Paolo Oreni, da Bergamo a Monaco sulle note dell’organo della Peterskirche

Vi proponiamo un’intervista realizzata da Lucio Benaglia, bergamasco a Monaco, all’organista Paolo Oreni in attesa della sua esibizione benefica sull’organo della Peterskirche di Monaco di Baviera a favore della comunità locale, in programma il 21 novembre alle 20.

Maestro Oreni, leggendo la sua biografia sembra di capire che abbia cominciato sin da giovanissimo lo studio della musica. Ci può raccontare quando è nata questa passione e come si è avvicinato ai primi studi?
«Sì, ho iniziato a 11 anni facendo il chierichetto nella mia chiesa di Treviglio. Sentendo suonare l’organo mi si è aperto un mondo inaspettato verso il “Re” degli strumenti. Iniziai da autodidatta grazie a preziosi consigli dell’organista parrocchiale, il maestro Carlo Pennati, e in seguito grazie alla preparazione di  Teresa Como entrai in Conservatorio a Bergamo».

Lo sbocco professionale che generalmente ci si immagina per un diplomato in Organo è quello dell’organista in una chiesa. Ma mi sembra di capire che invece Lei non lo sia. Ci può spiegare meglio in cosa consiste la sua attività organistica?
«In realtà ho sono stato per ben 10 anni organista di chiesa a Treviglio e un anno nel Duomo di Merano, senza contare i numerosi servizi sporadici svolti in diverse chiese a Parigi e in Lussemburgo. Tuttavia la mia vera natura è quella dell’organista errante che porta la musica in giro per il mondo, cosa che non combacia con le esigenze liturgiche dove l’organista deve essere sempre presente».

Nella sua homepage  è possibile dare un’occhiata al calendario dei suoi concerti. Molti sono all’estero e in particolare in Germania. C’è un motivo particolare?
«In Germania mi trovo come a casa. La mia patria in realtà mi offre il minimo indispensabile. In questi ultimi 16 anni ho tenuto circa 100 concerti nell’Europa intera, a parte l’Italia».

Uno dei tanti suoi talenti musicali consiste nella capacità di improvvisare. Secondo Lei è dono di natura o piuttosto frutto di un gran lavoro e di esercizio continuo?
«Il grande organista Marcel Dupré diceva: ”l’improvvisazione non s’improvvisa!” È vero; senza una adeguata preparazione teorica e tecnica è molto difficile improvvisare, anche se l’ispirazione incide comunque almeno per il 90%. Direi che servono contemporaneamente una grande preparazione e una buona dose di immaginazione».

Quali sono i concerti che, sino ad oggi, ricorda come particolarmente emozionanti e riusciti?
«In assoluto Nôtre-Dame a Parigi dove ritornerò il 18 Novembre 2016, poi la Tonhalle di Zurigo dove registrerò quest’anno il mio terzo CD (i primi due li ho registrati a Salorno (in provincia di Bolzano) e Cremolino (in provincia di Alessandria). Comunque,  per me ogni concerto è ugualmente importante, che sia in una piccola chiesa sperduta nella campagna oppure in una cattedrale colma di appassionati».

A differenza di un pianista o di altri strumentisti, come organista si trova sempre davanti uno strumento diverso, che cambia a seconda della chiesa o della sala da concerto in cui è conservato. Vive questo aspetto più come un problema da superare o piuttosto una chance espressiva?
«Come una grandissima chance! Scoprire ogni giorno uno strumento nuovo è fonte di grande ispirazione».

Le è mai capitato di rinunciare all’ingaggio per un concerto sapendo di dover suonare su uno strumento poco interessante o non all’altezza delle sue necessità tecniche ed espressive?
«Assolutamente no! Anzi, ho sempre preso come una sfida personale “tentare” di dare un momento di grande musica anche su strumenti mediocri. Il pubblico per me è l’elemento più importante della mia attività».

Il 21 novembre suonerà a Monaco di Baviera all’organo della Peterskirche. Ci può descrivere brevemente lo strumento sul quale si esibirà?
«È uno strumento meraviglioso. Grande, completo e molto sonoro. Tra l’altro è stato costruito da un mio caro amico, Philipp Klais, che costruisce organi in tutto il mondo con sapienza e grande precisione».

Che programma intende presentare per questa occasione?
«Sarà un programma che metterà in valore ogni singolo registro dello strumento, rendendo omaggio anche a compositori bergamaschi».

