We Care: «Tutto quello che facciamo è politica. Noi giovani non possiamo tirarci indietro»

“We Care” al via l’anno di formazione della scuola di educazione e formazione alla politica per giovani dai 16 ai 26 anni, promossa da Acli, Aeper, Commissione provinciale di Libera, Coordinamento provinciale di Libera, Fondazione Serughetti La Porta, in collaborazione con il Comitato bergamasco per la difesa della Costituzione e l’Ufficio della Pastorale della Diocesi di Bergamo. Il percorso,  contraddistinto dalla domanda “Si può fare a meno della politica”, si articola in una serie di incontri centrali (più altri corsi “periferici” sul territorio provinciale) con esperti, giornalisti e politici: il primo si terrà nella serata di stasera e vedrà la partecipazione del sondaggista Nando Pagnoncelli. Scopo dell’iniziativa è coinvolgere quei giovani che hanno curiosità, disponibilità e talvolta “voglia” di essere stimolati a ragionare di politica, nel senso più alto del termine. Un’esigenza nata per colmare un gap, ossia l’assenza o il declino di luoghi di riflessione politica aperti ai più giovani, in cui possano essere accompagnati e aiutati a coltivare questo interesse. E per capire cosa spinga un giovane a interessarsi al governo del Bene Comune abbiamo chiesto ai diretti interessati, ossia cinque tra ragazzi e ragazze che hanno deciso di far parte del progetto, da cosa nasca questo desiderio, in un periodo in cui l’indice della fiducia nei partiti e nelle istituzioni tra la popolazione giovanile ha raggiunto i minimi storici.

Laura Cicirata, 23 anni, frequenta We Care da cinque anni:  i primi tre li ha trascorsi seguendo i corsi da studentessa liceale, negli ultimi due ha invece iniziato a collaborare come “tutor” partecipando agli incontri di programmazione e organizzazione dei corsi. «Fare politica significa contribuire in ogni momento della nostra vita a creare qualcosa che riguarda noi, gli altri e il luogo in cui viviamo. Fare politica è andare a scuola, leggere giornali, partecipare a degli incontri, esprimere il proprio voto e confrontarsi con chi la pensa in modo diverso da noi, è mobilitarsi se quello che succede non ci piace. Che lo vogliamo o no, la politica ci circonda, e non è solamente quella di palazzo, vista da qualche servizio alla TV o nei commenti al bar. La politica è fatta delle nostre azioni quotidiane, si alimenta delle nostre relazioni.  Per questo motivo credo che sia importante non lasciare che sia sempre qualcun altro a pensare per noi, delegando per pigrizia o sfiducia, ma come ha già detto qualcuno: Libertà è partecipazione».

Anna Mennea, studentessa all’Università degli studi di Milano, ha a sua volta ben chiaro cosa significhi la politica con la “P” maiuscola. «Impegnarsi in politica, a mio parere, è rappresentato da ogni nostro singolo piccolo gesto, da ogni nostra singola attenzione a tutto ciò che ci circonda e dai diversi punti di vista, indipendentemente dall’orientamento politico, soprattutto in un clima di tensione come quello attuale. Non dobbiamo dimenticarci che fare politica significa partire dal basso! Penso e credo fermamente che i giovani come prima cosa debbano avvicinarsi e credere nella politica con la “P” maiuscola, mettendosi in gioco in prima persona; innanzitutto con il voto, almeno quando ci sono le consultazioni».

Stefano Longo, 23 anni, ha vissuto un’esperienza di studio all’estero e reputa l’informazione un pilastro fondamentale della democrazia, specialmente per la capacità di rendere consapevoli e in-formati i cittadini. «Fare politica credo sia l’unico modo per essere   cittadini veramente liberi all’interno di una democrazia. Sì, perché la democrazia è come un cristallo, tanto bello quanto fragile, che per non rompersi deve necessariamente manifestarsi nella vita di tutti i giorni, e non solo nelle varie tornate elettorali. Nello specifico, credo che vi siano tre diversi modi di fare politica. Quello che reputo fondamentale ed  essenziale per sorreggere la struttura portante della democrazia è che i cittadini si informino. L’informazione è il discrimen tra un voto libero e consapevole, e un voto cooptato e sorretto dalle semplicistiche soluzioni proposte dal populista-showman di turno. Una cittadinanza attiva e vigile, che abbia la capacità di leggere gli eventi e i fenomeni sociali con spirito critico, è il primo tassello di una sana democrazia».

