L’assemblea di classe, i genitori e il bello di saper fare un passo indietro

Quando andavo alle elementari io avevo la maestra unica. A pensarci adesso mi sembra quasi surreale: un’unica persona a guidare i bambini, a gestire la classe, a insegnare ogni materia, a rapportarsi con i genitori. Della mia maestra ricordo il grembiule rosso, la preghiera che ci faceva dire ogni giorno appena entrati in classe, il tono di voce che oscillava tra il dolce e l’autoritario. E’ evidente che allora i genitori erano diversi (e non sono passati poi così tanti anni). Oggi un insegnante unico sarebbe inconcepibile. Dovrebbe essere sufficientemente illuminato, zen, multiculturale, propositivo, aperto, alternativo ma non troppo, simpatico e autorevole al tempo stesso, per riscuotere l’approvazione di genitori divenuti esigentissimi e, a quanto pare, formatissimi in tutte le materie.

Per farsene un’idea basta assistere a un’assemblea di classe.

  • “Appena sono entrata in classe ho visto quel cartello. E non mi è piaciuto per niente, mi dispiace dirvelo”.

Una mamma prende parola e si rivolge così alle insegnanti di suo figlio. Mi fermo qui. Al tono, al modo, senza bisogno di entrar nel merito della questione. Per carità, la signora argomenta il suo giudizio che per certi versi è anche condivisibile, ma inizio a far caso a quanto i genitori siano pronti a criticare didattica ed operato, scelte ed indicazioni, con toni spesso perentori e senza minimamente mettersi nei panni di chi per tutto il giorno ha a che fare con ragazzini tra i 6 e i 10 anni.

  • “Mio figlio dice che se in mensa non stanno zitti poi li punite tenendoli in classe all’intervallo del giorno dopo”.

L’insegnante di italiano racconta l’accaduto, quella di matematica l’aiuta, quell’altra fornisce spiegazioni a margine cercando di descrivere il luogo mensa, che riunisce decine di bambini ululanti pronti a farsi dispetti, a lanciarsi il cibo, a far strabordare l’acqua dal bicchiere del compagno.

  • “Non sono d’accordo che NON diate compiti a casa”.

Signora, è che i bambini stanno a scuola tutti i giorni fino alle 16.30, fanno già tanto sui banchi. E se diamo i compiti giustamente ci sono genitori che fanno notare quanto sia difficile convincere bimbi stanchi a rimettersi sui libri.

  • “Perché mio figlio viene quasi sempre messo nei banchi più in fondo della classe? Così viene disturbato dai compagni che non seguono e non sente bene”.

Suo figlio è alto due metri, se lo mettiamo davanti quella bimba che a stento arriva al metro non vede nulla. E’ lì solo perché alto, non ci è mai sembrato a disagio, interviene sempre.

Insomma, si passano ore a discutere di questioni che, alla fin fine, sono il contorno, la cornice di un mondo che avrebbe ben altri problemi da affrontare. La sensazione è che si guardi il dito e non la luna. E sono sempre più convinta che noi genitori dobbiamo smetterla di voler a tutti i costi tener lontani i bambini dalle difficoltà, parlare al loro posto, intrometterci, prevenire.

Della mia maestra unica ricordo anche che quando un bambino andava da lei a lamentarsi di qualcuno lei rispondeva: risolvitela col compagno, vedrete che una soluzione la trovate. E aveva ragione.

Oggi funziona, come è successo a me qualche tempo fa, che le mamme recuperano il numero di altre mamme e chiamano. “Pronto signora, volevo dirle che oggi sua figlia ha detto alla mia di provare a mangiare un fiore. Non so che rapporto voi abbiate con la natura, ma insomma…”. Io in effetti i fiori li cucino pure, il rapporto con la natura è stretto, non mi sorprende che Alice ne abbia parlato con le compagne. Ma mi sorprende che una madre lo abbia ritenuto così grave da chiamarmi. A 10 anni i problemi sono i tablet ai quali i bambini si attaccano, i social che li assorbono già, il virtuale e il reale che si fondono, i coetanei che ti dicono che fai schifo. Ma quelli sono problemi profondi, nascosti, che probabilmente alla mamma non si raccontano. Sei tu che devi scoprirli.

Smetto di divagare per tornare da dove ho cominciato: dalle assemblee di classe dei miei figli sono uscita pensando che noi genitori dovremmo imparare a fare un passo indietro. I nostri figli sanno cavarsela. Molto meglio di noi.