Con la professione di organista concertista Lei deve guadagnarsi da vivere. Non avendo uno stipendio fisso come succede per un organista alle dipendenze di una chiesa o per un insegnante di conservatorio,  il Suo sostentamento economico dipende esclusivamente dall’ attivitá concertistica. Ci sono stati momenti in cui si è pentito di aver fatto questa scelta di vita?
«In realtà, come in tutte le professioni, ci sono momenti di sconforto di fronte al tema economico, anche se ho sempre cercato di guardare “oltre” e, pur con diversi sacrifici, oggi posso continuare in questa meravigliosa avventura umana e artistica che mi permette di conoscere gente splendida e posti stupendi».

Lei offrirà gratuitamente questo concerto, in occasione del quale suonerà senza alcun compenso, per sostenere un progetto della Comunità Cattolica Italiana di Monaco di Baviera. Perché questa decisione?
«Da 16 anni tengo diversi concerti ogni anno a scopo benefico. Credo che sia doveroso poter aiutare con la Musica chi ne ha bisogno».

Quando suona all’estero, è fiero di essere italiano e di rappresentare un paese che vanta una grandissima tradizione musicale? E come musicista italiano, quale pensa possano essere i punti di forza e di carattere che la fanno apprezzare dal pubblico estero?
«In realtà sì, sono orgoglioso di essere italiano pensando al bagaglio culturale che i nostri avi ci hanno tramesso. Non certo per la situazione politico-economica attuale. Il nostro paese è ormai allo sbando e sinceramente sto seriamente pensando di trasferirmi in Germania. Il pubblico, quando mi saluta entusiasta alla fine di ogni concerto, mi fa capire che la mia italianità è apprezzata».

In occasione dei suoi viaggi concertistici, tra prove e concerti, ha ogni tanto del tempo per immergersi nella cultura e nella tradizione del posto in cui è invitato a suonare? In caso positivo, quali sono gli aspetti che Le interessano di più?
«Non c’è viaggio dove non m’infili in musei o viuzze nascoste in cerca di “bellezza”. La musica esige ispirazione e questa si deve cercare in tutto ciò che facciamo. Un esempio: com’è possibile immaginare le geometrie strutturali di una Fuga di Bach senza conoscere le cattedrali gotiche? Oppure interpretare i romantici francesi senza conoscere Parigi?»

In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una crisi dell’ideale europeo. Lei suona, ha suonato e suonerà in molti paesi dell’Unione.  Ci può fare un esempio concreto preso dalla Sua esperienza personale in cui la musica Le si è rivelata davvero un linguaggio universale?
«Il ricordo più bello è quando ho suonato in Albania in una chiesina di un pesino distrutto dai bombardamenti, dove ha fatto capolino per la prima volta nella sua storia un pianoforte verticale che ho suonato a quattro mani con mia moglie Patrizia Salvini. C’erano persone di ogni età che ci hanno ripagati con occhi lucidi e ringraziamenti che non si possono raccontare a parole. Un’ esperienza unica!»

Nota differenze tra il pubblico dei diversi paesi in cui suona? In quale paese è più evidente la presenza di giovani? Oppure i concerti d’organo sono generalmente  poco frequentati dal pubblico giovane?
«I giovani ormai sono da attendere quando raggiungeranno la maggiore età e capiranno che la “vera” musica va cercata e non “trovata” sugli Ipod oppure in discoteca…! In Spagna ci sono davvero tanti giovani ai miei concerti e anche in Germania non sono pochi e mi pare di poter dire che, in generale, la gente sta ritornando più numerosa ai concerti».

Lei suona non solo in chiese ma spesso in sale da concerto. Quindi può eseguire programmi non necessariamente legati ad un ambiente sacro. Le è già capitato di suonare composizioni tratte dal repertorio pop o rock o di improvvisare su temi presi da questi generi musicali? Potrebbe essere questo un modo per attirare un pubblico giovane ai suoi concerti di musica d’organo?  Cosa ne pensa?
«Sì, ho suonato addirittura con un DJ nella celebre Konzerthaus di Dortmund improvvisando e alternando brani Rock o Jazz oppure brani classici rivisitati. Con un risultato inaspettato e davvero molto interessante. Una simile esperienza la rifarei anche oggi».

Intervista a cura di Lucio Benaglia