Scuola, vacanze lunghe… Oltre il dibattito. La scuola non dovrebbe essere solo tempo di lezioni

VACANZE TROPPO LUNGHE. PAROLA DI MINISTRO

Vacanze scolastiche troppo lunghe? Il Ministro del Lavoro Poletti ha auspicato un riempimento dei tre lunghi mesi di vacanze scolastiche con attività utili, legate eventualmente al mondo del lavoro e dell’impresa. Hanno obbiettato tutti coloro che ritengono, a ragione, che il calendario scolastico dei ragazzi sia il più denso e lungo d’Europa. La media italiana sta sopra le 1200 ore annue, nel resto d’Europa oscilla attorno alle 900 ore. Non perciò i rendimenti italiani sono superiori a quelli europei e dell’OCSE. E’ esattamente l’opposto. Al gigantismo annuale del curriculum italiano corrisponde anche il gigantismo del curriculum totale. In Italia occorrono 13 anni per arrivare al diploma. Nel resto d’Europa ne bastano 12. Nonostante la legge n. 517 del 4 agosto 1977, che ha anticipato la data d’inizio dell’anno scolastico verso la metà di settembre, la diluizione degli orari resta esigua. Prima di allora, l’inizio dell’anno era fissato il 1° ottobre, festa di San Remigio e ”remigini” venivano perciò chiamate le matricole della prima elementare. Insomma: sono vere ambedue le posizioni. Siamo dunque alla classica aporia kantiana?

SCUOLA, LAVORO, PENSIONE. TUTTO DA RIPENSARE

L’orario di “lavoro” dei nostri studenti, tra i 6 e gli 11 anni, varia da 24 fino a 30 ore settimanali, da 30 a 33 ore nella media, da 27 a 35 nelle superiori. Però, poi, si stendono davanti tre mesi vuoti. La situazione non è aggiustabile, se non si cambia l’intero schema mentale e organizzativo che ha presieduto fin qui alla formazione del calendario scolastico. Il modello è quello delle società industriali di prima e seconda generazione. Il “tempo di vita” è suddiviso in tre grandi partizioni: gli anni della preparazione al lavoro, il lavoro, la pensione (e, ahinoi!, relativo exitus). La vita autentica è quella che sta in mezzo, il resto è solo “allenamento a…” oppure “riposo da…”. Quali conseguenze? Prima: il tempo-scuola non è tempo di vita, è solo un tempo di attesa della vita vera, quella che si confronta con il mondo. Seconda: il tempo-scuola è solo tempo-lezione. Ambedue questi dogmi stanno saltando nell’epoca della terza rivoluzione industriale e della Rete globale. Le età della vita si sono frammentate e articolate, ma ciascuna di queste età non si percepisce più solo in un’ascesa verticale, sempre in attesa di altro che verrà. Ogni età vive il suo rapporto orizzontale con il mondo, si distende nel tempo non solo diacronicamente, ma anche sincronicamente.

I GIOVANI NON ASPETTANO DI ENTRARE NEL MONDO. CI VIVONO GIÀ 

Ne consegue che le generazioni giovani sentono di avere qui e ora un rapporto pieno e non provvisorio con la realtà. Ogni tempo di vita è tempo di “eudaimonia”, cioè di “fioritura umana”. Il sistema scolastico non è organizzato per rispondere a tale bisogno essenziale di fioritura, che è desiderio esistenziale di sapere, pulsione vitale verso la realtà. Oggi il sapere fluisce da ogni parte della noosfera, come la radiazione fossile da ogni angolo dell’universo, si mescola alla vita quotidiana, al lavoro e al tempo libero. Da sempre le giovani generazioni vivono questa condizione di tensione alla realtà totale. Ma la potenza del sistema organizzativo statale/industriale le schiacciava brutalmente, distendendone le vite verso il futuro. Non dava loro tempo. Questo schema è oggi respinto dai ragazzi, nell’unico modo in cui riescono a farlo: “con i piedi”. Cioè: lasciano il campo sia simbolicamente – donde la noia, l’indifferenza, la depressione, il bullismo – sia realmente.

I GIOVANI “FUORI GIOCO”. L’ALTERNATIVA: SCUOLA ATTIVA TUTTO L’ANNO

Dal 2000 al 2014 quasi due milioni di ragazzi sono usciti dal sistema scolastico, andando a gonfiare il fiume dei NEET (Not in Education, Employment and Training), che in Italia è arrivato al 24% dei giovani tra i 16 e i 29 anni. Se è così, se il tempo-scuola vuole essere tempo di vita, non lo si può ridurre al solo tempo-lezione. Quand’anche le lezioni non fossero propinate come conferenze–stampa seriali, quand’anche si passasse ai quattro Dipartimenti, centrati sulle quattro aree culturali (Lingue e linguaggi, Storia, Matematica, Scienze), la scuola dovrebbe stare aperta tutti i giorni lavorativi dell’anno dalle 7 di mattina alle 7 di sera, escluso il sabato, dovrebbe fornire solo 4 ore di lezione al mattino, per 180 giorni. Ovviamente distribuiti lungo tutto l’anno, in tutti i mesi dell’anno, con attività opzionali di potenziamento e recupero a volontà, con studio e lettura assistita e compiti assistiti, a domanda. A questo punto, non ci sono più né il solo studio né una troppo lunga vacanza. C’è solo la fioritura di ciascun ragazzo, tutti i giorni dell’anno.

 

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