Atalanta, una squadra di provincia nell’Olimpo della Champions: un premio ai sacrifici e alle idee

Se la regina delle coppe europee, la Champions League, ha scelto un’entità femminile come la Dea Atalanta come sorpresona da inserire all’interno del lotto di 32 squadre che animeranno la principale competizione per club europea, allora significa che la Dea ha combinato qualcosa di speciale. Niente più della stima dimostrata da una Regina ad una Dea riesce ad avere un peso maggiore.
Eccezione rara, ma che può verificarsi al di là di gelosie, antipatie, invidie, screzi. L’Atalanta si è fatta apprezzare in maniera innocente, pura, spensierata, senza vanti né virtuosismi, ma contando solo sul suo spirito sbarazzino, allegro, divertente, ma impegnato, basato su sacrifici, analisi, studi, generosità, dedizione, pignoleria, capacità di cadere e rialzarsi, cocciutaggine, tensione continua al miglioramento anche quando sembrava aver raggiunto il top, come è nel dna di ogni Dea. L’Atalanta dall’animo nobile e umile che non tiene conto del dio danaro, che dal soldo non è mai dipesa perché in provincia di “dindini” ne girano pochi, che non è mai scesa in campo all’insegna del business, dello spirito mercenario, del lasciare aperta la possibilità di vendersi per gloria, fama, danaro, appunto. Tutto questo fa dell’Atalanta un esempio. Dei risultati strabilianti degli ultimi tre anni e dell’impianto sano di dirigenza, allenatori e giocatori se ne è parlato in lungo e in largo, se ne sono tessute le lodi, speso paroloni, paginoni, titoloni e utilizzato retoriche a raffica. Lecito, per un evento così storico. Aggiungere dunque altro è cosa complicata. Se paroloni, titoloni e retoriche però passano, quello che può insegnare l’Atalanta deve restare impresso a tutto il mondo del calcio, che sia quello di serie A oppure quello dell’ultima serie dilettantistica.

Già, l’ultima serie dilettantistica e il calcio dilettantistico quello troppo spesso abitato da “volponi” che credono di costruirsi il proprio giocattolino (la squadra del loro paese, spesso) investendo valanghe di soldi, sicuri di vincere in questo modo, ma che al contrario, a fine stagione, tirano le somme e si ritrovano senza risultati, senza soldi e senza alcuna emozione regalata ai propri giocatori. Perché in fondo il calcio – soprattutto quello dilettantistico – è solo un’emozione che distrae tra un giorno di duro lavoro poco pagato (in cantiere, in ufficio, per le strade, ovunque) e un altro. E invece c’è chi ancora crede che i soldi muovano tutto, anche le emozioni. Chi frequenta il calcio dilettantistico da anni ne ha viste tante, ma sa – quasi per certo – che le soddisfazioni morali e concrete di risultati vincenti arrivano quando nella testa di presidenti e dirigenti non c’è il denaro, ma le idee, i principi. Quando si inizia una stagione “alla buona”, senza aver sperperato e avendo puntato sulle ottime persone prima che sui buoni giocatori i risultati molto probabilmente arriveranno. Viceversa, quando si inizia il campionato all’insegna della spacconeria, tutto va ben presto a rotoli con una certa probabilità.

Guarda caso, spesso a capo di chi costruisce una stagione fondandola sui sani principi ci sono persone che il calcio lo hanno praticato e che nella vita hanno messo in piedi aziende “vincenti” e sanno esattamente come muoversi, tanto nel calcio quanto nella gestione delle persone. Tutti devono saper fare tutto ormai, ma a ognuno spetta un proprio compito particolare perché questo venga svolto al meglio. Non è un caso che l’Atalanta sia una delle rarissime realtà calcistiche che ha come presidente un ex calciatore, tifoso, nato e cresciuto nella città della sua squadra, che si è fatto poi imprenditore di successo. Ecco perché l’Atalanta non è una Cenerentola diventata principessa grazie ad un principe e non è nemmeno frutto del caso, del miracolo, dell’aiuto del dio del pallone, della coincidenza, della poca forza delle altre squadre. L’Atalanta è diventata principessa grazie alla forza delle sue idee, grazie alla bontà di persone vere, appassionate, veraci, misurate. I titoloni passano, gli insegnamenti devono restare. Guarda caso (ancora) Gasperini, l’artefice del progetto delle meraviglie insieme a Percassi, ha appena prolungato il suo contratto con l’Atalanta in barba a soldi e fama che lo attendevano nelle piazze spendaccione, ma ultimamente a corto di risultati. E di emozioni.