Perché un pellegrinaggio pastorale? Suor Chiara: “È un incontro che diventa casa”

Buongiorno, mi chiamo Mario e vivo in Valle Seriana. Ho seguito con interesse la celebrazione del nostro vescovo Francesco di sabato scorso. Nel mio paese abbiamo vissuto in modo drammatico i primi mesi della pandemia, io stesso ho perso alcuni amici e mi sono ammalato, non troppo gravemente, per fortuna. Mi è di conforto sapere che il vescovo verrà nelle nostre comunità per incontrarci. Non ho capito però perché ha chiamato questo percorso “pellegrinaggio” e non “visita pastorale” come altri vescovi prima di lui. Che cosa c’è di diverso? Come mai avrà scelto di mettere l’accento proprio sul rosario, una preghiera che oggi sembra riservata soprattutto agli anziani e per il resto è un po’ trascurata nelle comunità? Grazie per la vostra attenzione, un saluto fraterno e una preghiera per voi.

Mario

Caro Mario, la scelta del nostro vescovo Francesco di dare alla visita la connotazione di un pellegrinaggio pastorale, nasce dall’esigenza di privilegiare la dimensione “dell’incontro” con le comunità parrocchiali. Più volte, dall’inizio del suo servizio nella nostra diocesi il vescovo ha incontrato le diverse realtà comunitarie e la quasi totalità delle parrocchie: negli ultimi anni del suo servizio alla nostra chiesa di Bergamo, vuole compiere qualcosa di più semplice ed essenziale. 

Il pellegrinaggio è metafora di chi vuole mettersi in cammino, in viaggio in compagnia dei fratelli, avendo come meta, non luoghi, ma persone, quelle che abitano le nostre comunità cristiane, luoghi dell’incontro dove si manifestano e si possano riconosce i segni del Regno di Dio e la presenza del Crocifisso risorto che ci precede. Il pellegrinaggio è immagine della vita e di ciò che rivela il suo significato: l’incontro con il Signore decisivo per l’esistenza di ogni uomo.

Il desiderio del vescovo di farsi prossimo e vicino a tutto il popolo di Dio che appartiene alla nostra diocesi prende corpo dentro il dramma della pandemia che ha evidenziato, oltre alla grande sofferenza per la morte di tante persone, la solitudine con la quale essa ha colpito i morenti e i loro cari, provocando dolore e smarrimento. La presenza del vescovo sarà quella del pastore che vuole visitare, conoscere, custodire e accompagnare le sue pecore in questo tempo così particolare per aprirle a un futuro di speranza. Si farà quindi pellegrino per incontrare laici e sacerdoti condividendo il dono della fede, le sofferenze dovute alla pandemia, alle malattie o ai problemi legati alla disoccupazione, alla povertà e alle diverse forme di fragilità che abitano le nostre comunità. Sarà un ulteriore occasione per esprimere la sua paternità verso i fratelli sacerdoti che guidano le parrocchie confermando la loro fede e riconoscendo con gratitudine il loro servizio alle comunità, favorendo anche la crescita di fraternità sacerdotali quali spazi in cui esercitare la cura e la prossimità fraterna per sostenere, rafforzare e alimentare la bellezza del servizio alla chiesa. Il vescovo “si metterà in viaggio per sei anni per incontrare tutti, per scoprire, riconoscere e incontrare in voi il Signore crocifisso e risorto”. Questo farsi pellegrino esprime il suo desiderio di essere compagno di viaggio nella ricerca del senso del vivere, in un tempo così complesso e confuso, con l’umiltà di chi può solo offrire il dono di Gesù principio e fine dell’umana esistenza, via, verità e vita dell’uomo.

In questo suo viaggio sarà sua compagna la vergine Maria, madre di Dio, tanto amata e venerata dal popolo di Dio. Più volte, durante la pandemia, il vescovo ha pregato in alcuni santuari mariani della nostra Diocesi con la preghiera del rosario per affidare alla vergine Maria questo nostro tempo. Ora, idealmente, attraverso la preghiera del rosario che vivrà nelle sue soste in diocesi, vuole formare un santuario, non un santuario di pietra, ma di preghiera, dove i mattoni, le colonne e le architravi sono le preghiere, da quelle più nascoste a quelle più corali. Una preghiera che avvolga la nostra chiesa e la conduca nella via di una fede rinnovata e in una crescita del senso comunitario, dell’essere fraternità capace di vicinanza e prossimità. Il rosario è la preghiera popolare che unisce e raccoglie tutti: piccoli e grandi, giovani, adulti e anziani in un atteggiamento di preghiera fiduciosa e di intercessione per il mondo. «Dove stiamo andando, chiede il poeta e risponde: “Stiamo tutti tornando a casa”. La casa è l’immagine dell’incontro. Dove ci si incontra nell’amore, lì c’è la nostra casa. La comunità cristiana, particolarmente nella forma della parrocchia, è la rappresentazione di questa esperienza: un incontro che diventa casa. Una casa ospitale perché contrassegnata dalla fraternità; una casa dalla quale uscire per raggiungere ciascuno, servendo la vita dove la vita accade». Assicuriamo al nostro vescovo Francesco il ricordo nella nostra preghiera perché il Signore lo sostenga in questo impegnativo andare e il suo pellegrinare diffonda ovunque il profumo del Vangelo e della carità di Cristo.