Bruxelles e la settimana santa. Non si finisce mai di crocifiggere qualcuno

Foto: una delle prime immagini arrivate da Bruxelles dopo l’attentato

Scrivo mentre continuano ad arrivare le notizie angoscianti da Bruxelles. E su quelle notizie si accavallano i commenti, molti dei quali fanno notare come il nuovo attentato è effetto di una Europa divisa sui grandi problemi e, insieme causa di un aggravamento ulteriore di quella crisi.

Ma, ancora una volta, il mondo globalizzato globalizza anche la paura. E si può facilmente immaginare quali saranno le conseguenze di questo dramma: le forze che vivono di quella paura aumenteranno il loro peso e la vecchia Europa diventerà sempre più ingovernabile. L’eco di Bruxelles è arrivato negli angoli più sperduti dei nostri paesi e ci ha messo paura, ancora una volta, per quello che è successo e per quello che succederà.

Non so se è fuori posto far notare che questi giorni sono, per i cristiani, quelli della settimana santa. E diventa inevitabile accostare i corpi dilaniati dei viaggiatori dell’aeroporto e del metrò di Bruxelles con il corpo dilaniato dell’uomo del Golgota. Con una considerazione molto semplice: che non si finisce mai di crocifiggere qualcuno.

L’evangelica Luca racconta di Giuseppe di Arimatea che si prende cura del corpo di Gesù: “Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato”. La Parasceve era il venerdì che precede la festa  grande della Pasqua. Genialmente, Luca dice che, mentre tutto sta finendo, si preannuncia già qualcosa di nuovo che sta per cominciare: “Già splendevano le luci del sabato”.

Nella nostra società si è troppo spesso al venerdì santo e diventa sempre più faticoso intravedere le luci di un sabato che si spera sempre che arrivi ma che sembra non debba arrivare mai. Una triste pasqua, ancora una volta.