Noi e lo Stato. Proteste e responsabilità

Foto: Antonello Venditti: “Ognuno di noi è uno Stato”

ANTONELLO VENDITTI

Può succedere che un cantante dica cose più significative di un politico, soprattutto quando il livello medio dei politici è quello che è. Di recente Antonello Venditti, parlando del padre prefetto, ha spiegato la sua particolare idea di Stato: “Lui diceva che ognuno di noi è uno Stato, e deve comportarsi come tale”. La frase richiama alla mente episodi della cronaca recente, dall’impegno che i milanesi mostrarono all’apertura dell’Expo, rimediando alla devastazione dei black blocks, fino ai turni di vigilanza dei cittadini di Torre Boldone che hanno portato alla diminuzione dei furti. In entrambi i casi, qualcuno ha obiettato: non può e non deve essere il privato a sostituirsi al pubblico, che oltretutto è pagato per garantire determinati servizi.

LO STATO NON È SOLO LA VACCA DA MUNGERE

C’è del vero, ma non è tutto vero. Di fronte allo Stato si possono tenere due atteggiamenti, diversi e opposti. La tradizione italico-mediterranea lo vede come un ente assistenziale: io do il fieno alla vacca e ho quindi il diritto di mungerla a piene mani. A volte basta che lo Stato sia ospedale, scuola e caserma, altre volte deve diventare agenzia di collocamento e posto di lavoro. La responsabilità del cittadino è minima – si riduce, quando va bene, alla tassa – e, se qualcosa va male, c’è ovviamente un solo responsabile. Lo Stato è colpevole di tutto, persino dell’illegalità e dell’inciviltà delle persone.

Poi c’è la seconda via, suggerita dal prefetto per bocca del cantautore: lo Stato è anzitutto l’individuo. Il rispetto delle regole e l’impegno per la propria comunità (oggi va di moda l’espressione “cittadinanza attiva”) non dipendono da entità astratte e lontane, ma da ciascuno di noi. Lo Stato deve sì fissare paletti e impedire che si agisca al di fuori della legge, ma deve anche favorire tutto quello che i cittadini possono e vogliono fare, volontariamente e in prima persona, per migliorare le cose. Senza che questo diventi un alibi: il fatto che ci sia gente volenterosa non significa che lo Stato possa spensieratamente abdicare ai propri doveri. Tutt’altro: è proprio quando i cittadini non hanno nulla da rimproverare a se stessi che possono permettersi di pretendere il massimo anche dallo Stato. Ecco che la responsabilità diventa comune: massima per lo Stato, massima per il cittadino.

DARSI DA FARE

Personalmente non trovo nulla di riprovevole nell’iniziativa di Torre Boldone, o nell’idea che i cittadini possano darsi da fare per pulire la propria città. Quando Alessandro Gassman lo propose per una Roma satura di sporcizia, non pochi avrebbero voluto impugnare le ramazze: ma per dargliele in testa. Eppure la negligenza degli amministratori non è una scusante per l’indifferenza dei cittadini, che spesso sono loro complici e mandanti. Le risorse per la polizia sono poche? I cittadini, senza diventare giustizieri della notte e sceriffi fai da te, possono contribuire a vigilare piuttosto che limitarsi alla contabilità dei furti. Il marciapiede sotto casa è sudicio? Protesto con il comune, ma intanto io per primo lo tengo pulito, piuttosto che accettare di vivere nel degrado.

Peccato che quest’idea di Stato fatichi ad affermarsi, perché indubbiamente più impegnativa, ma soprattutto perché elimina quella bellissima tentazione a cui difficilmente riusciamo a sottrarci: incolpare altri per assolvere noi stessi.

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