Cristina, studente fuori sede: “Le prime sfide: imparare a vivere con altri e ad essere indipendenti”

La scelta di un corso di studio all’Università è un momento importante, che può cambiare la vita. Sia perché si sceglie in modo più netto quale sarà la propria strada in futuro, sia perché può aprire le porte a una serie di esperienze anche al di fuori dell’ambito accademico.
Cristina, studentessa di Vilminore di Scalve, quattro anni fa, aveva scelto la facoltà di «Scienze della Formazione Primaria» della Cattolica di Brescia. E non ha mai avuto il minimo dubbio che quella fosse le scelta più giusta per lei. Dopo il Diploma al Liceo delle Scienze Sociali «Camillo Golgi» di Breno, in Val Camonica, questa era la scelta più naturale: un indirizzo per l’insegnamento alla scuola primaria e, nel percorso universitario, anche l’aggiunta di attività didattiche integrative per specializzarsi nel sostegno agli alunni diversamente abili. Fare la spola però tra la Valle di Scalve e Brescia era impensabile. Così, al pari di molti altri studenti, ha fatto le valige e si è trasformata in una studentessa fuori sede.
«I primi due anni – racconta – la ricerca di una casa non è stata un problema: a Brescia abitava anche mia sorella Roberta, e così abbiamo condiviso un piccolo appartamento. Quando lei si è laureata ho dovuto cercare altro, e sono stata fortunata. Alcune amiche di una mia compagna di corso cercavano una quarta inquilina per l’appartamento in cui abitavano loro abitavano già». Così Cristina è passata dal convivere con la sorella, ad abitare con altre tre sconosciute. «Mi sono comunque – dice – trovata bene da subito. In due anni di convivenza non abbiamo mai discusso. È ovvio, serve un po’ di spirito di adattamento: il trucco per la buona convivenza è il venirsi incontro e l’organizzazione. Spesso gli screzi possono nascere per sciocchezze, per esempio a causa delle faccende domestiche. Noi avevamo una tabella: ognuna aveva settimanalmente i suoi compiti da assolvere, e da li non si sgarrava». La vita universitaria di Cristina è stata piuttosto tranquilla.
«Qualche aperitivo – spiega – qualche cena fuori ma poche feste. Soprattutto studio: in quattro anni sono sempre riuscita a mantenere una borsa di studio, anche grazie ai risultati accademici. È stato un modo di ricompensare i sacrifici che hanno anche fatto i miei genitori per permettermi di studiare». Ma soprattutto studiare molto durante la settimana, permetteva a Cristina un po’ di libertà in più nel week end.
«Non mi pesava stare a Brescia, perché mi trovavo bene a casa, con le compagne in Università e poi perché mi piaceva quello che studiavo. Certo, avevo anche voglia di tornare a casa nel fine settimana: per la famiglia, per gli amici di sempre, ma anche per fare un po’ di sport e per lavorare». Cristina infatti gioca nella squadra di calcio femminile locale, la PoliScalve, e si è sempre mantenuta le piccole spese extra lavorando: prima facendo «la stagione» in un bar, poi in un ristorante (anche) nei fine settimana, e infine di nuovo in un bar.
Ma ora che manca davvero poco al traguardo accademico (solo tre esami e la tesi) uno sguardo al futuro che vorrebbe è inevitabile: «Vorrei fare quello per cui ho studiato, ma so che non sarà semplice. Sicuramente dopo la laurea (che spero sarà entro il prossimo aprile) mi iscriverò alle graduatorie d’Istituto in qualche scuola. I professori mi hanno anche detto che con l’aggiunta di esami per il sostegno sarei stata più facilitata nella ricerca del lavoro, e forse qualcuno parla di un nuovo concorso proprio per questo ambito specifico».

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