioni o inutili repliche. Ne è convinto il direttore del Sir, Domenico Delle Foglie. Di notizie locali ha parlato, invece, Ferruccio Pallavera, direttore de “Il cittadino” di Lodi, sottolineando l’importanza del presidio sul territorio.

Raccontare bene è l’altra sfida a cui sono chiamati i settimanali. «La gente vuole leggere storie ben narrate, quelle che emozionano e che coinvolgono maggiormente – ha sottolineato Massimo Calvi di Avvenire -. L’avvento dei media digitali ha rivoluzionato il modo di fare Story telling giornalistico. Ma non dobbiamo innamorarci degli strumenti, quello che raccontiamo deve anche dare speranza». L’algoritmo di Google ha proseguito Calvi «può aiutarci a rilanciare le notizie ma non ha odore». E quello che richiede invece l’informazione di oggi, e la Chiesa di oggi, è di giornalisti che sappiano essere prima di tutto umani. «La sfida per i giornalisti è recuperare la fiducia dei lettori – ha aggiunto Piero Vietti, caporedattore de Il Foglio – e aiutarli a orientarsi nel mare magnum delle informazioni, a cogliere quello che rimane». «I social – ha sottolineato Daniele Chieffi, pr di Eni ed esperto di comunicazione digitale – portano una rivoluzione culturale. I comunicatori non sono un’élite culturale, sono a servizio dei lettori». La professione cambia profondamente anche grazie a nuovi strumenti, come quelli illustrati da Elisabetta Tola di Google Italia. Cambia perché diventa molto importante il rapporto con i lettori, come ha raccontato Vincenzo Russo de Il Fatto quotidiano. Facciamo circolare (spesso senza esserne consapevoli) grandi quantità di dati che occorre raccogliere e interpretare, come ha chiarito Alessandro Chessa, dell’Imt di Lucca. I giornalisti in questo contesto – per non annegare nel flusso dello stream della rete – sono costretti a rimettersi in discussione, a ricostruire competenze e modalità di espressione e di lavoro, a cercare nuove strade di legittimazione. «A volte l’informazione è così veloce che non guardiamo più chi c’è dietro – ha avvisato il cardinale Edoardo Menichelli – I media cattolici, invece, devono mantenere una grande attenzione alla persona».

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