I nuovi CRE. Un segno anche per il futuro della Chiesa. Parola di curato

Piccoli gruppi, rapporti più familiari, più sereni

Se è vero che ogni situazione è anche occasione allora è vero che anche le iniziative estive nei nostri oratori in questo contesto così difficile creato dalla pandemia si stanno manifestando come momenti assai propizi. Ci siamo reiventati tutto, senza paura, con il coraggio di chi ha saputo e sa osare strade nuove anche se complicate per ridire forse in modo diverso la stessa passione di sempre.

Il CRE ci riguarda da vicino, molti dicono che è “nostro”, che l’abbiamo inventato noi

e negli anni questo importante tempo estivo ci ha permesso di raggiungere i ragazzi, i giovani e le famiglie. Abbiamo offerto loro non solamente un servizio ma un modo di ripensare lo stare insieme nel tempo dell’estate. Sono passati molti anni, ma questo tempo porta con se ancora tutto il suo carico di speranza e il suo fascino! È esperienza pensata, attesa, coinvolgente anche se perde di competitività, anche se non è più solamente la comunità parrocchiale a proporla…

In oratorio c’è un clima diverso, uno stile diverso, specifico e saremmo stupidi a non riconoscere almeno una briciola di Vangelo in tutto ciò che gli oratori fanno in questo mese così speciale.

Il CRE come tante altre proposte delle nostre comunità parrocchiali segue spesso un suo canovaccio. E’ spesso scandito da attività che lo contraddistinguono e entro le quali riconosciamo l’esperienza stessa e più o meno consapevolmente ci siamo fatti l’idea che il CRE non può che essere il mese fatto di giochi, di gite, di piscine, di laboratori.

Ora, invece, ci siamo trovati un po’ tutti spiazzati

e abbiamo dovuto immaginare altro e in brevissimo tempo a causa della pandemia che stiamo affrontando! 

Sarà possibile fare il cre? Ma come? I ragazzi possono giocare tra loro? La mascherina? Come igienizzare? Dove trovo i maggiorenni per così tanti gruppetti di ragazzi? E i luoghi… l’oratorio è piccolo! Accolgo tutti o qualcuno? E la responsabilità di chi sarà?

Per qualcuno la conseguenza a queste domande è stata il continuare a tenere chiuso il cancello dell’oratorio, scelta comprensibile per i tanti motivi ma un po’ triste e forse sbagliata. Altri hanno pensato di “appaltare” l’esperienza “affittando” i propri ambienti parrocchiali; altri ancora si sono impantanati sulla solita e vecchia domanda se tocca alla Chiesa o no impegnarsi a fare “queste cose” …

Ma il Vangelo che predichiamo non ci chiede in fondo incarnazione?

Molti, per fortuna, non si sono rassegnati. E siamo stati costretti a ripensare tutta la nostra pastorale

È doveroso allora riconoscere la bellezza del fatto che tante comunità e non solo i loro sacerdoti, non si siano rassegnate di fronte alla paura di assumersi le responsabilità che scaturiscono da quelle domande. E si sono messe in moto, con convinzione e in poco tempo per offrire ancora un’esperienza estiva per i ragazzi e le ragazze dei nostri paesi.

Forse ciò che ritengo più interessante è che gli interrogativi così forti sulla fattibilità o meno del CRE ci abbiano costretto ad un vero e proprio “ripensamento” che difficilmente mettiamo in campo in molti altri aspetti della nostra cosiddetta pastorale ordinaria!

Penso di leggere allora in questo lavorio legato all’esperienza del CRE anche qualcosa in più della mera organizzazione di una attività per i ragazzi, perché lo stile che ciascuno di noi ha messo in campo è stato quello di una vera e propria “revisione”, un vero e proprio “ripensamento”. Si tratta di dire in modo diverso, dato certamente dalla contingenza del tempo difficile che viviamo, lo stesso interesse per le giovani generazioni che tanto ci è caro!

E così … in forma totalmente nuova il CRE è iniziato, nella mia parrocchia come in tante altre, nella collaborazione con i Comuni, con le associazioni (anche quelle più lontane alle nostre sensibilità), con meno iscritti (per tanti motivi), con proposte nuove o alternative. Alcuni hanno diviso le fasce d’età su giorni diversi, altri si sono concentrati solamente sugli adolescenti, altri ancora hanno proposto solamente alcune giornate e infine qualche oratorio ha preferito proporre la giornata intera.

La percezione, a metà CRE

è che quei piccoli gruppi di sette o dieci ragazzi, seguiti dal maggiorenne o dall’educatore professionale stiano vivendo un CRE che non ha nessuna pretesa prestazionale, che non ha il fascino della massa e dei grandi numeri (che in fondo piace a ciascun prete anche se non lo si dice) ma che ha assunto dei contorni, oserei dire, familiari, sereni! Che sia anche questo un segno di prospettiva e progettualità per le nostre future esperienze di vita ecclesiale?

Certo non mancano le difficoltà, in alcuni gruppi di ragazzi infatti, il piccolo numero, con dinamiche particolari può portare ad una sorta di “asfissia” e anche questo forse è segno di un rischio che corriamo per certi versi anche come Chiesa sotto molti aspetti.

Il sottotitolo del CRE SUMMERLIFE reca la scritta “per fare nuove tutte le cose” che ci richiama il versetto di Apocalisse … sapere che possiamo sperare in un Dio che crea sempre novità e sorprese nella vita di noi uomini e nella storia è, almeno per me, il segno evidente che Lui stesso ci chiede di non essere né ripiegati su noi stessi e nemmeno corridori folli verso il nulla e senza meta; in mezzo ci sta la vita, la nostra, la vita della Chiesa e forse forse ci sta anche il CRE.