Ogni uomo sigillo d’infinito. Profughi e “differenza” cristiana

Foto: La tomba di Oskar Schindler,  vicino al sito della Dormizione di Maria , nella parte vecchia di Gerusalemme

Martedì scorso, Francesca Ferrandino, Prefetto di Bergamo, ha incontrato decine di Sindaci di paesi della nostra comunità bergamasca, a proposito dell’accoglienza dei profughi. Nella lettera di convocazione vi stava scritto: “I continui, significativi flussi migratori di cittadini stranieri provenienti dai Paesi del Nord e Centro Africa, nonché dai Paesi del Mediterraneo e la conseguente necessità di reperire strutture capaci di consentire l’ospitalità e l’assistenza temporanea, hanno posto in luce la necessità di delineare efficaci percorsi operativi”. Vale a dire: è giunto il momento di fare i conti con un fenomeno – quello dei profughi – non più congiunturale ma strutturale e duraturo nel tempo.

Una presa d’atto utile e necessaria per evitare la polarizzazione tra i teorici della pericolosità del complotto e del respingimento indiscriminato e quelli della felicità dell’ibridazione culturale e dell’accoglienza a ogni costo in un scontro verboso troppo ideologico piegato spesso e volentieri sui tatticismi elettoralistici dei vari partiti che utilizzano la questione dell’immigrazione per strappare facili consensi. Non bastano slogans, da una parte come dall’altra. Sta cambiando il mondo ma tanti, troppi, a destra come a sinistra, rimangono ancorati a categorie interpretative obsolete. Siamo di fronte ad un allarmante deficit di pensiero e di riflessione, evidente in molti interventi di politici, anche autorevoli.

COSA DICONO I CRISTIANI

La domanda che spesso mi sento rivolgere quando discuto e affronto questi temi è: “dove sta, in tutto questo, la differenza cristiana?”. In pratica, e in concreto, i cristiani che leggono la Parola (“Ero straniero e mi avete accolto”), abitano la città di tutti (“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”, articolo 10 della Costituzione). Come devono porsi di fronte al crescente numero di uomini e donne, ciascuno con nome e volto, che sbarcano sulle nostre coste? Se è vero, come sostiene Lucio Caracciolo, che “i flussi migratori non si fermano. Al massimo si deviano”, cosa possono e debbono fare i cristiani?
Certamente, data la complessità, inedita, del fenomeno possono essere comprensibili alcune preoccupazioni che possono tramutarsi in paura. Credo invece che siano da rigettare profondamente atteggiamenti xenofobi che feriscono una comune umanità. Ogni uomo, per un credente, è sigillo di infinito. Specie quando si tratta di persone disperate che non hanno né pane né casa. Soprattutto in tempi e in stagioni come queste, occorre ricordare a tutti, a cominciare da chi ha responsabilità politiche ed economiche, che nessun essere umano è clandestino su questa terra, che ciascuno ha diritto a veder riconosciuta e rispettata la propria dignità, che migranti, profughi, esuli, vittime di guerre e di carestie non si metterebbero in viaggio se trovassero pane e giustizia là dove sono le loro radici e il loro cuore.

Certo, tocca alla politica indicare le vie di soluzioni più opportune. Romano Prodi, ad esempio, che per l’ONU è commissario sui problemi dell’Africa, ribadisce, come proposta, tre priorità: ricostruire un interlocutore credibile in Libia, sostenere la crescita economica sub-sahariana, dare all’Ue una seria politica per il Mediterraneo. In particolare lavorare per lo sviluppo dell’Africa, anche con la Cina, che lì è molto più presente di qualsiasi altro paese.
In ogni caso, anche il principio evangelico dell’accoglienza dello straniero deve essere tradotto dentro le regole della comunità plurale. L’ho scritto più volte: non esiste una politica “cristiana”, un’economia “cristiana” ma donne e uomini che – laicamente – salvaguardino la distinzione tra fede e politica e traducano nella città di tutti (non solo dei cristiani!) i valori in cui credono (e l’accoglienza è uno di questi) declinandoli come risposte fondamentali ai bisogni dell’uomo (il tema della mediazione etica) e secondo la regola della maturazione del consenso, e quindi della paziente azione pedagogica culturale, e non dell’immediata imposizione di essi nelle leggi. Dobbiamo riconoscere che anni di latitanza e di abbandono (in alcuni casi consapevole) di laici cristiani dall’agone politico hanno impoverito il dibattito e reso incapaci i cristiani di andare oltre la semplice enunciazione valoriale. Spesso vuota e retorica. E dunque inconsistente.

CHI SALVA UNA VITA, SALVA IL MONDO INTERO

La settimana scorsa, ho sostato, presso il cimitero cattolico di Gerusalemme, di fronte alla tomba di Oskar Schindler, l’industriale tedesco che, con la sua provvidenziale “lista”, salvò la vita a 1200 ebrei. Ho ricordato al gruppo che guidavo la frase incisa sull’anello d’oro, forgiato di nascosto, che i salvati gli regalarono prima della sua partenza da Brinnlitz. Una frase presa dal Talmud: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Ogni volta che la pronuncio, la associo all’esortazione presente nella Lettera agli Ebrei: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo, hanno accolto degli angeli”.
Per questo ho trovato illuminante quanto, a proposito del dramma dei profughi, ha scritto recentemente Gianni Riotta: “Quando rileggiamo, nel 2015 le memorie 1945 di padri e nonni, vediamo amaro il ricordo ‘di chi restava a guardare’, davanti ai treni piombati verso i lager, ai rastrellamenti, ai comizi dei dittatori, alla raccolta delle vittime. Indignarsi è facile per noi nel tinello del XXI secolo, opporsi a mani nude alla violenza richiede coraggio fuori dal comune. I libri che diamo in lettura agli scolari deprecano gli ignavi di allora: e noi? L’Europa decida quel che vuole, per calcolo elettorale, convenienza del momento, paura di agire, egoismi. Ma tutti saremo giudicati con la stessa severità con cui Primo Levi inchiodava ‘la zona grigia’ dei lager tra vittime e oppressori. Il prossimo Titanic che scomparirà nelle acque delle vacanze, mentre ci commuoviamo cambiando canale senza far poi nulla, ci renderà ‘zona grigia’ Non aspettiamoci dunque pietà da chi ci giudicherà.”

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