Le danze di pasqua. “Veramente è risorto”

La Pasqua a Taizé. La veglia del sabato santo e le danze, alla fine

A diciotto anni ho iniziato a salire a Taizè, la comunità monastica fondata da Frere Roger Schutz. Con alcuni amici si partiva il mercoledì e si viveva il triduo della settimana santa sulla collina in Borgogna. Ricordo la liturgia del venerdì santo al termine della quale vi era la lunga preghiera davanti alla croce e poi l’adorazione notturna; la liturgia della luce del sabato santo, con le candele che illuminavano a giorno i grandi tendoni della Chiesa della Riconciliazione; la festa della liturgia pasquale che finiva sempre, immancabilmente, con il canone “Jubilate Deo” e i balli che facevamo fuori dalla chiesa. Mi tornavano alla mente le parole della poesia di padre Turoldo “Andrò in giro per le strade zufolando, così, fino a che gli altri dicono: è pazzo!”.

Da mezzogiorno alle tre

Così mi sembrava la festa di Pasqua vissuta a Taizè: una festa fondata sul Cristo Risorto che dava senso e gioia all’esistenza. Nel corso degli anni ho sperimentato il limite e la fatica, ho fatto i conti con la sofferenza e la morte di persone care, guardato con più lucidità la storia, i suoi orrori, le sue disumanità. Ma della Pasqua mi sono tenuto il ricordo di quelle danze, la convinzione che è possibile consegnare al Signore anche la più grande debolezza, certo che l’accoglierà. Amo molto ciò che don Tonino Bello ha detto a proposito della croce e della sua provvisorietà.

“Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.”

Un radicale capovolgimento

Ci è chiesto quindi di prendere sul serio la fatica umana e, insieme, credere che il Signore è forte come la morte perché grande è la sua tenerezza. La sua forza non sta, come ho creduto per molto tempo, nell’onnipotenza della forza ma dell’amore. Non è l’onnipotenza che risolve i problemi, cambia il corso degli eventi, annulla il dolore. È l’onnipotenza della croce che svela la logica con cui guardare il mondo e la storia. Che capovolge i criteri di giudizio: sul concetto di centro e di periferia, di forza e di debolezza, di ricchezza e povertà. E impone un compito, che Dietrich Bonhoeffer ha riassunto magistralmente cosi: “Vivere secondo la Resurrezione: questa è la Pasqua!”.

Dal sepolcro vuoto, lo sguardo deve andare alla Pasqua. A quel luogo dove ci verrà incontro l’uomo che finalmente Dio ha sognato. Perché in quell’evento sta racchiuso ciò che Dio da sempre ha covato a favore dell’uomo e tutto quello che ciascuno di noi può sperare. Si, come dicono i nostri fratelli ortodossi: Christos Anesti! Alitos Anesti! Cristo è risorto! Veramente è risorto!