Migranti e fede

Lasciare il Paese d’origine, la famiglia, gli amici, le abitudini, le tradizioni in cerca di una vita migliore non è facile: il minimo che ci si possa aspettare è che le persone che arrivano in Italia si sentano smarrite, disorientate, sole. Anche le comunità parrocchiali hanno un ruolo importante nell’accoglienza e fanno moltissimo. Nonostante questo, il rapporto con la religione è fatto di molte sfaccettature. Non sempre le persone che arrivano dall’Africa o dal Sud America trovano nelle nostre chiese ciò che si aspettavano. A volte reagiscono formando comunità chiuse in cui tutti i connazionali si ritrovano. Altre volte creando associazioni religiose.Altre ancora frequentando gruppi “alternativi”.
Si concentra su questo fenomeno l’indagine «Alla ricerca del benessere totale» firmata da don Claudio Visconti, direttore della Caritas diocesana, e don Massimo Rizzi, direttore dell’ufficio per la Pastorale dei migranti. La ricerca è promossa dall’ufficio migranti della diocesi, che quest’anno celebra il 20° anno di fondazione, e dalla Caritas, con l’obiettivo di cercare di capire le motivazioni che portano i cattolici che arrivano da diversi Paesi, caratterizzati da lingue diverse e da culture differenti, a frequentare gruppi che non si riconoscono nella Chiesa cattolica e a volte agiscono apertamente in opposizione ad essa. «Non è uno studio sociologico – spiega la presentazione dell’indagine – ma di una riflessione  sul modo di fare pastorale nella diocesi di Bergamo e in Italia, per capire se ci sono altre modalità d’incontro con i cattolici di altre lingue e culture presenti sul territorio. Il risultato di questa ricerca porta la chiesa locale a una seria autocritica, a un vero e proprio esame di coscienza sulle capacità di accoglienza dei migranti cattolici». L’appuntamento per la presentazione di questo lavoro (edito da Il Melangolo) è fissato per l’8 novembre alle 18 alla libreria Buona Stampa. Interverrà insieme agli autori Ilaria Micheli, africanista.