Quaresima. Tra digiuni e diete. Consigli per una sobrietà moderna

Cara suor Chiara, mia madre, quando ero piccolo, mi faceva fare dei “fioretti” per la quaresiama. E’ possibile ipotizzare una forma moderna di sobrietà? E quali ne potrebbero essere i gesti? Stefano

I “FIORETTI” DI ALTRI TEMPI

Caro Stefano, generazioni di credenti nel tempo di quaresima sono cresciute con l’impegno di fare dei fioretti, quali segni penitenziale di conversione. Erano piccole scelte di “rinuncia” che rivelavano il desiderio e la volontà di non attaccarsi ai beni, al cibo o ad altro, per dare più spazio alla ricerca del Signore. Oggi forse ci fanno sorridere, ma essi assolvevano a una funzione pedagogica a cui non dobbiamo facilmente abdicare: formavano alla temperanza, alla capacità di non rimanere schiavi dei bisogni, delle emozioni, dei sentimenti smodati … ricordavano che «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio».

DIGIUNO, SOBRIETÀ  E FAME

Siamo chiamati, come tu chiedi, a ritrovare lo stesso significato di sobrietà, di essenzialità, padronanza di noi, attraverso dei gesti altrettanto evocativi di un clima di trasformazione che questo tempo di grazia richiama ai credenti. La Chiesa ci esorta alla pratica del digiuno quale forma di sobrietà e moderazione da tutte quelle realtà che possono appesantire l’esistenza, appiattendola sui bisogni primari, quali il cibo, il sonno, i beni ecc. Viviamo in un tempo nel quale il digiuno per alcuni è stato sostituito dal proliferare di diete che mantengano il corpo dentro i canoni di una bellezza irreale e priva di anima. Per altri, è la forma del vivere, poiché faticano a mangiare l’essenziale, periscono dalla fame. Queste sono le contraddizioni nelle quali viviamo! Il digiuno rimane un richiamo forte a una forma di sobrietà che ci fa ritornare ai valori importanti dell’esistenza. Sobrietà che ci riconduce al primato dell’essere sull’avere, dell’identità sull’apparenza, della solidarietà sull’egoismo sfrenato.

RIPENSARE GLI ECCESSI

Siamo richiamati a ripensare la nostra vita focalizzando quegli “ eccessi” ai quali ci siamo abituati e che caratterizzano i nostri stili personali e comunitari di vita. Pensiamo alle piccole o grandi schiavitù che orientano le nostre scelte e feriscono la nostra libertà: il consumismo, la moda, il denaro, i beni, il gioco. Pensiamo allo spreco nelle nostre case, all’abbondanza nella quale viviamo. Acquisire uno stile di vita sobrio è esercitare un discernimento su ciò che è reale e essenziale, per vivere un’esistenza umana e credente da adulti, da uomini e donne pensanti e responsabili della qualità della propria esistenza, e di quella dei fratelli, compagni di viaggio. Il segreto di una vita sobria, accetta a Dio, ha senso nella misura in cui scioglie da “catene e legami”a partire da ciò che decidiamo liberamente di poter fare a meno.

GESTI ANTICHI E NUOVI

Rinunciare a qualcosa è un esercizio grande di libertà e di padronanza di sé che allarga gli spazi della propria consapevolezza e dei valori a cui sottoporre la propria vita, che apre alle potenzialità dell’essere e alla solidarietà con i fratelli che vivono in situazione di difficoltà e indigenza. La sobrietà ha una funzione comunitaria, perché apre gli orizzonti angusti del cuore a vedere la realtà che ci circonda, scuote le coscienze annebbiate dall’indifferenza a ricercare vie di crescita per tutti. Ci è chiesto un atto di coraggio per scendere nel profondo di noi stessi e vedere a cosa possiamo rinunciare, e decidere di farlo. Potrebbe essere l’attenzione alle parole inutili, maldicenti o oscene, che abitano le conversazioni … l’eccesso di cibo, vestiti, divertimento, uso dei mezzi di comunicazione. Oppure la superficialità delle relazioni familiari, di vicinato, la poca attenzione o ascolto delle persone vicine o lontane … i gesti di perdono e riconciliazione dopo anni di litigiosità o indifferenza; il tempo dedicato gratuitamente per forme di servizio, di prossimità, di solidarietà, come singoli, famiglie, comunità. Gesti semplici, ma incisivi, che trasformano il tessuto relazionale e mutano le ostilità delle convivenze in rapporti di accoglienza e ospitalità. Ritornare a una vita sobria per rompere quei meccanismi di potere che ci chiudono nell’autoreferenzialità e nell’egoismo sfrenato, contrari al vangelo ed è assumere lo stile di Gesù. Con Lui camminiamo in questa quaresima per giungere rinnovati nel corpo e nello spirito alla Pasqua, «trasformando ciò che è amaro, in dolcezza di anima e di corpo», divenendo generatori di vita nuova, di legami fraterni di solidarietà, che annunciano la profezia di un umanità riconciliata nell’amore.