Nonna Vittoria, 90 anni, e una bellissima bambina dalle trecce bionde

Vittoria Cancelli

Lo spunto per questa riflessione mi è dato da un episodio al quale ho assistito sabato 7 luglio. Sono stato a cena in un ristorante di Grumello con don Angelo e don Fabio, con i quali condivido il ministero e la vita comune a Grumello del Monte. Eravamo ospiti di Vittoria e della sua famiglia, che volevano festeggiare in particolare il compleanno del parroco don Angelo, che ricorre il 9 luglio.

Vittoria è un’istituzione nella nostra comunità parrocchiale: 90 anni, mente lucidissima, lettrice nella liturgia, mai assente agli incontri di formazione proposti dalla parrocchia e addirittura nelle parrocchie limitrofe o nel vicariato. La serata è stata del tutto normale: una bella cena tra amici, con quattro chiacchiere e voglia di stare insieme.

Una normale cena al ristorante

Nell’assoluta normalità di questa serata, ho assistito a un episodio di una dolcezza talmente toccante che credo lo ricorderò sempre. Andiamo con ordine. Il locale, come prevedibile il sabato sera, è stracolmo. Ci sediamo al tavolo prenotato e prenotiamo le pietanze. Come sono solito fare, mi guardo in giro, tra una chiacchiera e l’altra. Dapprima saluto una ragazza dell’Oratorio che si trova a cena con alcune altre persone nello stesso locale. Poi, noto un passeggino: lo guardo con attenzione e vedo che ospita due cagnolini, non un bambino. Resto un po’perplesso, faccio qualche battuta e chiacchiero su questo con don Fabio, seduto alla mia sinistra, e la nipote di Vittoria. Mentre mangiamo, noto una tavolata con tante persone, proprio di fronte al nostro tavolo. A sinistra sono seduti i bambini delle famiglie presenti.

Una bambina che ama le nonne e ama nonna Vittoria

Tra questi, proprio in linea con la mia posizione a tavola, c’è una bambina bellissima, sui cinque/sei anni al massimo, con i capelli biondi, due trecce ben fatte e con un vestito a fiori coloratissimo. È una bambina con la sindrome di Down. A un certo punto, vedo che la bambina fissa Vittoria e la indica, attirando l’attenzione della madre seduta al suo fianco. Ascolto quello che la madre dice alla bambina: “sì, sì, è una nonna, ma non possiamo disturbarla. Vedi? Sta mangiando!”. Niente da fare, la bambina insiste: vuole salutare Vittoria. La mamma cede, prende per mano la piccola e, forse un po’timorosa, si avvicina a Vittoria: “mi scusi, a questa bambina piacciono le nonne. Voleva salutarla…”. Vittoria si gira, sorride e abbraccia la piccola che ricambia senza esitazione; poi, assesta due baci, uno per ogni guancia, alla piccola, sussurrando: “grazie, grazie”. La mamma ringrazia sorridendo e torna con la bambina al suo posto. Per tutto il resto della cena quella bambina ha continuato a guardare Vittoria e a sorridere. Un sorriso di una tenerezza indimenticabile.

A proposito di disabilità e di accoglienza

Tornato a casa, mi frullano per la testa tanti pensieri. Penso alla cronaca recente della nostra terra, con le due adolescenti che hanno irriso pesantemente un ragazzo diversamente abile che camminava con la mamma; penso alle ore passate a studiare il concetto di integrazione sui manuali di pedagogia speciale all’Università; penso a Pietro, ragazzo di vent’anni anch’egli con la sindrome di Down che mi aspetta la mattina al CRE nella cucina dell’Oratorio e ripete il suo solito rito: quando arrivo, appoggia il coltello con cui taglia il pane (Pietro ha studiato alla scuola alberghiera), viene ad abbracciarmi dicendo “il mio don” e riprende il suo compito che svolge con una precisione impressionante.

Quanto abbiamo da imparare da queste persone! Mi accorgo una volta di più di quanto sia inutile la ripetizione di quell’insopportabile cantilena: “Poverini, poverini, poverini”. Poverini siamo noi, se non sappiamo cogliere i gesti d’amore che caratterizzano queste persone, se continuiamo a ritenere che l’integrazione sia una sorta  di buonismo con cui fingere di accogliere chi ha abilità diverse dalle nostre per via di patologie fisiche o psichiche. Io sabato sera ho assistito a un gesto d’amore da cui io, cristiano, prete, ho solo da imparare. Ringrazio il Signore, che alla dolcezza di Vittoria ha voluto donare un gesto di tenerezza così grande da parte di una sua piccola amica.