Avvento, tra attesa e accidia

Immagine: “Vegliate in ogni momento…”

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte…” (Vedi Vangelo di Luca 21, 25-28.34-36. Per leggere i testi liturgici di domenica 29 novembre, prima di Avvento “C”, clicca qui)

È avvento un’altra volta. Il vangelo di oggi riprende i temi della fine del mondo e degli ultimi avvenimenti. È la strana e bellissima alternanza, in questo periodo dell’anno liturgico, di inizio e di fine, di principio e di termine. Intanto è iniziato il contatto con Luca, il vangelo che ci accompagnerà più degli altri in questo anno liturgico.

FATICHE E AMBIGUITÀ DELL’ATTESA

Anche Luca usa immagini di tipo apocalittico. L’evangelista ripete l’avvertimento che prima dell’arrivo del Figlio dell’uomo ci saranno molte tribolazioni. Luca parla più degli altri evangelisti di come gli uomini reagiranno a quelle prove. E quindi accentua la necessità di non lasciarsi prendere, “appesantire” da dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita durante l’attesa del ritorno del Signore.

Anche Luca si riferisce a Daniele 7 e all’immagine del Figlio dell’uomo, la figura di raccordo fra cielo e terra, particolarmente importante in questo contesto, nel quale si racconta come il cielo arriva sulla terra e come la terra sbocca, alla fine, sul cielo.

L’attesa comporta l’attenzione ai tempi nei quali si vive e l’attenzione alle proposte sospette di salvezza che vengono offerte da altri “salvatori”. Non solo: ma bisogna saper rinunciare a qualche cosa, per poter restare nella situazione giusta dell’attesa. Non basta “stare attenti” ma bisogna vegliare e pregare. Non basta il comportamento corretto del discepolo, è necessario che egli metta in atto i gesti significativi delle sua fede.

Nell’insieme, Luca accentua più speranza e salvezza, che paura e giudizio.

IL CONTRARIO DELL’ATTESA: L’ACCIDIA

La Parola di Dio ci parla di attesa, di tensione positiva verso il futuro. L’inizio dell’Avvento, allora, denuncia una delle situazioni più ricorrenti dell’anima umana che è il contrario dell’attesa e del futuro e che i maestri spirituali chiamano “accidia”. Di che cosa si tratta? La si può definire con molte parole affini: “scoraggiamento, torpore, pigrizia, indolenza, negligenza, indifferenza, noia, disgusto…”.

Si può capire ulteriormente che cosa è l’accidia se si descrivono i fenomeni che la manifestano che viene descritta attraverso alcune espressioni classiche.

Anxietas cordis, l’ansia del cuore. Si perdono i punti di sicurezza, si resta senza certezze. È come se la nostra vita dovesse poggiare su un terreno scivoloso. La anxietas cordis si accompagna spesso alla anxietas corporis, l’ansia del corpo. Il corpo sfugge alla propria presa, la vecchiaia pesa, la preoccupazione della salute aumenta.

Cuore appesantito. È ciò di cui ci parla il vangelo di oggi. È simile al cuore indurito, la sclerosi del cuore di cui pure parla il vangelo. Il cuore ha perso l’agilità interiore, non si appassiona più, non si interessa più. Non il corpo, ma l’anima si assopisce.

Instabilità. Il cuore di colui che è ammalato di accidia è girovago. Si vuole cambiare lavoro, amicizie, compagnie, non si riesce a portare a termine un lavoro iniziato, non si riesce a finire la lettura di un libro, si cambia continuamente impegni…

Disagio spazio-temporale. L’accidioso non si trova mai bene qui e ora. Vuole sempre andare altrove, il tempo e lo spazio sono sempre o troppo stretti o troppo larghi.

Qualcuno di noi è afflitto da tutte queste cose. Tutti siamo siamo afflitti da un parte di queste sofferenze. La nostra epoca non è forse un’epoca di generale accidia? Forse l’avvento potrebbe essere il tempo in cui vincere soprattutto questo vecchio vizio. Il tempo per passare dal cuore appesantito al cuore preso dal penthos, il “cuore compunto”.

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