“Dopo il Covid – 19”. Intervista al filosofo Leonardo Caffo


“Dopo il Covid – 19. Punti per una discussione” (Nottetempo 2020, Collana “Semi” 2020, pp. 51, ebook gratuito) del filosofo e scrittore Leonardo Caffo, è un breve ma corposo saggio che parla del dopo emergenza Coronavirus. 28 punti per una discussione su quel che sarà, (perché il tipo di mondo di prima è ormai alle nostre spalle) e sul futuro che stiamo costruendo tutti insieme, per comprendere “la fine del consumo del tempo e l’inizio dell’uso della vita”, che è la frase cardine del testo dell’autore, ambientalista, ecologista e convinto vegano.
Abbiamo intervistato Leonardo Caffo, nato a Catania nel 1988, che insegna Ontologia del Progetto al Politecnico di Torino e Curatela alla NABA di Milano, editorialista del “Corriere della Sera”, condirettore di “Animot” e che nel 2015 ha vinto il Premio nazionale Filosofia Frascati.


“Quando erano solidamente gelati, gli stagni mi offrivano non solo strade nuove e più brevi, ma dalla loro prospettiva mi offrivano nuovi aspetti del paesaggio familiare che avevo attorno”. Per quale motivo ha scelto come esergo del saggio una frase tratta da “Walden” di Henry David Thoreau?


«Secondo me in questo momento “Walden” è un libro che andrebbe letto da tutti, perché è una storia di cambiamento, di isolamento, simile a quella storia che noi siamo costretti ora a vivere. La frase dimostra come lo stesso identico luogo con il cambiare delle stagioni mostra relazioni e sentieri completamente diversi. È un po’ quello che abbiamo dovuto fare con le nostre case, con la scuola, cioè abbiamo dovuto provare a ripensare le stesse cose a condizioni diverse».


Eravamo abituati a correre, la pandemia ci ha imposto la lentezza. In questo caso l’emergenza Covid-19 è stata una “provvida sventura”?


«Nel nostro caso stiamo vivendo una conseguenza di un’altra sventura. Non è proprio una “provvida” sventura ma può essere utile a capire che come stavamo vivendo prima era sbagliato. La “normalità” di prima non era poi così normale».


In questi giorni si fa un uso ricorrente dell’espressione “tornare alla vita normale”. Ma ciò che vivevamo prima del virus era davvero normale? Ci riferiamo alla disgregazione sociale, alla povertà diffusa, allo sfruttamento animale, alla distruzione dell’ambiente e ai danni ambientali sempre maggiori al pianeta.


«No, non era quella la normalità, semmai perché per esempio ci manca andare al bar a prendere gli aperitivi… Questa presunta normalità si basava su delle anormalità diffuse che controbilanciavano la bilancia. Il virus è naturale e ormai sappiamo come si è mosso per arrivare fino a noi, si è mosso attraverso le disgregazioni sociali, attraverso le assenze di strutture sanitarie, attraverso gli aerei e attraverso le assenze di controlli. Tutte queste infrastrutture andranno ripensate, altrimenti se non questo, il prossimo virus ritorna e le cose saranno più veloci».


Il dramma che stiamo vivendo possiamo trasformarlo in una straordinaria opportunità, anzi in una missione: salvare quel Pianeta che finora avevamo trascurato per costruire un futuro più ecologista e animalista?


«Dobbiamo assolutamente trasformarlo in una opportunità, anche perché la crisi che stiamo vivendo o la si trasforma in una opportunità o la si subisce. La ripartenza può essere la stessa cosa di prima “mozzata”, cioè per esempio la gente con le mascherine tra i divisori di plastica che sta in spiaggia. Oppure alcuni dei valori che ci hanno portato fino a qui, dovranno essere ripensati e sostituiti con altri. Occorre fare un’Unione Europea più forte, il virus che circola nel Vecchio Continente lo si deve affrontare tutti insieme o si muore tutti insieme. Si possono seguire due strade: o una strada di arroganza, per esempio i primi che trovano il vaccino ne disporranno, lo venderanno a caro prezzo ai Paesi più sviluppati e lo riceveranno per ultimi i Paesi sottosviluppati. L’altra strada sarebbe mettere in discussione principi che sono indiscutibili: smetterla di urbanizzare la campagna, cercare una stabilità più diffusa di quella che invece garantisce il progresso fine a se stesso, ci sono grandi possibilità dietro, la maggior parte sono utopiche, concettuali, filosofiche».


Sappiamo che il Covid-19 è nato da uno “spillover”, cioè da un salto di specie del virus causato proprio dai continui contatti con gli altri animali. D’ora in poi sarà possibile cambiare il nostro modo di rapportarci con queste creature grandi e piccole?


«Dovrebbe essere necessario, essere la priorità. Non credo che ciò avverrà nel giro di poco tempo, però sono sicuro che piccolissime cose cominciano già a cambiare: nella provincia cinese dell’Hubei hanno proibito la carne di cane e di gatto, che prima era normalmente commercializzata. Qualcuno dovrebbe spiegare se c’è una correlazione tra l’alimentazione e le pandemie, allo stato attuale non si sta facendo, perché ci sono dei profondissimi interessi dietro, finché non si andranno ad abbattere quelli… Ritornando alla domanda posta rispondo in maniera netta: sì, dovrebbe cambiare il modo di rapportarci con gli animali, il prima possibile dovremmo puntare a una non violenza diffusa».

  1. Tornare alla normalità? quale? certamente può essere piacevole bere un caffè con amici, e tutte quelle piccole cose che ci vengono a mancare, quando ci è proibito farle come ad esempio abbracciarsi o stringerci le mani, ecc. ma certamente non quello che dovrebbe essere considerato un vizio, come farsi una sniffatina o una bevuta da coma etilico, o fare sesso promiscuo con chiunque, o qualcosa che ritieni giusto per il tuo appagamento come avviene con violenze, stupri o abusi sui neonati/minori in generale! si potrebbe allungare la lista all’infinito di ciò che l’uomo è stato nel tempo suo stesso carnefice! Ecco: si dovrebbe ritenere come prima cosa, rivedere ogni nostro atteggiamento rieducando alla vita nel rispetto per ogni “regno”di esseri viventi composto da umani, animale, vegetale, e pure quello minerale! nel “salvare il Pianeta” non occorre essere assolutisti per l’uno o per l’altra cosa, ma cercare un equilibrio che ci permetta di vivere in armonia con noi stessi e la Natura che ci circonda! Il tempo guarirà le ferite ma la piaga infetta, deve essere cauterizzata e solo su volontà umana! Laddove l’urbanizzazione selvaggia dell’uso e getta, è stata abbandonata, alberi e vegetazione con nidi di uccelli, hanno ripreso il proprio spazio(parco a Milano)mentre le cavallette che dovrebbero finire nei nostri piatti fritte come pesciolini, stanno devastando le colture già poco abbondanti causa maltempo (arrivate anche in Sardegna)!Mi sembra che non ci sia tanto da ripetere retoricamente, ciò che si deve fare, ma agire nel cambiare a fondo i nostri comportamenti o sarà la Natura che ci penserà al posto nostro.

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