Zucche vuote

Halloween è una festa dalle note particolarmente «trash» ove regna il cattivo gusto… usando un neologismo a me caro, Halloween è una «trashata».

Dopo decenni di massive campagne pubblicitarie con l’assurda finalità di importare (contro la nostra volontà) questa festività anglosassone, Halloween ha attualmente una certa, diffusa adesione, soprattutto tra i giovani.

Quindici anni fa, per quel che mi sembra di ricordare, Halloween era considerato un manufatto della cultura anglosassone che poco si addiceva alle tradizioni italiane. Ma con il passare del tempo questa festicciola trash, si è impossessata, con le sue coreografie splatter, della festività di Ognissanti.

Sono molti di più i negozi (e tutti i centri commerciali) addobbati con pacchiani gadget di pipistrelli e fantasmini… per non parlare di quegli orribili festoni di cartapesta con le tipiche zucche di Halloween; si vedono spesso durante questi giorni bambine con discutibili vestiti da strega in tulle e bambini truccati da vampirello aggirarsi a chiedere (con una certa dose di timidezza e imbarazzo) dolciumi con la formula: «Dolcetto o scherzetto?»

Anche tra i bambini più cresciutelli, Halloween è diventata un’altra buona occasione per fare una bella festa all’insegna della goliardia e per sfoggiare eccentrici costumi fatti per l’occasione.

Ok, vi sarò sembrato leggermente bacchettone, ma il fatto è che tra i molti che si vestiranno come degli imbecilli, ci sarò pure io: a causa delle insistenze degli amici, anche io mi spalmerò in faccia un’abbondante dose di trucco sanguinolento da zombie (travestimento all’ultimo grido visto il successo planetario dell’ultima serie di «The Walking Dead»)…Sia chiaro: ci vado solo perché appunto è un’occasione per passare una simpatica e inconsueta serata con amici. Nonostante la mia partecipazione (più o meno attiva, giustamente, da Zombie), continuo a protestare: Halloween è una festa ridicola, vuota di significato e, come continuerò a sostenere, contraddistinta da una generosa dose di cattivo gusto (tipico degli anglosassoni). La contraddizione con me stesso vi sembrerà alquanto palese, ma, come tutte le cose, un occhio critico ci vuole e, nonostante io sia stato coinvolto in pieno, a me Halloween non piace e per me rimarrà una «pagliacciata».

Halloween cade nello stesso periodo della festività cristiana di Tutti i Santi, e non ho mai capito cosa c’entrassero zucche decorate, streghe con cappelli a punta e scheletri fluorescenti con la festa che dovrebbe commemorare i defunti. Non voglio sminuire le tradizioni statunitensi e britanniche che affondano le loro radici in antiche festività celtiche, ma Halloween è una festa fracassona, che ridicolizza la morte e che, con quel suo fare materialista e consumista, annega in un bagno kitch i giorni dedicati ai defunti.

Con questo non voglio sembrare uno che si schiera superficialmente in difesa delle cosiddette “tradizioni”, ma dove finisce in mezzo a questo «Carnevale» il profondo significato del Triduo dei Morti, con la sua delicata poesia? Bisogna ammetterlo: un po’ ci siamo dimenticati cosa vuol dire fermarsi a ricordare i defunti (come se volessimo recidere il nostro passato) e cosa significa fermarsi a riflettere sulla finitudine dell’uomo e sulla morte (poiché sembrano discorsi poco adatti a giovani che si sentono invincibili agli occhi di un mondo che fra l’altro desidera solo ingannare la morte). Al cimitero i giovani non ci vanno perché il passato ha sempre meno importanza e il ricordo dei defunti rimane relegato solo a qualche sbiadita fotografia. Martin Heidegger ha affermato che avere consapevolezza della morte, vuol dire andare oltre le illusioni… stando ai fatti però gran parte dei giovani preferisce di gran lunga l’illusione e si reca a frotte, conciata da zombie, a questa festa chiamata Halloween.

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