Due ragazze in Perù

Michela Luiselli ed Elena Bertocchi, due ragazze albinesi, stanno vivendo un’esperienza di missione a Piscobamba, sulle Ande Peruviane: «E sono gia’ due mesi – scrive Michela – ma mi sembra di essere partita ieri, abbandonando tutte le comodita’ di casa per andare a finire in un paesino sperduto capo al mondo dove non c’è nulla. Anche se le difficoltà ci sono non cambierei niente». Ecco il loro racconto.

Tutto è iniziato il 16 gennaio quando, dopo molti inconvenienti, siamo finalmente arrivate a Piscobamba, una parrocchia dell’O.M.G. dispersa sulle Ande Peruane. Non ci possiamo di certo lamentare dell’accoglienza né da parte dei peruani, né da parte degli altri volontari. Da quel momento noi, due ragazze abituate alla bella vita albinese, ci siamo messe a disposizione delle persone più bisognose: poveri, malati e bambini. Stiamo lavorando tanto e a fine giornata non vediamo l’ora di andare a letto, considerando che la sveglia suona sempre quando ancora il sole non è sorto.
Ammettiamo che questo ci richiede molti sforzi, ma la ricompensa non ha prezzo: ricevere sorrisi, se pur sdentati, è la moneta migliore con cui essere ripagate di tutto il nostro impegno. Puliamo case, laviamo persone, facciamo catechismo, cuciniamo, balliamo e cantiamo, serviamo i pasti e cambiamo pannoloni, ma tutto ciò non lo cambieremmo con nient’altro.
Tutti i giorni, all’ora di pranzo, bussano alla porta molte persone alla ricerca di un pasto caldo, ma come non parlare di Quintina? Questa donnina sordomuta di circa ottant’anni è la “mascotte” della parrocchia, ha occupato l’entrata della chiesa con tutti i suoi averi: due cartoni e un telo di plastica, con cui si ripara dal gelo notturno. Nonostante la sua incapacità nel parlare fa intendere benissimo ciò che vuole! A volte arriva piangendo dopo essere stata trattata male dalla gente del paese e, per farle passare la tristezza, bastano due carezze e un balletto insieme.
Ma il nostro lavoro non consiste solo in questo, un’esperienza che abbiamo vissuto e di cui vogliamo farvi partecipi è stata la preparazione dei bambini alla Prima Comunione che, diversamente dall’Italia, è riassunta in tre settimane in cui si vive insieme in parrocchia e si racconta la vita di Gesù attraverso l’aiuto di alcune scenette. Eravamo circondate da ragazzini estroversi alla ricerca di un abbraccio o un gesto d’affetto che spesso non ricevono dai loro genitori, che però, arrivato il giorno fatidico della Prima Comunione, si sono trasformati in angioletti e noi come le loro famiglie eravamo orgogliosi vedendoli ricevere questo sacramento tanto importante. Per farvi capire una realtà di questo paese prendiamo spunto da una frase di Corrado Alvaro: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile” ciò noi l’abbiamo davanti agli occhi ogni giorno. La sera vediamo padri di famiglia rientrare nella loro casetta di fango e paglia dopo una giornata straziante nel campo accanto al narcotrafficante ricco che passeggia con un gelato in mano senza nemmeno una goccia di sudore sulla sua fronte. Questo ci fa capire quanto qui lavorare legalmente non permetta una vita dignitosa.
Vedere topi, tarantole, prendere i pidocchi e grattarsi per le pulci ci sembravano cose surreali ma ora, catapultate in questo nuovo mondo, è la nostra quotidianità. Ormai qui ci sentiamo a casa e siamo uniti come una famiglia, nonostante aspettiamo con ansia il momento di rivedere genitori e amici.