Cattolici e Lega

«Come si può chiamare identità cristiana quella che esalta l’immagine del Crocifisso ma poi crocifigge tanti fratelli, contravvenendo la caratteristica che Gesù ha voluto dare ai suoi discepoli?». Questa citazione di mons. Luigi Bettazzi, uno dei quattro protagonisti italiani del Concilio Vaticano II ancora in vita, apriva, qualche anno fa, il dossier pubblicato da “Mosaico di Pace”, la rivista di Pax Christi, il cui titolo era “Un moderno tribalismo guerriero. Federalismo, razzismo e Chiesa cattolica”. Attorno al tema Lega Nord-cattolici anche recentemente sono usciti numerosi testi: pamphlet ma anche analisi, solide e ragionate, di quello che forse troppo sbrigativamente è stato definito solamente un fenomeno di folklore.

I FURORI ANTI CRISTIANI

La questione risulta centrale in vista delle prossime elezioni comunali perché non è raro che qualche singolo esponente della Lega si appelli alla fede cristiana per giustificare la propria appartenenza politica, alzare la voce contro la costruzione di moschee, battersi contro la convenzione per l’utilizzo del reparto musulmano del cimitero di Colognola e chiedere il voto alle parrocchie.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dalla stagione dove si celebravano i matrimoni “celtici”, si attaccavano i “Vescovoni”, la Caritas (rea «di lucrare sulla pelle degli immigrati», Narduzzi) e perfino Giovanni Paolo II («il Papa polacco pensa solo al potere di Roma», parola di Umberto Bossi, agosto 1997), si minacciava la revisione del Concordato per mettere a tacere le dichiarazioni della Chiesa in ordine alle politiche migratorie (agosto 2009) fino al volgare affondo del quotidiano La Padania nei confronti dell’allora Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi (“Onorevole Tettamanzi”, era il titolo del giornale la mattina del 6 dicembre 2009 e nell’articolo l’interrogativo: “Cardinale o Iman?”).

Non ci interessa in questa sede (ma sarebbe utile poterlo fare) una riflessione sul neopaganesimo della Lega, sul quale il movimento ha costruito la propria proposta culturale prima ancora che politica. Ci interessa piuttosto togliere il velo ad alcune espressioni che circolano tra esponenti, anche orobici, del movimento. Di fatto, oggi la tendenza della Lega non sta più nel contestare la Chiesa ma proporsi come vera interprete del messaggio cristiano. La seduzione nei confronti dell’elettorato è evidente: di fronte ai cambiamenti globali in atto, complessi e di non facile interpretazione, le sirene dei contenuti e dei simboli leghisti (che in politica contano parecchio) esprimono esclusione, diffidenza, separazione, nonché una buona dose di paura fondata sull’evocazione di una minaccia costante. Parole ben diverse da quelle evangeliche.

LA RETORICA DEI VALORI

Certo, lo sappiamo, stare nella città di tutti cercando il bene comune (che non ha perimetri geografici delimitati) obbliga il credente a tradurre laicamente la propria ispirazione. Ma quale programma cristianamente ispirato può nutrirsi del disprezzo e della condanna, seppure rivestito dalla pretesa di “difendere i valori” e di riproporre, formalmente visto che mancano i contenuti e le traduzioni, “l’identità cattolica”?

Tutto questo ha portato ad abbassare, in modo continuo e inesorabile, la soglia dell’indignazione nei confronti di temi e slogan che rischiano di negare dignità alle persone e il consolidarsi di logiche, assunte come “normali”, che sono lontane da Vangelo.

Alla fine, ha perso la città ma certo anche il Vangelo.

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