In questo la scuola italiana non può non giocare un ruolo fondamentale, e in merito mi sento di lanciare, molto modestamente, un breve appello: «che la scuola non si affanni tanto nel finire a tutti i costi ogni singolo punto dei programmi scolastici, ma si concentri di più nel dare agli studenti quegli spunti di riflessioni, a far vivere ai ragazzi quelle esperienze, capaci di accendere in loro la passione per la “res publica” e di sviluppare, una volta usciti dalle superiori, una capacità di analisi e riflessione che più di qualsiasi altra mera nozione li aiuterà nel farsi strada nei tortuosi percorsi della vita.  Nei partiti si esercita la politica in senso stretto, si entra in un organismo strutturato che più di ogni altro è protagonista assoluto della scena politica quotidiana, chiamato a prendere decisioni e assumersene la relativa responsabilità. Fare politica “in senso lato” invece vuol dire entrare in una delle miriadi di associazioni che nel territorio, sotto i più svariati aspetti, costituiscono il tessuto sociale vivo della comunità di cui facciamo tutti parte. Sono due modi diversi e complementari per interessarsi ed essere protagonisti della vita e del cambiamento della nostra società: due modalità, oltre a quella basilare riguardante l’informazione, per fare politica ed essere veri liberi cittadini  all’interno di un sistema che voglia dirsi democratico».

Andrea Sem Castelli è uno studente in Diritti dell’Uomo ed Etica della Cooperazione internazionale all’Università degli Studi di Bergamo ed è organizzatore e referente del corso della scuola “We Care” che si terrà a partire dal 6 novembre presso il centro civico di San Paolo d’Argon. Il corso in questione verterà sulla globalizzazione e sulla sostenibilità, declinata nelle sue quattro dimensioni (ambientale, economica, istituzionale e sociale). «“Fare politica” o “impegnarsi in politica” significa mettere le proprie capacità al servizio della collettività per un tempo determinato dal mandato, cercare di risolvere la complessità della quotidianità, sia nel breve che nel lungo termine e operare secondo giustizia- ha spiegato lo stesso Andrea- i giovani sono uno dei motori di uno Stato ed è attraverso l’istruzione e la cultura che essi possono contribuire in prima linea in politica, attraverso la “cura” (in senso lato) delle istituzioni politiche; istituzioni politiche intese non meramente come gli edifici adibiti alla funzione pubblica ma anche come valori della collettività quali la democrazia, la tutela e la valorizzazione della cultura, dell’ambiente e dei rapporti sociali, anche e soprattutto con persone di culture diverse dalla nostra, perché le “differenze” sono delle risorse preziose».

Clara Colombo, 25 anni, consigliere comunale con delega alle politiche giovanile a Curno, dopo aver seguito nel 2009 il suo primo corso della scuola “We Care” è entrata a far parte dell’organizzazione e dall’anno scorso è referente di uno dei corsi periferici che si terrà proprio nel suo comune. «Per me fare politica significa innanzitutto passione, voglia di dedicarsi al Bene Comune e fiducia in un futuro diverso e migliore. I motivi che mi spingono a fare Politica oggi sono diversi: credo nel metterci la faccia; credo non si possa fare finta di nulla, chiamarsi fuori da tutto per poi aver sempre da ridire su quello che viene fatto; penso che solo con un impegno da parte di tutti si possa migliorare questo Paese e, infine, perché sono convinta che Politica è una parola bellissima che significa partecipare, discutere, confrontarsi, conoscere e conoscersi ma soprattutto significa crescere. Nonostante abbia solo 25 anni, non sono convinta che in politica “giovani” indichi esclusivamente una questione anagrafica, penso sia più un aspetto legato alla freschezza delle idee, al forte coinvolgimento emotivo nelle cause in cui si crede, al non arrendersi alle prime difficoltà e queste caratteristiche possono essere anche di persone anagraficamente non più tanto giovani.Penso che gli anagraficamente giovani in politica possano portare questi aspetti e tanta energia e voglia di fare per il futuro proprio e dei propri coetanei».