Camaleonte mai

I simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l’agnello, la colomba e il pesce, mai il camaleonte.” Queste parole del poeta, drammaturgo e pastore luterano Kaj Munk, uno dei principali ispiratori delle resistenza pacifica del popolo danese contro il nazismo, assassinato la sera del 4 gennaio 1944 da un commando delle SS che lo fucilò in aperta campagna, abbandonando per strada il suo corpo senza vita, mi sono spesso venute in mente negli ultimi mesi quando tentavo di decifrare ciò che stava avvenendo nel nostro Paese e, insieme, le parole (ma anche i silenzi e le omissioni) che le Chiese e i cristiani hanno espresso in questa convulsa stagione.

LE COMUNITÀ DISORIENTATE

Molti sono disorientati, faticano a capire i profondi cambiamenti avvenuti, con una rapidità sorprendente, nelle nostre comunità: processi mirati di disgregazione delle ragioni di coesione del tessuto sociale, indebolimento delle reti comunitarie. Molti faticano a capire che la crisi del sistema politico riflette, con lucidità, ciò che è avvenuto sotto i loro occhi e, spesso, nella loro compiaciuta indifferenza: lo sgretolarsi della cultura dei diritti, la cancellazione strisciante dell’uguaglianza non legata solo ad un fatto economico ma a una ragione ideologica, l’accettazione supina e progressiva, nel silenzio quasi generale, della riduzione della persona a consumatore, del primato del mercato e del conseguente darwinismo sociale. Faticano a capire il venir meno di orizzonti ideali, di evidenze etiche condivise, l’abbassarsi progressivo e inesorabile della soglia di indignazione nei confronti di parole e slogan che negano dignità alle persone, l’instaurarsi di logiche, assunte come “normali”, che paiono essere lontane da Vangelo.

LA FEDELTÀ ALLA “PAROLA”

Certo, lo sappiamo bene: le nostre comunità non sono solo questo. Ma sono anche questo. E in queste comunità che parole di Vangelo risuonano? I cristiani e le chiese che le annunciano, con quale coerenza le vivono? Ed ancora: che relazione esiste tra la Chiesa “stampata” e quella incontrata domenicalmente? Domande non retoriche che esigono risposte che non dimentichino che, prima ancora di essere lobby o tutori della pubblica moralità, i cristiani e le chiese sono e saranno giudicati dalla fedeltà ad una Parola che con misericordia ma anche con discernimento ha la pretesa di giudicare il mondo. Il cui silenzio non può essere barattato. Nemmeno per scuole o per denaro. Tanto meno per privilegi.

LA SFIDA DELLA CHIESA

Certo, in una stagione in cui troppi si muovono con estrema disinvoltura, chi sta fermo sulle posizioni di sempre (un tempo dette moderate) rischia di passare per estremista. Chi proclama parole di Vangelo è tacciato di accuse ben più gravi. Eppure i cristiani non possono che ripetere, meglio con la vita che con la sola bocca, le parole di Gesù di Nazareth. Costi quel che costi. Lo diceva con lucidità don Lorenzo Milani in “Esperienze Pastorali”: “Per un prete, quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire? Esser liberi, avere in mano sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con tutta questa dovizia di mezzi divini e umani raccogliere il bel frutto di essere derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti. Aver la chiesa vuota. Vedersela vuotare ogni giorno di più. Saper che presto sarà finita per la fede dei poveri. Non ti vien fatto di domandarti se la persecuzione potrà esser peggio di tutto questo?”

Era la fine degli anni Cinquanta, nei giorni dell’onnipotenza, quando l’Italia sembrava la nazione cattolica per eccellenza, e invece la crisi era dietro l’angolo. E oggi la sfida per la Chiesa – anche per la nostra straordinaria e generosa chiesa bergamasca – resta sempre la stessa, da due millenni: conservare il nucleo della fede, far parlare Dio nel cuore e nella vita degli uomini e delle donne delle nostre comunità. Se questo accade veramente, avremo una terra più vicina al sogno di Dio. Certamente più solidale, accogliente e inclusiva di quanto non lo sia oggi. Se non accade, un giorno ci verrà chiesto dove eravamo, che Vangelo leggevamo e di quale Dio davamo testimonianza.