«Lo sapevano e hanno lasciato che accadesse. Potevi essere tu. Potevo essere io. Poteva essere chiunque». Questa è la frase-chiave, pronunciata dal giornalista Michael Rezendes/Mark Ruffalo, del film “Il caso Spotlight”, un caso che scotta, ispirato all’inchiesta sui preti pedofili della Diocesi di Boston, i cui abusi su minori erano stati insabbiati dall’autorità ecclesiastica.
La pellicola, co-scritta e diretta da Tom McCarthy presentata fuori concorso alla 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è candidata a sei Premi Oscar. Il film prende il nome da “Spotlight”, la sezione investigativa del Boston Globe, incaricata di fare luce su casi difficili. Nel 2001 la squadra formata da Walter Robinson (Michael Keaton), Mike Rezendes, Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian D’Arcy James) è in fase di stallo. «Ci stiamo guardando intorno in cerca di una storia». Le cose cambiano quando da Miami arriva Marty Baron, il nuovo direttore editoriale che intuisce l’assordante silenzio dell’Arcivescovo metropolita Bernard Francis Law, che sapeva ma ha taciuto, dietro l’accusa a un prete cattolico, Padre John Geoghan, reo di aver abusato di molti bambini. Da qui parte l’enorme lavoro dei “quattro moschettieri”, che cercano e trovano le vittime degli abusi oramai diventati adulti, «lui non pregava per me, mi predava», minati per sempre nel fisico e nell’anima, che si definiscono dei sopravvissuti. L’équipe sconvolta da ciò che viene a sapere, prosegue nel suo lavoro, setacciando documenti d’archivio e raccogliendo dati che fanno capire che i preti coinvolti «sono dei predatori» e che da 13 sono diventati circa 90.
La dicitura ufficiale per allontanarli da una parrocchia e spostarla in un altra è la seguente: “congedo per malattia”, com’è scritto negli annuari parrocchiali sepolti nell’archivio polveroso del Boston Globe. È un fiume in piena, una voragine, data l’entità del fenomeno, che porta alla luce una verità a lungo tenuta nascosta che riguardava i bambini soprattutto quelli più poveri della città, l’anello debole della catena, i più manipolabili che ora sono vittime due volte, perché una volta adulti si sono rifugiati nell’alcol o nella droga, se non si sono addirittura suicidati. «Quando sei un bambino povero e la Chiesa si interessa a te, è una gran cosa». Ma la Chiesa «è un osso duro», vi è un muro di omertà, di ostilità, di pericoli, di depistaggi, di omissis e di reticenza attorno a Spotlight, a nessuno conviene che la verità venga a galla, tutto deve continuare a restare nascosto, insabbiato nella città più cattolica degli Stati Uniti.
«Il film mostra come l’istinto, che era purtroppo presente nella Chiesa, di proteggere la buona fama, fosse del tutto sbagliato. Non c’è misericordia senza giustizia», ha commentato Mons Charles Scicluna, pm della Congregazione per la Dottrina della Fede negli anni degli scandali della pedofilia nel clero (2002-2012). Infatti «se serve una comunità per crescere un bambino, serve una comunità per abusarne», sostiene Walter Robinson che alla fine dell’inchiesta si rende conto con raccapriccio di essere stato anche lui un complice di quell’omertà. Circa dieci anni prima il giornalista venuto a conoscenza degli abusi commessi da Padre James Porter aveva relegato la notizia in una nota nelle pagine locali del quotidiano.
Grazie alla collaborazione di Mitchell Garabedian (Stanley Tucci), l’avvocato delle parti lese, il team riesce a rendere evidente una verità terribile: la pratica degli abusi sui minori è tanto sistemica, (si parla, secondo le stime, del 6% dei preti), quanto accuratamente celata dalla Chiesa. «Non è solo a Boston, è in tutto il mondo. Ovunque». All’alba del 6 gennaio del 2002, dai sotterranei del Globe, i tanti camion stipati di centinaia e centinaia di copie del quotidiano partono all’assalto delle edicole americane. Il carico dei camion è esplosivo, perché contiene il frutto dell’inchiesta sui molti preti coinvolti nei casi di pedofilia e allo stesso tempo un’accusa alla Chiesa di averli tenuti nascosti. Furono 600 gli articoli che nel 2002 il Globe pubblicò, che valsero ai giornalisti il Premio Pulitzer e che costrinsero Law nel dicembre del 2002, sull’onda delle polemiche crescenti, a dare le dimissioni per rifugiarsi a Roma presso la Basilica di Santa Maria Maggiore dove attualmente ricopre la carica di arciprete emerito.
“Il miglior film dell’anno” per Newsweek, accompagnato da un cast di attori eccellenti, senza nessun scandalismo e senza mostrare né una tonaca né un bambino, pone in evidenza le contraddizioni di un mestiere non facile. Ritmo emozionante e incalzante per 128 minuti di pellicola che non deludono e che si vedono come un vero e proprio thriller anche se si conosce già il finale. «Dimostratemi che in alto sapevano».