Bambini sotto assedio

“Sotto assedio. L’impatto devastante di tre anni di conflitto in Siria sui bambini” è il titolo del rapporto che l’Unicef ha presentato sulle condizioni dei bambini nel conflitto ancora in corso, nel quale risulta che «sono 5,5 milioni i bambini colpiti dal conflitto in Siria che hanno urgente bisogno di aiuto». Bambini, adolescenti, ragazzini che desiderano solo «ritornare nelle loro case per tornare a vivere una vita normale» come ha detto Neige De Benedetti, scrittrice, fotografa, vice-presidente della Fondazione Together To Go, la cui mostra fotografica “Da Amman ad Erbil. Viaggio tra i bambini profughi siriani” (25 – 27 marzo), organizzata in occasione dei tre anni dall’inizio del conflitto in Siria dall’Unicef Italia viene inaugurata oggi alle ore 19.00 a Milano presso la Galleria Antonio Battaglia. «Incredibile è l’impatto psicologico su questa generazione, la violenza genera violenza». Per Andrea Iacomini, Portavoce Unicef Italia, l’impatto devastante di tre anni di conflitto in Siria, iniziato il 15 marzo 2013 è dato dalle conseguenze nefaste su un’intera generazione costretta a vivere nei campi profughi, lontano dalla propria terra d’origine. «Quando spesso ci siamo detti: mai più, puntualmente ci siamo ritrovati davanti ai nostri occhi situazioni che sono sempre le stesse, perché – ci ricorda Iacomini – questa guerra che si combatte a pochi chilometri dalle nostre coste, ha raggiunto nei suoi numeri la Bosnia e il Rwanda».

ANDREA IACOMINI:

Qual è la situazione all’interno del campo profughi di Za’atari in Giordania?

«Il campo di Za’atari è diventata la quarta città più grande della Giordania, è un campo che è arrivato a contenere fino a 300mila persone. Nel primo anno di guerra civile avevamo segnalato alla comunità internazionale che in questo campo c’erano già stati migliaia di arrivi, che nel corso del tempo si sono moltiplicati. La metà delle persone presenti nel campo sono bambini, all’interno di un quadro, quello siriano, che ha un totale di quasi 3 milioni di profughi in tre anni e quasi un milione e mezzo di questi sono bambini. Si può soltanto immaginare quando si entra in questo campo qual è il colpo d’occhio: tanti bimbi che ti accolgono all’ingresso, che vogliono parlare con te, vogliono farsi fotografare, perché ora i bambini del campo sono diventati anche delle piccole celebrità. Il campo profughi di Za’atari è meta quotidiana di televisioni di tutto il mondo che raccontano il dramma di questa popolazione. Sono bambini di famiglie normali, persone che hanno dovuto abbandonare le loro case distrutte, attraversato il confine e arrivate in questo campo attrezzato, nel quale l’Unicef fa un’attività concreta di assistenza psicologica ai bambini traumatizzati dalla guerra costruendo spazi a misura di bambino, dove si fa attività sportiva e ricreativa. Nel campo ci sono scuole dove i bambini cercano di ritornare a una condizione di normalità. Le lezioni si tengono all’interno di grandi tende. È bella la vista degli studenti che escono da scuola riempiendo la distesa di deserto dove sono accampati sotto le tende con le loro famiglie. Tre milioni di bambini in Siria sono fuori dal percorso scolastico, 4mila scuole sono state bombardate. Uno dei pilastri dell’attività dell’Unicef è riportare a scuola tutti quei bambini che vivono condizioni di estremo disagio. A Za’atari l’Unicef fornisce anche un grandissimo quantitativo d’acqua grazie alle autobotti, perché a livello internazionale uno dei mandati della nostra organizzazione è quello di fornire acqua».

Un milione di bambini sono intrappolati nelle aree della Siria sotto assedio o in quelle più difficili da raggiungere con l’assistenza umanitaria. Il rapporto lancia alcune richieste alla comunità internazionale. Quali sono le più importanti?

«Abbiamo chiesto l’apertura di corridoi umanitari per poter assistere queste popolazioni e che ci venisse data la possibilità di assistere con attività di supporto psicologico tutti questi bambini colpiti dal conflitto. Che vengano aperti dei programmi scuola. Abbiamo richiesto inoltre di poter far arrivare in queste zone materiale sanitario e alimentare, perché recentemente abbiamo sentito che nella città di Homs, sotto assedio da giorni, la gente, disperata, purtroppo è arrivata a mangiare gatti randagi. I genitori hanno mandato i loro figli a cercare barattoli di cibo scaduto per poter mangiare qualcosa. A motivo di ciò abbiamo chiesto l’immediato cessate il fuoco e l’accesso umanitario».

Numeri impressionanti per bambini che hanno perso la vita nel conflitto, quelli fuggiti senza genitori, coloro che non frequentano aule scolastiche e scuole distrutte o utilizzate come rifugi. Tra l’oltre milione di bambini rifugiati nei paesi limitrofi, uno su 10 è un piccolo lavoratore e una bambina su 5 è stata costretta al matrimonio precoce. Quale potrà essere l’impatto psicologico su un’intera generazione?

«La condizione psicologica di molte famiglie, di molte madri è arrivata allo stremo: pur di salvare queste bambine, pur di non relegarle nei campi le vendono a uomini più anziani. 70milioni di donne tra i 13 e i 45 anni si sono sposate prematuramente. 11mila bambini hanno perso la vita nel conflitto, 8mila fuggiti senza genitori. Quando si genera un meccanismo di violenza come questo che dura a lungo accade quello che è accaduto in Israele e Palestina: odio, vendetta. In un’intera generazione vivrà un sentimento di rivalsa».

