Chasing Life: fare i conti con la fragilità non è per forza un dramma. Una serie televisiva speciale

Cogliere l’attimo, assaporare ogni momento, intensamente, a testa alta, qualunque cosa accada. Fare i conti con la fragilità, ma sperimentare fino in fondo anche la bellezza della vita: è questo il motto di April, la giovane giornalista in lotta con la leucemia protagonista di « Chasing Life » («Cacciando, inseguendo la vita», la serie televisiva che in Italia debutta a settembre su Premium Stories (ma si può già vedere in anteprima su Infinity, la pay-tv web di Mediaset).
L’estate scorsa c’era «Colpa delle stelle» di John Green (libro e film) e le teenager, ma non solo, seguivano col fiato sospeso e molta emozione la storia di Hazel & Grace, due innamorati entrambi malati di cancro. E poi «Braccialetti rossi», libro di Albert Espinosa e serie televisiva, già due stagioni all’attivo e un successo straordinario: la storia di un gruppo di bambini che combatte la malattia in ospedale con armi singolari: coraggio, ironia, amicizia, gioia di stare insieme. Ora, a settembre, su Premium Stories, arriva « Chasing Life ». Ce n’è abbastanza per parlare di controcultura: la malattia non più nascosta, ma nemmeno esibita come accade in alcuni medical drama (da Grey’s Anatomy a E.R., dove i camici bianchi e le loro abilità professionali sono i veri protagonisti).
Si può con-vivere con la malattia, con tutto ciò che questo comporta, e nonostante tutto non arrendersi, innamorarsi, occuparsi delle persone che si hanno vicino, lottare per la propria realizzazione, esprimere i propri talenti, perfino aiutare gli altri. Nella vita di April la leucemia arriva all’improvviso, a 24 anni: il verdetto crudele di un esame del sangue a cui si è sottoposta per caso, proprio mentre la sua carriera di giornalista al Post stava decollando, come la storia d’amore con un affascinante collega, Dominic. La prima reazione della ragazza è fare finta di niente con tutti, compresi i suoi familiari: è troppo dura dire che è malata, quando ancora nessuno può accorgersene, quando la sua vita sembra poter andare avanti come niente fosse, quando i problemi degli altri (la sorella Brenna, la madre, l’amica Beth) le sembrano sempre più importanti da affrontare. Ma è un’illusione che dura poco: April deve affrontare nuovi esami e poi la chemioterapia. Pian piano però capisce «quante cose mi sarei persa se non mi fossi ammalata di cancro», fino ad avere il coraggio di esporsi e di scriverle in prima persona sul suo giornale. Fa della malattia un’occasione: un ribaltamento di prospettiva straordinario. Così anche la sua famiglia. Ovviamente non vengono taciute le tante paure e le dinamiche complesse che un evento così drammatico porta con sé: una rivoluzione, nella geometria delle relazioni e nella routine quotidiana. La serie, trasmessa in America dalla Abc, viene seguita in America da circa un milione di persone a puntata, e soprattutto dai giovani. La chiave di questo buon successo, secondo noi, nonostante non si tratti di una delle classiche «comedy» piene di intrecci amorosi e lustrini come «Gossip Girl», per capirci, è un racconto che non fa leva sulla compassione ma sull’empatia, e che davvero smonta gli stereotipi, mostrando chi è malato non è “uno scarto”, ma una risorsa. Una persona che chiede rispetto, considerazione, ascolto (e non saluti frettolosi e sguardi bassi), capace anche di una sensibilità speciale.

Ecco il trailer (in inglese, per ora :-))