Le volpi di Sansone

La raccomandazione tanto cara a Papa Francesco di andare alle periferie, di lasciare un po’ perdere le novantanove brave pecorelle rimaste nell’ovile per andare a cercare quella che si è smarrita, è incontestabile. Non c’è che dire. E la cosa è vera non perché la dice il Papa, ma il Papa la dice perché è vera. Ed è vera perché l’ha detta e fatta Gesù stesso, che di Chiesa se ne intende. E quindi non saranno mai benedetti abbastanza gli sforzi della Chiesa per raggiungere “i lontani”.

LE PECORELLE FEDELI

Ma, con tutto il rispetto, in me rimane un po’ vivo sempre il convincimento che, se si trascurano le pecorelle fedeli che sono ancora nell’ovile, si rischia che si smarriscano anche loro con l’obbligo poi di dannarsi l’anima per cercare di riportarle dentro.

Evidentemente la cura delle pecorelle, fedeli ad ogni suono di campana, va fatta in un modo as-sai diverso da una volta. Non si può più considerare la parrocchia come il supermercato del sacro in cui clienti più o meno fedeli vengono a prendere quello che gli occorre e, se trovano tutto a puntino, se ne tornano a casa soddisfatti. Se no, apriti cielo. Non è nemmeno il luogo dei saldi in cui i meno puntuali vengono attirati una o due volte all’anno con degli sconti a volte molto vistosi.

Allo stesso modo la parrocchia non può essere presa per l’asilo nido nel quale ai frequentatori si fa tutto, ma proprio tutto: dal mangiare omogeneizzato alla pulitura del sederino e del nasino, senza trascurare la premura ad evitare le sudate, gli spifferi d’aria e le sbucciature alle ginocchia.

Detto e ben ribadito che i frequentatori fedeli della Chiesa non devono pretendere di limitarsi ad usufruire dei servizi religiosi, questi però non possono essere lasciati a se stessi.

Ma, perché le cose siano come Dio comanda e come il Papa raccomanda, occorre che nelle parrocchie i fedeli imparino a fare anche un po’ da soli senza aspettarsi tutto dal parroco, e poi si lascino aprire ad un generoso e fattivo impegno missionario.

COME ESCE DI CHIESA CHI CI VA?

Ricordo che Mons. Ablondi, allora Vescovo di Livorno, venne per una conferenza nella parrocchia dove ero parroco e gli chiesi conferma di un suo intervento alla TV. Gli avevano chiesto quanti erano i “messalizzanti” della sua diocesi (notoriamente la più scristianizzata d’Italia). Egli aveva risposto (una quindicina d’anni fa): il 10%!!! L’intervistatore gli aveva domandato se questo non lo preoccupava. Io ricordavo la risposta del Vescovo, ma gliene chiesi conferma ed egli ribadì a me e ai miei parrocchiani: «Certo che sono preoccupato. Ma quello che mi preoccupa di più non è il 90% dei livornesi che non va in chiesa, ma come esce di chiesa il 10% che ci va abitualmente».

La risposta di Mons. Ablondi mi confermò nell’idea di pastorale che mi son fatto con l’esperienza. Col passare degli anni, mi è diventato sempre più chiaro che noi preti e impegnati parrocchiali vari dobbiamo mettere in atto “una pastorale alla Sansone“. Avete capito bene. Ricordate nel Libro dei Giudici (15, 4-5)? Sansone prese trecento volpi, legò alle loro code una torcia accesa e le sguinzagliò tra le messi dei Filistei che ne furono incendiate.

Qui, in campo pastorale, non si tratta di andare a danneggiare nessuno. Si tratta di diffondere nell’ambiente in cui viviamo il fuoco che il Signore è venuto a portare sulla terra e che egli non vede l’ora che si diffonda dappertutto e arrivi a infiammare il cuore di tutti.

Nelle nostre parrocchie, a mio parere, non vanno trascurati “i vicini” per andare ai “lontani” nelle periferie. Bisogna aver di mira appassionatamente le periferie e “caricarci” tutti insieme, ma veramente, per arrivare a portare l’amore del Signore negli angoli più riposti e più dimenticati del vivere umano. Non c’è nessun frequentatore fedele della messa che sia dispensato da questo.

Mons. Tonino Bello in un suo bel libro dice che occorre «affliggere i consolati» in modo che, come dice Gesù, gli afflitti siano consolati. Nel caso nostro dobbiamo inquietare, “affliggere i vicini” perché si decidano a impegnarsi nel portare la speranza del vangelo ai “lontani” con cui entrano in contatto.

 IL TUO PARERE

Come affliggere i vicini, i fedeli praticanti della liturgia, della Parola, delle varie manifestazioni della religiosità popolare?