Gli attentati di Parigi. La “Ville lumière”, cosmopolita ed estroversa, è sotto attacco

Foto: Parigi, Quartier Latin, Rue saint Séverin

PARIGI SI DIFENDE RIFUGIANDOSI NEL PRIVATO

I parigini, in questi giorni dell’immediato dopo-attentato, si stanno  rinchiudendo in casa. La città sente fortemente la paura e si difende. Gli attentatori, infatti, hanno colpito non le case private, ma i luoghi pubblici. È impressionante, infatti, la lista dei bersagli presi di mira dai terroristi: lo Stade de France, dove era in corso la partita di calcio Francia-Germania, i ristoranti Carillon e Petit Cambodge, il bistrot Bonne Bière e la pizzeria Casa Nostra, la brasserie Belle Epoque, il ristorante Comptoir Voltaire e poi la sala di concerti Bataclan che ha pagato il prezzo più alto di vittime. Tutti locali pubblici, dunque. Diventa quindi naturale che, per difendersi dall’attacco al pubblico, i parigini corrano a barricarsi nel privato. Lo stesso métro, mezzo di trasporto indispensabile nella capitale francese, ha visto diminuire di quasi il 40 per cento il numero dei passeggeri.

CITTÀ ESTROVERSA

È il tratto che impressiona di più, questo. Parigi è soprattutto città estroversa, che ama riversarsi nelle strade e nei luoghi classici del ritrovo. Basta andare sulla rive gauche, nel Quartier Latin, tra il Boulevard Saint Michel e Saint Séverin, tra la Senna, la Sorbona e il Luxembourg, soprattutto verso sera, all’orario scelto dagli attentatori, con i locali che si riempiono di avventori e gente, tanta gente che cammina per le stradine del quartiere (c’è un verbo che è tipico del francese e che dice bene questo instancabile gironzolare: flâner che significa: andare a zonzo, bighellonare, girovagare, oziare). Oppure ci si può spostare sulla rive droite, percorrere l’interminabile Avenue des Champs Elysées, con i suoi negozi, le librerie, i ristoranti… E anche lì gente, gente, gente che cammina, che entra nei negozi, che guarda, che compra… Se, per ipotesi, si dovesse togliere a Parigi questo endemico formicolio, Parigi non sarebbe più Parigi. Ecco: è proprio il carattere estroverso, comunicativo, pubblico della Ville Lumière che i terroristi hanno voluto colpire.

LA LUNGA STORIA 

L’ultimo capitolo di queste giornate convulse ha avuto luogo mercoledì 18 novembre nel quartiere di Saint-Denis, non lontano dallo Stade de France da dove tutto è cominciato. Le immagini che la televisione ha trasmesse mostravano i poliziotti che davano la caccia ai terroristi. Spesso, nelle immagini, appariva la facciata nota della chiesa di Saint Denis. La chiesa è da sempre legata alle figure dei re di Francia che sono sepolti numerosi in quella chiesa: da Filippo il bello, a Carlo V, a Carlo VIII, Luigi XII… per finire a Luigi XIII, Luigi XIV, il Re sole, Luigi XVI, il re ghigliottinato dai rivoluzionari del ’79, fino a Luigi XVIII.  Insomma: un condensato di storia della  Francia attraverso la storia dei suoi sovrani.  È, se vogliamo, l’altro aspetto pubblico della Francia: quello della sua storia.

Tutto è iniziato dalle parti di Saint-Denis, dunque, da uno stadio e da una partita di calcio e tutto finisce a Saint Denis, davanti alla cattedrale che contiene i resti dei re di Francia: la “piazza” di oggi e la storia di ieri. Gli attentatori attaccano precisamente quel volto pubblico della Francia, la sua identità sociale.

E si capisce, da questo, che qualsiasi resistenza al terrorismo dovrà ricostruire, precisamente, quella dimensione che è stata oggetto degli attacchi dei giorni scorsi. L’alternativa ai terroristi non è un assemblaggio di individui, ma una società, un popolo, se vogliamo usare un termine caro alla storiografia ottocentesca. O si salva questo o si rischia di non salvare niente.

UNA SOCIETÀ SOLTANTO LAICA?

A questo punto si dovrebbe avviare una discussione che è tipicamente “francese”. Questa identità può prescindere da legami significativi con una istituzione e una storia religiosa? Le vestali della laicità “à la française” diranno di sì, che è possibile: bastano i valori laici della rivoluzione. Ma sono quelli che, precisamente, sono messi in discussione dall’invasione cosmopolita di Parigi e da visione religiose che non riconoscono quei valori e spesso li contestano. Basta pensare all’Islam, dal quale gli attentatori provengono. Ma sarebbe, questo, un discorso troppo lungo. È probabile che se ne debba riparlare.

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