La trasfigurazione di Gesù. Abramo deve uccidere il figlio. Le notti dell’uomo e come attraversarle

Immagine: Giovanni Bellini, Trasfigurazione (particolare). Venezia, museo Correr

 In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. 
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche (per leggere i testi liturgici di domenica 2 marzo, seconda di Quaresima “B”, clicca qui)

«Fu trasfigurato davanti a loro». All’inizio della quaresima, dopo il deserto e il digiuno della scorsa settimana, il Signore ci mostra uno squarcio sul suo mistero. Si trasfigura e il cielo stesso scende sulla terra a testimoniare sulla sua identità divina.

GESÙ DEVE MORIRE. MA APPARTIENE AL CIELO

Gesù ha appena parlato ai suoi discepoli della sua condanna, della sua morte e della sua risurrezione. Annuncio duro, quello della morte. Ma i discepoli sanno, nonostante la fatica di accettare, che cosa vuol dire essere condannato a morte e morire in croce. Faticano molto, invece, a sapere che cosa vuol dire risuscitare dai morti. Gesù, allora, cerca di introdurli, quasi per mano, nello straordinario, insondabile mistero della sua risurrezione. È l’esperienza della trasfigurazione.

L’iniziativa, dunque, parte da Gesù. Prende con sé tre discepoli soltanto, Pietro, Giacomo e Giovanni, i testimoni privilegiati del suo mistero e li porta sopra un monte alto. Anche questo non è un dettaglio da poco. Molti degli incontri più significativi di Israele con Dio hanno avuto luogo su un monte. Basterebbe pensare al Sinai. Mosè ha ricevuto sul monte Sinai la legge, Elia vi è fuggito quando era perseguitato. Arrivato sul monte, Gesù fu trasfigurato  e il suo aspetto “fu trasformato”: è Dio che agisce, è lui l’agente del “passivo teologico” di questi verbi. Gesù, dunque, per l’iniziativa di Dio, diventa un essere celeste come Mosè ed Elia che parlano, alla pari, con lui. Diventa adesso ciò che sarà dopo, con la Risurrezione. Adesso sul monte alto, Mosè, il legislatore per eccellenza ed Elia, il profeta che deve tornare (così pensa la gente) testimoniano per Gesù, dicono che davvero lui è come loro, appartiene al mondo di Dio. Di fronte a quanto sta avvenendo Pietro fa una proposta strampalata: preparare tre capanne terrene per i tre personaggi celesti. Impossibile. Ma la proposta sta ad indicare lo smarrimento e la paura di Pietro e degli altri di fronte all’evento “divino” al quale stanno assistendo.

Poi Gesù, Mosè ed Elia vengono avvolti dalla nube che, nel Vecchio Testamento, è il segno tipico della presenza di Dio. A questo punto, non ci si meraviglia che dalla nube Dio annunci: Questi è il figlio mio, l’amato. Il monte è davvero il luogo delle grandi rivelazioni divine. Gesù, sul monte, in mezzo ai testimoni divini, si rivela per quello che veramente è: il figlio prediletto di Dio.

L’INDICIBILE PROVA DI ABRAMO. DIO NON SERVE

La vicenda di Abramo è stranamente bella e complessa. Il figlio prediletto diventa oggetto di una inspiegabile ingordigia di Dio. Eppure, nel mezzo dell’assurdo, l’angelo appare. Nella morte, in mezzo alla morte, trionfa la vita. Dio si rivela il Dio della vita nonostante le apparenze che sembrano avvalorarlo come il Dio della morte. Vale la pena affidarsi a questo Dio: Abramo lo impara lui e lo insegna al figlio.

La nostra tendenza è quella di “usare” Dio per realizzare le nostre imprese. Dio ci serve. Abramo ci ricorda che Dio non deve servire. Ma che dobbiamo abbandonarci totalmente a lui, anche quando le sue vie non sono le nostre vie.

È la stessa via si apre anche a Pietro, Giacomo e Giovanni. Anche loro hanno saputo che Gesù deve morire e hanno faticato a capire. Adesso Gesù si mostra pieno di luce.

Alla fine Abramo non solo conserva il figlio, ma non perde il contatto con Dio. E dopo la prova sa che potrà contare su di lui per le nuove prove che lo aspettano. E perfino il figlio è diverso da prima: quel figlio adesso gli appare non più solo come figlio suo, ma come figlio di Dio, protetto da lui. La prova ha cambiato totalmente il modo di vedere di Abramo.

Le letture di oggi ci dicono che la fede è un attraversare la notte. Non è assenza della notte, ma un passarci in mezzo, sapendo di poterla attraversare. Prima o poi, siamo tutti come Abramo.