Dei 9,3 milioni di persone colpite dal conflitto in Siria, oltre la metà sono bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria. L’Unicef finora come e quanto è riuscita a operare?

«L’Unicef è riuscita a intervenire all’interno e all’esterno della Siria. Abbiamo vaccinato oltre due milioni di bambini contro la poliomelite, il morbillo e altre malattie, abbiamo raggiunto 10milioni di persone con acqua potabile, oltre a kit alimentari e beni di prima necessità. Non dimentichiamo che i Paesi limitrofi, Libano, Giordania, Iraq, Turchia e l’Egitto hanno ospitato e stanno ospitando un alto numero di bambini facendo un grande sforzo di integrazione».

Come semplici cittadini europei che cosa possiamo fare per aiutare, almeno in parte, la popolazione siriana ora costretta a vivere nel deserto?

«La popolazione siriana era il fiore all’occhiello del Medio Oriente, aveva scambi commerciali con tutto il mondo e un alto tasso di alfabetizzazione. La Siria oggi è un Paese totalmente distrutto. Occorre squarciare questo velo di indifferenza che fa sì che il mondo assista indifferente a quello che accade in un Paese vicino, distante pochi chilometri da noi. Non restare indifferenti, ora, oggi, è più importante che donare. La Siria ha bisogno di risposte e io sono sicuro che i Governi nei prossimi mesi le troveranno».

NEIGE DE BENEDETTI:

“Da Amman a Erbil. Viaggio tra i bambini profughi siriani” è il titolo della mostra organizzata a Milano presso la Galleria Antonio Battaglia (25 – 27 marzo) dove Lei presenta 16 ritratti scelti dalle tante foto scattate durante la missione umanitaria in Iraq e Giordania a fianco del Portavoce dell’Unicef Italia Andrea Iacomini e di Adriano Sofri. Neige, qual è stata la prima sensazione che ha provato arrivando nel campo profughi?

«Mi è sembrato molto grande, questa è stata la prima sensazione che ho provato quando sono arrivata nel campo profughi di Za’atari. Come fotografa cerco di non farmi coinvolgere dalle cose che vedo, ma qui era impossibile, sono entrata in contatto con le mie emozioni. Mi è venuta una sorta di complesso di colpa, perché con i miei scatti ho, in un certo senso, usato la sofferenza delle persone presenti nel campo, anche se con le migliori intenzioni».

Il rapporto Unicef parla di malnutrizione, minori privati di istruzione, tanti diritti violati, mutilazioni, bimbi assassinati dai cecchini, giovanissime profughe date in sposa a uomini molto più grandi di loro, una serie di atrocità che parlano da sole. Che cosa ha letto negli occhi dei piccoli profughi?

«Prima di intraprendere questo viaggio avevo letto alcuni rapporti Unicef, non sono partita impreparata ma nonostante ciò l’impatto è stato notevole. Negli occhi dei bambini ho visto il desiderio di tornare nelle loro case, tornare a vivere una vita normale. Non dobbiamo dimenticare che i profughi da un giorno all’altro hanno perso tutto, con il dolore di uno o più familiari uccisi, fuggendo a piedi verso il confine con i bambini in spalla. Sono stati catapultati in una realtà allucinante».

Come si vive all’interno delle tendopoli?

«Ci sono tende e prefabbricati. Vivere dentro una tenda  è duro, perché il meteo non aiuta. Sotto le tende fa freddo ma d’estate con il sole cocente la popolazione è allo stremo e si vede negli occhi dei bambini. La cosa più scomoda però sono i servizi igienici soprattutto per le donne. Non ho dormito all’interno della tendopoli, però a una prima impressione ho capito che è molto complicato, adattarsi non è affatto semplice. Tutt’altro».

Che cosa le hanno raccontato i bambini. C’è una storia in particolare che l’ha maggiormente colpita?

«Premetto che ho tenuto un diario di questo viaggio. L’Unicef ha raccolto in un ebook dal titolo Passaggio in Siria non solo le mie foto ma anche racconti inediti dai campi profughi in Giordania, in Libano e in Iraq, scaricabile gratuitamente su http://www.unicef.it/doc/5387/passaggio-in-siria.htm. Una mia foto presente alla mostra ritrae una classe composta da ragazze siriane di circa 13 anni. “Vogliamo che voi raccontiate a tutto il mondo che noi vogliamo tornare a casa”, ci hanno detto. Non solo. Prima di andare via una di queste ragazze ha fermato Andrea dicendogli: “Lo sai che hanno sparato in testa a mio padre?”. E l’ha detto come se la storia paradossalmente non riguardasse lei e la sua famiglia. Il modo come lo diceva mi ha molto colpito».

Che tipo di sentimenti ha suscitato in lei un’esperienza come questa?

«Un miscuglio di sentimenti… Mi sono sentita piccola e impotente. Come è possibile che non ci sia qualcuno o qualcosa in grado di fermare questo massacro? È assurdo!»

Per informazioni: www.unicef.it/siria

Per firmare la petizione on-line per i bambini siriani:

http://www.unicef.it//formgenerator/form.aspx?ID=105&guid=67673A1D-04D2-4862-A1DA-EA776ADD37EB