La laïcité e i credenti. In Francia e altrove

Foto: l’ex-presidente della repubblica francese, Nicolas Sarkozy

In Francia, dopo l’assassinio terroristico di P. Jacques Hamel, non si son viste sfilate di dimostranti con le scritte “Je suis Père Hamel” come si erano viste a suo tempo (e stava bene!) per Charlie Hebdo. A fare la differenza è stato il fatto che là era in gioco l’esercizio della libertà di opinione e di stampa (satira compresa), che, spregiudicata fin che si vuole, nel nostro mondo è sacra, mentre a St.Étienne s’è trattato (semplicemente) dell’eliminazione deplorevole certo, ma, in fondo, sopportabile, d’un vecchio esemplare d’una specie culturale in via di non lacrimata estinzione. Ma, oltre a ciò, qui soprattutto ha influito la famosa laïcité francese, di cui s’è parlato molto anche da noi.

LA LAICITÀ IN FRANCIA È SPECIALE, MA C’È CHI CANTA FUORI DEL CORO

Per intenderci, la laïcité, per la République, è la totale neutralità rispetto al fatto religioso ed è considerata un valore etico unificante e assoluto di tutta la vita nazionale. In Francia, chi mette in discussione la laicità non sfugge all’accusa di tradimento ai fondamenti etici della Repubblica.
Ma nel 2007 l’allora Presidente della laicissima Francia, in un suo famoso discorso a Roma, in Laterano, ha voluto correre questo rischio, attirandosi forti reazioni da parTe di intellettuali e di politici.
Egli, secondo tradizione, affermava che “nessuno può oggi negare che il regime della laicità francese sia una garanzia di libertà”. Ma poi aggiungeva: “Lo scudo della laicità non sembra più garantire la protezione assicurata in passato“. La scristianizzazione “non ha reso i francesi più felici”.
Quindi, a sorpresa, ha affermato che “la laicità di uno stato pluriconfessionale, non si onora negando alla religione un ruolo pubblico”. Infatti, una nazione che accantoni il patrimonio etico, spirituale, religioso della sua storia commette un crimine contro la sua cultura,.. ed equivale a perdere il senso di sé e a indebolire le fondamenta dell’identità nazionale. Bisogna perciò cominciare a pensare a una “laicità positiva”, che non considera le religioni un pericolo, ma una risorsa.
Sarkozy ammette (ovvio!) che esiste una morale umana indipendente dalla morale religiosa, ma poi aggiunge che la Repubblica laica ha tutto da guadagnare da una riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose, perché un’etica priva di riferimenti alla trascendenza è inevitabilmente esposta alle contingenze storiche. E, se c’è chi teme che ciò comporti una dipendenza della politica dalla religione, stia tranquillo, perché nella Repubblica laica non è che l’uomo politico debba decidere in base a direttive religiose, ma non si può negare che la sua riflessione e la sua coscienza possano essere illuminate dai pareri di chi ha convinzioni libere dalle contingenze immediate.

SEGNI PROMETTENTI DOPO IL SACRIFICIO DI P. HAMEL

Dopo l’assassinio di questo… “sopravvissuto” di un mondo ormai estraneo al laico panorama culturale della Francia, il Presidente Hollande ha telefonato personalmente al Papa e ha riunito all’Eliseo i rappresentanti di tutti i culti presenti in Francia, e ai funerali ha partecipato il ministro degli interni Cazeneuve. Tutti segni interessanti di attenzione pubblica per la realtà religiosa.
Ma dopo l’assassinio di P. Hamel, anche fuori dalle alte sfere, si è certo pensato al suo “peso” per l’oggi e il domani della Francia. Alla continuazione di tale riflessione possono servire le parole di Sarkozy ai preti nel suo discorso romano: “Offrendo in Francia e nel mondo la testimonianza di una vita donata agli altri e riempita dall’esperienza di Dio, voi create speranza e sviluppate sentimenti nobili. È un’opportunità per il nostro Paese e da Presidente la considero con molta attenzione”.

QUALE FUTURO

Per Sarkozy, l’abbiamo visto, smarrire le proprie radici equivale a perdere il senso di sé e a indebolire le fondamenta dell’identità nazionale.
In questa prospettiva, è innanzi tutto chiaro che i cattolici francesi, preti e laici, devono per primi darsi una mossa. Dappertutto, ma specialmente in Francia, non è questo il tempo dei cristiani da salotto o da divano, come li chiama il Papa. Sempre Sarkozy diceva: “La Francia ha bisogno di cattolici felici che testimonino la loro speranza…, ha bisogno di cristiani pienamente attivi”.
Poi però anche la Francia, nel suo stesso interesse, pur seguitando a suonare la sinfonia della laicità, dovrebbe cambiare chiave e passare da un fa negativo a un bel sol positivamente mosso.