Le esecuzioni capitali dell’Isis e le angosce della democrazia

L’Isis ha decapitato uno dei due ostaggi giapponesi. Continua lo stillicidio, con le stesse caratteristiche che conosciamo. L’estremismo islamico contesta l’occidente con i mezzi usati in occidente. Uno soprattutto: l’informazione. Immaginiamo come sarebbe la situazione se nessuno ne parlasse. Il boia che mette in piedi la solita macabra scena – i due condannati al suo fianco, lui incappucciato con tanto di coltellaccio in mano e le solite minacce – non parlerebbe perché nessuno lo ascolterebbe. Ma se nessuno davvero ascoltasse il boia, gli ostaggi correrebbero gli stessi rischi?  Probabilmente no. Sicché il terrorismo chiama l’informazione e l’informazione serve il terrorismo

La conquista della cultura occidentale per un’informazione senza frontiere e senza censure (vedi la recente marea di discussioni attorno al caso Charile Hebdo) diventa l’arma per eccellenza in mano a coloro che negano, precisamente, quelle libertà. La libertà di informare nega la libertà.

Teoricamente, si potrebbe dire: mettiamoci d’accordo e non parliamone. Teoricamente. Perché, anche se tutti i media del mondo riuscissero a trovare quell’accordo, resterebbe sempre internet. Non so se tecnicamente è possibile impedire a una notizia di entrare nel web. Ma credo che sia quantomeno molto difficile perché immagino basti che qualcuno lo decida. La straordinaria piazza comune diventa così il recettacolo di tutto, anche delle esecuzioni capitali dell’Isis.

La democrazia e le libertà democratiche si trovano allora in gravi difficoltà: o riaffermare di nuovo, gelosamente, la libertà con il rischio di perderla tutta, o limitarla in qualche modo per poterla salvare. Molte delle scelte che si faranno nelle prossime settimane giocheranno su questo paradosso.