Natale in zona rossa: la luce fra le righe dell’incertezza

“È geniale questa cosa che i giorni finiscono – scrive Alessandro Baricco -. È un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tramonti”. Nel 2020, con la pandemia, è iniziata l’età dell’incertezza, in cui molte abitudini consolidate sono andate inaspettatamente e improvvisamente in frantumi. Tra esse anche le tradizioni legate al Natale. Chi avrebbe mai pensato che guardando le foto del pranzo dell’anno scorso, della recita dei ragazzi all’oratorio, della partita allo stadio avremmo pensato “che assembramento” oppure avremmo versato una lacrima di malinconia? È il tramonto di un’epoca, per usare l’immagine di Baricco, e ora pensare a com’era prima provoca – almeno di primo acchito – un po’ di nostalgia: i concerti, le feste, le serate a teatro, le mostre, i viaggi, le cene. Sembra già lontano il tempo in cui il successo di un’iniziativa si misurava dalle migliaia di partecipanti-spettatori. Dopo la brusca interruzione di marzo, si è instaurato nelle nostre vite un ritmo alternato, disomogeneo, di speranza e scoramento, attesa e delusione, in coincidenza con riaperture, chiusure e con un altalenante dosaggio delle libertà personali. Una condizione che ha influenzato in modo decisivo anche le attività delle comunità parrocchiali, la partecipazione alle celebrazioni religiose, l’amministrazione dei sacramenti, l’impegno nelle associazioni di volontariato. Le trasformazioni in atto stanno facendo emergere molte fragilità e altrettanti punti di forza. A volte, però, sembra ancora mancare la consapevolezza di “essere tutti sulla stessa barca” come ha detto Papa Francesco, con slancio profetico, la famosa sera del 27 marzo, sotto la pioggia, nella desolazione di Piazza San Pietro completamente vuota. Manca ancora la consapevolezza di essere in viaggio, anche dal divano di casa. Nella seconda ondata abbiamo sentito forte l’impatto della stanchezza, della rabbia e del risentimento. In un clima cupo la luce del Natale sembra ancora più forte. Come dice monsignor Giuseppe Angelini nell’intervista che apre il nostro dossier, “Mediante la parola evangelica la paura non si supera, ma si può cercare di darle forma”: è proprio di questo che abbiamo bisogno, di riflettere, capire, interpretare, ritrovare speranza. Con l’umiltà di imparare una delle lezioni più importante offerte – a caro prezzo – dalla pandemia, seguendo le orme di Bertrand Russel: “In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato”. A partire dalle piccole cose quotidiane, le relazioni, gli auguri. Buon Natale.

Foto copyright di Giovanni Diffidenti