L’amore tra moglie e marito alimenta la capacità di sperare dei figli

Che cosa significa che “l’amore tutto spera”?

La spiegazione del Papa induce a credere che anche questa espressione si possa opportunamente adattare alla vita di relazione e alla relazione di coppia in particolare. Ė come se San Paolo dicesse che l’amore nutre “la speranza di chi sa che l’altro può cambiare. Spera sempre che sia possibile una maturazione […] che le potenzialità più nascoste del suo essere germoglino un giorno” anche se “non vuol dire che tutto cambierà in questa vita” (AL 116). Sperare che l’altro cambi o che comunque il Signore sappia “scrivere dritto sulle sue righe storte”.

Una speranza in qualche modo eroica quella descritta e che – ammettiamolo – pare davvero difficile da coltivare. Si pensi a quanto è spesso sulla bocca dei coniugi l’espressione riferita all’altro “non cambierà mai!” Eppure è proprio qui che la vita matrimoniale può fare un salto di qualità. Quando il marito e la moglie non sono solo coloro che sopportano rassegnati i vizi dell’altro, nella triste consapevolezza che quelle debolezze, piccole o grandi, siano pressoché indelebili, ma sono dei compagni di strada che si aiutano a rialzarsi dalle cadute, sono esigenti con i reciproci limiti, vogliono per primi che l’altro si superi, in una parola si amano.

Se ci pensiamo, chi meglio del proprio sposo può essere medico e guaritore delle ferite più profonde? Con chi ci mettiamo più a nudo? E da chi aspettiamo quell’aiuto ed incoraggiamento che appunto può chiamarsi speranza? Il buon esito di una sana correzione fraterna fra genitori alimenta – senza che loro magari se ne accorgano – la capacità di sperare dei figli. Vedere che i genitori sanno cambiare, correggersi e crescere infonde in loro la fiducia che il mondo stesso possa evolvere verso il bene e non rimanere sempre lo stesso.

Il Papa, poi, prosegue il suo commento e spiega da dove attingere forza per vedere nell’altro qualcuno sempre in grado di rinnovarsi. Si tratta di coltivare uno “sguardo soprannaturale” che a sua volta si alimenta della certezza di una vita oltre la morte. Ciascuno di noi è chiamato, pur con tutte le sue debolezze, a vivere in pienezza la vita oltre la morte scaturita dalla Resurrezione di Gesù. Ma cosa vuol dire per noi ogni giorno? Quando possiamo toccare questa certezza che la morte non ha l’ultima parola?

Riuscire ad elevarsi, pur nelle difficoltà quotidiane, a contemplare come saremo tutti un giorno, quando non esisteranno più fragilità, patologie, buio e pianto, è la dote rara di persone che hanno maturato una capacità mistica che traspare dai loro stessi gesti, da ogni parola. Possiamo esercitarci anche noi a vedere questi squarci di cielo a partire dal grigiore spesso opprimente della nostra quotidianità e questo significa saper sperare. Una linfa vitale che traspare dagli occhi, si concretizza in un saluto affettuoso, nella gratuità di un favore, in un gesto che infonda coraggio o fiducia. La speranza di Eterno si nasconde nelle pieghe dell’oggi ed è un soffio fragile affidato alla custodia di ciascuno di noi.